ROMA «La missione navale Ue nel Mar Rosso è prevalentemente di politica di difesa. Da lì transita il 15% del commercio mondiale, impedire il passaggio dei prodotti significa un aumento dei prezzi spropositato, non possiamo accettare la minaccia degli Houthi nel Mar Rosso. L’Italia ha sempre sostenuto la difesa della libertà di navigazione, lo facciamo nell’ambito delle nostre normative. Per questa missione europea di difesa non dobbiamo passare in Parlamento, ma quella di iniziativa statunitense avrebbe significato un passaggio parlamentare. L’Italia c’è, si assume le responsabilità». Così la premier Giorgia Meloni a Quarta repubblica.
«La mia idea di politica estera – ha detto ancora la premier – è avere la capacità di parlare con tutti, con quelli con cui sei d’accordo su più cose, ma anche con coloro con cui puoi non essere d’accordo». Il riferimento è ai suoi incontri internazionali, da ultimo quello di sabato con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Era pronta, le ha domandato Nicola Porro citando lo slogan elettorale di Meloni, anche a trattare con Erdogan? «Ero pronta a far contare l’Italia di più, ero pronta a disegnare per questa nazione una politica estera fatta di rispetto per i propri interlocutori, di persone che non ti guardano dall’alto in basso ma – ha aggiunto – hanno il coraggio di dire le cose come stanno, che chi si prende un impegno lo mantiene, che non tiene un posizione diversa quando parla privatamente con qualcuno e quando parla con la stampa».
Con Emmanuel Macron ha evidenziato ancora Meloni «penso che si potesse fare un po’ di più insieme. Il Patto di stabilità non è il mio compromesso ideale ma era il migliore compromesso possibile – ha aggiunto Meloni -. L’alternativa era tornare ai vecchi parametri, decisamente peggiori. Ci sono Paesi in Europa che preferiscono i precedenti parametri perché più rigidi».
«E’ stata nominata una persona, io neanche lo sapevo: l’ho appreso dal bailamme della sinistra» che, per quanto so, ha un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza, non ha tessere di partito e qual è lo scandalo? Che non ha la tessera del Pd», ha detto ancora Giorgia Meloni sul caso della nomina al Teatro di Roma. E ha aggiunto: «Avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito: ci vanno le persone che hanno un merito indipendentemente dalla tessera che hanno deciso di sottoscrivere se ne hanno una». «Non parlavo di complotti» ma del fatto che «l’Italia è una nazione nella quale vige l’amichettismo: questo è l’amichetto mio...e ci sono tutti questi circoli di amichetti coi loro amichetti e questo circolo dell’amichettismo ha anche un indotto: ci sono circoli dove ti vai a iscrivere, dove cerchi di diventare parte di questi amichettisti” ma “è finito quel tempo, come è finito il tempo in cui per arrivare da qualche parte devi avere la tessera di partito, questo è il tempo del merito» ha detto la premier Giorgia Meloni.
«Arriva al Consiglio dei ministri di giovedì» una norma che «stiamo facendo, per cui nelle attività commerciali con anche uno scopo benefico, sulla confezione di quello che vendi devi specificare a chi vanno le risorse, per cosa vanno e quanta parte viene effettivamente destinato a scopo benefico». Ha sottolineato la premier spiegando che la vicenda del pandoro di Chiara Ferragni «ha fatto vedere che c’è un buco in termini di trasparenza nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico. Voluto o non voluto, adesso vi si può incappare».«Non sono pentita» delle dichiarazioni sul caso del pandoro di Chiara Ferragni, «mi è dispiaciuto che sia stato letto come uno scontro. Figuramoci se c’era voglia e interesse a uno scontro con Chiara Ferragni. Stavo dicendo una cosa in positivo, verso le persone che producono un’eccellenza che noi vediamo attraverso gli influencer e diamo più peso a chi la indossa rispetto a chi la produce». «Poi – ha continuato Meloni – ho fatto un passaggio perché era di cronaca la vicenda del pandoro, ma è la sinistra che si è sbracciata per difendere e ha creato un caso politico, manco avessi attaccato Che Guevara».
«Mi ha fatto sorridere la prima pagina di Repubblica: l’Italia è in vendita. Bello tutto, ma che questa accusa arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, che hanno trasferito all’estero sede fiscale e legale, hanno messo in vendita sui siti immobiliari i siti delle nostre storiche aziende italiane... Non so se il titolo fosse un’autobiografia, ma le lezioni di tutela dell’italianità da questi pulpiti anche no» ha detto sempre Giorgia Meloni, riferendosi senza mai citarla alla famiglia Agnelli, durante l’intervista a Quarta repubblica.
«Vediamo, vediamo». Così invece la premier sulla sua candidatura alle Europee. «Me la cavo così perché non ho deciso, penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste – ha replicato a Nicola Porro -. Si figuri se non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini. È l’unico elemento che conta per me. I cittadini che dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va, ciò non toglie che se vogliano confermare o confermare un consenso, anche quella è democrazia. Per me potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso».
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