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Naufragio di Cutro, la testimonianza del carabiniere: «Nessuno ci aveva avvisato dello sbarco»

In udienza le parole del vicebrigadiere, Gianrocco Tievoli. Il medico legale: «In gran parte deceduti per asfissia da annegamento»

Pubblicato il: 23/01/2024 – 19:08
Naufragio di Cutro, la testimonianza del carabiniere: «Nessuno ci aveva avvisato dello sbarco»

CROTONE «La gran parte dei migranti morti nel naufragio di Cutro sono deceduti per asfissia da annegamento». Lo ha detto il medico legale Massimo Rizzo deponendo davanti al Tribunale di Crotone nel processo ai tre scafisti dell’imbarcazione carica di migranti naufragata davanti la spiaggia di Cutro il 26 febbraio dello scorso anno, con la conseguente morte di 94 persone. Rizzo ha spiegato di aver svolto l’esame autoptico sui corpi delle vittime con tecniche che si utilizzano per i “mass disaster”. «I cadaveri di chi muore per annegamento – ha detto il medico legale – hanno tempi di decomposizione triplicati». Il medico legale ha anche risposto in modo affermativo alla domanda del legale di parte civile, Francesco Verri, se alcuni dei naufraghi possano essere morti per ipotermia. Un quesito che il legale ha voluto porre in relazione ai tempi con cui i soccorsi sono giunti sul luogo del naufragio. «L’ipotermia – ha risposto Massimo Rizzo – può avere provocato attacchi di panico che a loro volta possono aver determinato l’annegamento di alcuni migranti».

La testimonianza

«Non appena siamo giunti sul posto, ci siamo resi subito conto della gravità di quanto era accaduto e abbiamo iniziato a tirare fuori dal mare decine di corpi senza vita. Una situazione straziante». È la testimonianza del vicebrigadiere dei carabinieri, Gianrocco Tievoli, nel processo in corso a Crotone, in Tribunale (presidente Edoardo D’Ambrosio), ai tre scafisti dell’imbarcazione naufragata il 26 febbraio dello scorso anno a Cutro, con la morte di 94 persone, tra cui 35 minori. Imputati sono il turco Sami Fuat, di 50 anni, ed i pakistani Khalid Arslan, di 25 anni, e Ishaq Hassnan, di 22. Sono accusati di naufragio colposo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte in conseguenza di quest’ultimo reato. Un quarto imputato, il turco Gun Ufuk, di 38 anni. ha scelto il rito abbreviato e l’inizio del relativo processo davanti al Gup è fissato per il 7 febbraio.

La ricostruzione

«Quando siamo arrivati, dopo essere stati avvisati dalla centrale operativa – ha proseguito il vicebrigadiere Tievoli, che è stato il primo rappresentante delle forze dell’ordine a giungere sul posto – era ancora buio. Dopo aver tirato fuori i primi cadaveri dell’acqua, per evitare che venissero risucchiati in mare, abbiamo visto i resti della barca. Oltre a tanti morti c’erano anche alcune persone vive. Ci siamo tuffati in acqua insieme a un collega e abbiamo aiutato una ventina di persone a mettersi in salvo». Nel corso della sua deposizione il sottufficiale dell’Arma, rispondendo alle domande dell’avvocato di parte civile, Francesco Verri, ha fatto riferimento ai tempi con cui è stato attuato l’intervento di soccorso. Argomento sul quale la Procura della Repubblica di Crotone ha aperto un secondo fascicolo che dovrebbe essere definito entro il primo anniversario della strage. «Quando siamo stati avvisati – ha detto il vicebrigadiere Tievoli – eravamo impegnati per un altro servizio a Rocca di Neto, un centro distante una cinquantina di chilometri, ed abbiamo impiegato circa tre quarti d’ora per giungere sul posto. Nessuno ci aveva preavvisato di un imminente sbarco di migranti. Appena ci siamo resi conto della gravità della situazione, abbiamo chiesto rinforzi, che sono arrivati circa 40 minuti dopo».

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