COSENZA Luigi Abbruzzese, figlio di Franco Abbruzzese alias “Dentuzzo”, resta al 41bis. Il ricorso presentato in Cassazione dai legali del presunto boss è stato dichiarato inammissibile. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva disposto, il 13 gennaio scorso, l’applicazione del carcere duro nei confronti del presunto boss coinvolto nelle inchieste Gentlemen 1 e 2, Kossa e Athena. Nell’ambito di quest’ultima inchiesta sono emerse le confessioni rese dal pentito Celestino Abbruzzese alias “Micetto” in merito alla caratura criminale di Abbruzzese. “Dentuzzo”, nel 2007, decise di conferire «i propri meriti al figlio Luigi. In particolare, mi diceva che lo aveva nominato “capo indiscusso”». Questa circostanza «gli era stata riferita direttamente da “dentuzzo” e del resto era del tutto credibile, in considerazione del rapporto di estrema fiducia che “dentuzzo” aveva con A.C.». Quanto deciso da Franco Abbruzzese, avrebbe spiazzato e infastidito Antonio Abbruzzese, fratello di “Micetto”. «Si era risentito, pensava fosse giusto gli fossero dati i meriti».
Nell’operazione “Athena” è stata attenzionata la figura di Luigi Abbruzzese, ritenuto capo dell’organizzazione, come spiegato in conferenza stampa da Maurizio Miscioscia, direttore dello Sco di Catanzaro e Gabriele Presti, dirigente della Squadra Mobile di Cosenza. Luigi Abbruzzese è stato latitante dal 2015 al 2018, per sfuggire all’operazione Gentleman. Un soggetto che «spingeva i propri congiunti» a essere orgogliosi di appartenere alla “famiglia” e che aveva passato la reggenza del clan allo zio durante la latitanza. Una compagine capace di «ottenere senza chiedere», in un «contesto criminale completamente soggiogato. Solo grazie alle intercettazioni è stato possibile – ha detto il vicario Capomolla – superare la resistenza delle persone offese».
(f.benincasa@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x