COSENZA «L’acquisto e l’installazione del braccio robotico per la neurochirurgia all’Ospedale Annunziata di Cosenza è certamente un’ottima notizia. Acquistato con i fondi PNRR per più di un milione di euro il macchinario potrà essere utilizzato per interventi molto delicati di chirurgia spinale e celebrale. Un’eccellenza in campo medico che, probabilmente, andrà a rendere ancora più attrattiva l’offerta dell’Azienda universitaria Ospedaliera di Cosenza, ma che, purtroppo, stride fortemente con le condizioni di alcune strutture ospedaliere dell’Area Centrale e Meridionale della Calabria». Lo afferma il consigliere regionale del Partito Democratico Ernesto Alecci. «Negli ultimi mesi ho avuto modo di verificare personalmente attraverso dei sopralluoghi la disastrosa situazione in cui versa la Sanità in questi territori, da Serra San Bruno, a Chiaravalle, a Locri etc. O come nel caso della PET di Catanzaro che ho recentemente evidenziato. Se a Cosenza, dunque, si spendono milioni di euro per macchinari di ultima generazione, a Germaneto per uno degli esami più importanti di diagnostica in ambito oncologico, si elemosinano risorse per un macchinario “a intermittenza”, vecchio di 20 anni, usurato e spessissimo non funzionante o in riparazione. Esame, ricordiamo, non più disponibile nemmeno al Pugliese di Catanzaro e per cui i pazienti dell’Area Centrale della Calabria devono aspettare diverse settimane o recarsi fuori regione con tutti i disagi del caso. Attraverso il confronto continuo con il personale medico e sanitario sono emerse, inoltre, delle esigenze impellenti e prioritarie, per poter portare avanti anche le attività base di alcuni nosocomi. Sono certo che l’installazione di un braccio robotico di ultima generazione produca un effetto mediatico più importante, ma ritengo giusto e doveroso che questa attenzione e questi investimenti possano essere allargati all’intera rete ospedaliera regionale, garantendo buoni livelli di assistenza sanitaria all’interno di tutto il territorio. A cominciare dagli esami e dalle cure “salvavita” che, purtroppo, un sempre maggiore numero di calabresi si trova a dover affrontare».
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