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«Tenacia e desiderio sono i nostri punti di forza per superare le difficoltà»

Rossana De Angelis, docente universitaria a Parigi: «Mi manca la luce del Mediterraneo. Della mia regione salvo tutto»

Pubblicato il: 28/01/2024 – 10:54
di Eugenio Furia
«Tenacia e desiderio sono i nostri punti di forza per superare le difficoltà»

Rossana De Angelis è professoressa presso l’Università di Paris-Est Créteil dove insegna teorie e pratiche del testo scritto e della scrittura ed è attualmente presidente della Rete dei ricercatori italiani in Francia. Svolge le sue ricerche presso il laboratorio scientifico Céditec (Centre d’étude des discours, images, textes, écrits, communications), è co-responsabile dell’asse di ricerca su concetti, oggetti e metodi dell’analisi del discorso e del testo. Le sue pubblicazioni analizzano il rapporto tra supporti, formati e pratiche di scrittura, tradizionali e digitali. Fra quelle recenti, segnaliamo il libro Les écritures confinées (con Sylvie Ducas e Agathe Cormier, Hermann, Paris, 2022) che offre un panorama delle produzioni scritte durante la pandemia.

CHI È Rossana De Angelis
Rossana De Angelis è attualmente responsabile del corso di laurea in mediazione culturale e co-responsabile del corso di laurea magistrale in Redazione e Traduzione. Insegna linguistica e semiotica del testo scritto, teorie e pratiche della scrittura e della riscrittura per la narrazione, la divulgazione e la comunicazione, teorie e pratiche della redazione e dell’edizione digitale. 

Quando e perché ha lasciato la Calabria?    
«Il mio viaggio è cominciato durante il dottorato di ricerca, nell’ambito di quel dispositivo straordinario che è la cotutela della tesi dottorale. Infatti, iscritta all’Università della Calabria, ho potuto raddoppiare la mia esperienza dottorale, in cotutela con l’Université Sorbonne Nouvelle. Questa opportunità straordinaria di crescita intellettuale e individuale mi ha portata in Francia nel 2009. Ricevere una formazione dottorale bi-laterale, italiana e francese, mi ha restituito immediatamente il senso della ricerca come un percorso transnazionale, prima ancora che internazionale. E così ho capito che fare ricerca doveva essere un’erranza fisica, oltreché intellettuale. La mia carriera scientifica si à costruita fin da subito fra l’Italia e la Francia. Poi, la mia tesi ha ricevuto il Premio Vittorio Sainati assegnato dalle Edizioni ETS nel 2013, con il patrocinio della Presidenza della Repubblica Italiana, che mi ha permesso di pubblicare il mio primo libro, Il testo conteso. Semiotiche ed ermeneutiche nella seconda metà del Novecento (ETS, Pisa, 2014), sulle teorie del testo scritto contemporaneo. Ed è stato un incoraggiamento importante per proseguire nella ricerca, fra borse e contratti, da un lato e dall’altro delle Alpi».

Rimpiange o le manca qualcosa?    
«Non ho rimpianti. E non per questo potrei dire che nulla mi manca: mi piacerebbe portarmi dietro le persone con cui ho condiviso una lunga parte della mia vita, ma credo proprio di non essere la sola. E la luce: mi manca tantissimo la luce del Mediterraneo».

Cosa salva della Calabria?    
«Perché dovrei scegliere cosa salvare? Se fosse nelle mie possibilità, la salverei tutta».

Cosa non le piace del posto dove vive adesso?    
«Attualmente, vivo ai bordi di una città internazionale – nella “petite couronne” di Parigi – con tutti i servizi della metropoli: trasporti, infrastrutture, attività… e contemporaneamente vicino a boschi, foreste, fiumi. Una condizione ibrida che mi conviene perfettamente. Ho scelto di non vivere in pieno centro proprio per evitare gli inconvenienti di una città troppo popolata, molto turistica, spesso aggressiva. La dimensione internazionale del luogo in cui vivo e lavoro garantisce un dinamismo difficile da immaginare altrove, e tuttavia talvolta frustrante perché troppo rapido, esigente, implacabile».

Com’è strutturata la comunità dei calabresi nel luogo in cui vive?    
«Spesso le persone provenienti da uno stesso luogo si riuniscono in associazioni regionali. E anche in Francia ci sono associazioni di calabresi come recensito dal sito dei Comites di Parigi. In effetti, Parigi è una città abitata da una comunità italiana molto consistente. Per lavoro e per diletto, frequento una nutrita comunità di ricercatrici e ricercatori di origine italiana. Attualmente, sono presidente della Rete dei ricercatori italiani in Francia (RéCIF: Réseau des Chercheurs Italien en France), ruolo che mi permette di frequentare anche le istituzioni italiane all’estero che sono molto attente alla comunità scientifica italiana».

Qual è secondo lei la forza dei calabresi fuori dall’Italia?    
«Quando ci si incontra fra calabresi, spesso ci si racconta: la maggior parte condivide una storia di difficoltà di accesso alle risorse, alla mobilità, o semplicemente di trovare un proprio ruolo nella comunità calabrese. La condivisione di questi racconti fa emergere spesso una certa tenacia, e una buona riserva di desiderio. Se dovessi dire cosa ci caratterizza come “calabresi all’estero”, direi proprio l’articolarsi di queste due forze: tenacia e desiderio».  

Ci sono, al contrario, degli stereotipi che ci inchiodano a luoghi comuni non più attuali o comunque folkloristici e frutto del pregiudizio?    
«Ci sono stereotipi che non riguardano i calabresi, ma gli italiani all’estero in generale. E questi sono difficili da far cadere perché reiterati continuamente dalle narrazioni collettive “mainstream”. Tuttavia, non credo che siano i pregiudizi che altri hanno sui calabresi a creare difficoltà – anche perché la maggior parte dei francesi non sa dove sia la Calabria, oppure la confonde con la Puglia – ma quelli che i calabresi hanno rispetto a loro stessi: quel senso dell’inevitabile, dell’impossibile, dell’immutabile attaccato ai racconti sulla Calabria, e che imprigiona tante persone meravigliose e straordinarie, che se lo portano addosso anche quando sono lontane».

Torna o tornerà in Calabria?    
«Ci torno ogni anno!». 

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