LAMEZIA TERME «Cento anni fa nasceva, a Sambiase, Franco Costabile, poeta ermetico tra le figure più importanti, tra gli esponenti più autorevoli del neorealismo. E oggi “Lettera R” continua la sua narrazione civile, di denuncia politica e sociale, utilizzando la poetica, frammenti della poetica di Franco Costabile, la cui biografia è attraversata dal dolore, dall’abbandono del padre, e questo genere di vissuto umano in realtà alimenta e mette in moto un racconto serio di analisi della condizione della Calabria degli anni ‘50, degli anni ‘60, i dolori della nostra gente, la condizione del mezzogiorno». Questo l’argomento al centro della nuova puntata di Lettera R, la rubrica di approfondimento in onda su L’altro Corriere TV e condotta da Giancarlo Costabile. «Partiamo dai versi che trovate sulla tomba di Costabile, a lui dedicati da Ungaretti, e che condensano il cammino di dolore che segna l’esperienza umana e poetica di Franco Costabile: “Con questo cuore troppo cantastorie dicevi ponendo una rosa nel bicchiere e la rosa si è spenta poco a poco come il tuo cuore si è spenta, per cantare una storia tragica per sempre”». «Costabile, quindicenne, dà alle stampe una sua riflessione, attraverso il linguaggio poetico, della condizione di abbandono che viveva sostanzialmente orfano di padre perché ripudiato. E questa poesia contiene, in realtà poco indagata, poco studiata, considerata marginale dalla critica letteraria, però per chi come noi vive di lessico pedagogico, studia il lessico pedagogico, ne fa uno strumento di costruzione di un alfabeto della liberazione civile e sociale, questa poesia in realtà è un manifesto di prossimità umana che giustifica quello che poi brevemente noi siamo dentro frammenti della poetica di Costabile sulla quale poi nel corso diciamo dei mesi proveremo a ritornare». Però ecco, «questa vana attesa giustifica quel cammino di analisi della condizione di marginalità della nostra terra che Franco Costabile, poi, lucidamente ci lascia». Nel corso della puntata, Costabile parla in particolare di una poesia tra le tante che merita una lettura, seppur veloce, “È del padrone”. «Cioè, è del padrone, è cosa del padrone, parlando evidentemente della condizione della Calabria». “La terra che attraverso prima del gallo è del padrone; il grano che mi cresce sotto gli occhi mattina per mattina è del padrone; i colpi di fucile che vengono dal fiume sono del padrone; le donne, le risate sull’aia a mezzogiorno sono sempre del padrone. Ma il sole che mi scalda non è del mio padrone”. Costabile ci lascia versi straordinari, è il 1861, sulla condizione del Mezzogiorno nelle intemperie del Risorgimento e quindi la dimensione unitaria e post unitaria che la Calabria e il Mezzogiorno conosceranno. È qualcosa che restituisce sotto forma di interrogativo poi in un’altra strofa molto bella che in realtà condensa diversi motori e motivi di analisi. “Noi dobbiamo deciderci e inizia questo dialogo. “Ecco, io e te Meridione dobbiamo parlarci una volta, ragionare davvero con calma da soli, senza raccontarci fantasie sulle nostre contrade. Noi dobbiamo deciderci con questo cuore, troppo cantastorie. “Calabria infame”, nel canto dei nuovi emigranti c’è il dolore per la partenza di migliaia e migliaia di calabresi, ma anche di meridionali costretti dalle condizioni di vita, all’emigrazione “Ce ne andiamo, ce ne andiamo via, senza sentire più il nome Calabria, il nome della disperazione”. Insomma, dal dolore individuale, dall’abbandono individuale, Costabile riesce a costruire una grande capacità di ascolto collettivo delle sofferenze del nostro popolo, della condizione di violenza politica cui i padroni di ieri sottoponevano la vita quotidiana della nostra gente, nell’invito a riprendersi il sole».
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