COSENZA Ultime discussioni prima della sentenza. E’ attesa nella giornata di oggi la lettura del dispositivo al termine del processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta della procura di Cosenza denominata “Malamour” e che mira a far luce sulla morte di Lisa Gabriele, ritrovata senza vita il 9 gennaio 2005, nei pressi di un casolare abbandonato in una zona boschiva di località “Manca di Gallina” del comune di Montalto Uffugo. L’unico imputato, giudicato dinanzi al tribunale di Cosenza, è Maurizio Abate, ex poliziotto – difeso dagli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello – accusato di omicidio. Gli avvocati, in rappresentanza della famiglie di Lisa Gabriele, sono Gianluca Bilotta e Nunzia Paese.
Una relazione «morbosa e di inaudita aggressività». E’ quanto mettono nero su bianco gli inquirenti che hanno riaperto un cold case archiviato come suicidio. A portare nuovamente alla ribalta la vicenda una lettera anonima recapitata alla Procura della Repubblica di Cosenza in cui si fa esplicitamente riferimento alla vicenda di Lisa come di un omicidio compiuto da un poliziotto della stradale di Cosenza che con la giovane avrebbe intessuto una relazione sentimentale. Da qui l’apertura di un fascicolo d’inchiesta di cui è titolare Antonio Tridico che punta a fare chiarezza sull’intera vicenda.
«Sono un poliziotto onesto della Stradale – si legge nella lettera di 50 righe -. Per troppo tempo sono stato costretto al silenzio dalla paura e per troppo tempo afflitto dal senso di impotenza e dal rimorso. Voglio però liberarmi almeno dal peso di non aver in qualche modo contribuito a far luce su un episodio gravissimo». E qui il riferimento è diretto: «Parlo di una ragazza, Gabriele Lisa originaria di Rose, morta a 22 anni per la sola colpa di essersi innamorata di un delinquente che purtroppo veste la mia stessa divisa». L’anonimo racconta di un particolare di quella storia sentimentale nata tra la ragazza e l’uomo in divisa ma trasformatasi in storia di violenza. «Per non essere lasciata – riporta la lettera trasmessa in diretta – Lisa aveva comunicato a (il nome del presunto assassino è stato cancellato, ndr) di essere incinta comunicandogli questa notizia una sera». «Nel cortile della stradale – aggiunge l’anonimo – Lisa si era presentata con un piccolo cuscino sotto i vestiti per simulare la pancia gonfia ma (qui la nuova omissione del nome) l’ha selvaggiamente picchiata talmente violentemente che poi la ragazza è stata costretta a recarsi in ospedale dove è stata accompagnata da una pattuglia della polizia stradale». E poi prosegue: «La ragazza di cui parlo è stata barbaramente uccisa. Soffocata con un cuscino. Lisa è stata uccisa ed il 9 gennaio è stata trovata in un bosco con vicino una bottiglia di liquore e dei medicinali. Tutto predisposto ad arte per far credere ad un suicidio». Ed invece rivela l’anonimo estensore della lettera-denuncia. «Soffocata con un cuscino come con un cuscino Lisa aveva cercato di far credere di essere incita». Poi nella lettera una nuova accusa. Questa volta ad un carabiniere. «Un’altra persona coinvolta è un maresciallo dei carabinieri». Infine gli auspici dell’anonimo. «Mi auguro che le informazioni che sto comunicando possano far luce su questo omicidio impunito in modo che uno o più poliziotti disonesti vengano puniti, che Lisa possa ottenere giustizia e che io possa trovare una pace interiore che ho perso in questi anni di silenzio».
Il corpo della 22enne fu rinvenuto la mattina del 9 gennaio 2005 all’interno della sua auto – una Fiat 500 – in un boschetto tra i comuni di Rende e Montalto Uffugo. Accanto al corpo furono ritrovati un biglietto con su scritto un messaggio d’addio, oltre ad un flaconcino di antidepressivi e una bottiglia completamente vuota di alcolici. Una scena dunque classica di un suicidio che però fu messa subito in dubbio dal referto tossicologico sul corpo di Lisa: non avrebbe assunto quei farmaci. Inoltre dai controlli effettuati dalla scientifica sulla bottiglia ritrovata nella sua auto le impronte sarebbero state cancellate e per finire la perizia calligrafica appurò che solo in parte quel biglietto d’addio era autentico. Insomma tutti i contorni di un giallo che per tanti anni non ha trovato soluzione.
(f.benincasa@corrierecal.it)
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