COSENZA Era l’udienza più attesa, quella legata all’esame di Cinzia Falcone, testimone chiave del processo a carico dell’ex prefetta di Cosenza Paola Galeone (difesa dagli avvocati Mario Antinucci e Andrea Di Comite): imputata per il reato di corruzione. Galeone, in particolare, è accusata di aver indotto una imprenditrice, appunto Cinzia Falcone, presidente dell’associazione “Animed” alla corruzione. Secondo la tesi accusatoria, l’ex prefetta avrebbe chiesto una sorta di “mazzetta” attraverso l’emissione di una fattura falsa da 1.200 euro per garantirsi una somma del fondo di rappresentanza della Prefettura.
Sollevate alcune eccezioni da uno degli avvocati della ex prefetta, Mario Antinucci – rigettate dal presidente del Collegio giudicante Luigi Branda – il processo, dopo un breve esame di una testimone, Adua Gervasi (nipote della querelante), è ripreso con l’escussione del teste chiave del procedimento, Cinzia Falcone. Che nel 2019 – tramite la sua associazione – si occupava di formazione e anche di gestione di centri di accoglienza. Il primo riferimento è al convegno organizzato a Cosenza sulla violenza di genere. Era il 29 novembre 2019, il luogo scelto è il Teatro Rendano. Il tema della tavola rotonda è «l’istituzione di un fondo per orfani e la prefetta Galeone mi informa di questa opportunità». La teste specifica di operare in tema di prevenzione a titolo gratuito e di aver provveduto direttamente alle spese di quel convegno relativo al noleggio di un service. Ha chiesto rimborsi alla prefettura? Chiede il pm. «No», risponde la teste. Dopo quel convegno, l’esame si sposta ai fatti accaduti il 23 dicembre 2019 quando Falcone incontra Galeone su corso Mazzini, mentre è in compagnia di sua nipote. «Facevamo dei regali di Natale». La prefetta, in quella occasione, «mi ha chiesto se avessi impegni pomeriggio» e aggiunse «facciamo quella cosa». Il riferimento era alla consegna di un attestato di benemerenza concesso dalla prefetta a Falcone. L’incontro si tenne nell’ufficio della Prefettura, Galeone – secondo il racconto della teste – consegnò l’attestato e dopo la invitò a restare sole in stanza. «Ci siamo sedute sui divanetti e mi disse “senti, c’è un fondo di rappresentanza e sta tornando indietro, se sei in grado di fare una fattura 1.200 euro, 700 euro li dai a me e il resto puoi tenerli». La teste dice di essere rimasta perplessa e attonita e di aver chiesto nel caso come avrebbe dovuto corrispondere quel denaro. «Poi ti dico», avrebbe risposto la prefetta. Quei danari legati al fondo sarebbero «tornati indietro il 31 dicembre e quindi bisognava concludere tutto entro il 24 dicembre mattina». Mentre Falcone stava abbandonando l’ufficio, la prefetta le avrebbe detto: «c’è un problema su una gara, c’è un documento su una gara ma si risolve, poi vediamo». Il riferimento sarebbe alla partecipazione a un bando di gara da parte di Animed per la gestione di un centro Cas. Galeone avrebbe aggiunto: «La fattura falla di 1.220 euro così non sembra uguale al fondo di rappresentanza». Per la consegna del denaro, invece, le due donne avrebbero dovuto incontrarsi tra il 27 e 28 dicembre 2019 «magari ci prendiamo un caffè mi disse». Falcone, una volta uscita dalla Prefettura, avrebbe informato dei fatti i suoi cari e un giornalista che avrebbe incontrato la stessa sera. Il consiglio rivoltole dal cronista era di rivolgersi a Fabio Catalano, dirigente della squadra mobile di Cosenza all’epoca dei fatti oggetto di processo. Falcone incontrò, sempre la sera del 23 dicembre, Catalano al quale raccontò tutto. Quest’ultimo le disse di doversi recare in questura per denunciare tutto.
«Ricordo che l’appuntamento era per il 28 mattina ad un bar vicino la prefettura di Cosenza. Prima di vedere il prefetto, mi recai in questura dove accettai di inserire un microfono nello zaino. Mi chiesero dalla questura se potevo portare i soldi che sarebbero stati fotocopiati e messi in una busta rosa per la consegna», confessa la teste. Che aggiunge: «Galeone è arrivata con un poliziotto ed ha detto che doveva rimanere fuori. Ci siamo sedute dentro il bar. Lei era seduta alla mia destra, le mie spalle erano alla porta del bar». Le due chiacchierano e Falcone arriva subito al dunque. «Eccellenza – le ho detto – ho portato quello che ha chiesto» ed ho «tolto la bustina dalla borsa». A quel punto «lei prese la busta e la mise nella sua borsa, priva di zip. Mi disse che ero stata brava e mi invitò a tenere 100 euro in più. Io rifiutai e lei insistette. Aprì il suo portafoglio e prese due pezzi da 50 euro, me li diede e li misi nello zaino». Si ricorda cosa le disse? Chiede il pm. «Si, “Ti ci compri i biscotti”», risponde la teste.
Aveva mai parlato prima della gara del Cas con il prefetto? «No, mai. Avevo partecipato a una gara per accoglienza di migranti e prevedeva l’accoglienza di 51 persone». C’erano dei problemi? «Non ricordo». Nel verbale reso all’epoca dei fatti, Falcone aveva citato «irregolarità sulla fideiussione, difformità sulla data posta sulla marca da bollo. Ero stata ammessa al soccorso istruttorio, ma non sapevo l’esito». Mise in correlazione la frase pronunciata dalla perfetta sull’esito della gara e sulla fattura chiesta? «Si, perché la frase della gara era decontestualizzata. La sottolineatura sulla fattura da emettere con un importo diverso dal fondo mi fece unire i puntini».
La fase di controesame. E’ l’avvocato Mario Antinucci a procedere con le domande rivolte alla teste. «Quale era il volume di benefici di Animed? «Inizia a svolgere attività dedicata all’accoglienza nel 2016, ricordo di fondi da 200mila euro di media al mese». Quando conosce il prefetto? «La conosco a cavallo del 2019». Conosce il procuratore Spagnuolo? «So chi è». È possibile che Spagnuolo le abbia presentato Galeone? «Potrebbe essere». Aveva una frequenza di contatti con uffici della prefettura? «Si». L’avvocato cita una corrispondenza con una funzionaria della prefettura circa la rendicontazione del Cas, dal quale si evince un rapporto amicale. L’attenzione si sposta sulla gara di Animed. In che termini la prefetta le avrebbe dato informazioni sulla possibilità di intervenire per la gara a suo favore? «Ho fato una deduzione, prima mi chiede i soldi e dopo mi parla della gara. Ho fatto 2+2». Le ha mai detto che avrebbe risolto la gara? «Mi ha detto si risolve». Ha detto che non era a conoscenza dell’esito, sapeva dei soccorsi istruttori? «Si, ma oggi non ricordo se ne fossi o meno a conoscenza all’epoca. Sapevo che ci fossero problemi sulla gara».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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