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il processo

In aula il confronto Falcone-Galeone. L’ex prefetta: «Mi ha infilato la busta nella borsa»

Dopo dieci ore di udienza, l’imputata accusata di corruzione respinge le accuse: «Non sapevo cosa pensare e non ho mai parlato della Gara del Cas»

Pubblicato il: 30/01/2024 – 20:33
di Fabio Benincasa
In aula il confronto Falcone-Galeone. L’ex prefetta: «Mi ha infilato la busta nella borsa»

COSENZA Un confronto civile, a tratti british, ma ovviamente con diverse versioni dei fatti fornite. Dieci ore di udienza, dinanzi al Tribunale di Cosenza in composizione collegiale, sono state necessarie per sentire la viva voce e il racconto fornito da Cinzia Falcone e Paola Galeone. La prima testimone chiave del processo, la seconda unica imputata nel procedimento. Lunghi e tortuosi esami e controesami culminati con un confronto finale invocato dalla difesa ed approvato dal pm. Una contro l’altra, come se fosse una resa dei conti, le due donne hanno riportato la memoria ai fatti accaduti in quel dicembre 2019. Due i nodi cruciali, l’incontro avvenuto il 23 dicembre 2019 nell’ufficio dell’allora prefetta di Cosenza Paola Galeone alla presenza di Cinzia Falcone, presidente dell’associazione Animed e poi il famoso 28 dicembre, con al centro un appuntamento in un bar del centro di Cosenza: un caffè consumato e una busta rosa contenente del denaro che finisce nella borsa della ex prefetta. Come ci sia arrivata e perché, sono i quesiti sui quali ruota l’intero processo.

La difesa di Galeone

Paola Galeone (difesa dagli avvocati Mario Antinucci e Andrea Di Comite) è accusata di aver indotto Cinzia Falcone, presidente dell’associazione “Animed”, alla corruzione. Secondo la tesi accusatoria, l’ex prefetta avrebbe chiesto una sorta di “mazzetta” attraverso l’emissione di una fattura falsa da 1.200 euro per garantirsi una somma del fondo di rappresentanza della Prefettura. Dopo l’escussione di Falcone (leggi qui i dettagli), Galeone ha guadagnato il banco dei testimoni accompagnata da una bottiglietta d’acqua, quasi a voler sottolineare i tempi lunghi del suo racconto. E’ il pm Visconti a sostenere l’esame che dura pochi minuti. Galeone ha assunto il ruolo di prefetta di Cosenza nel luglio 2018, e asserisce di aver conosciuto Falcone «nel dicembre 2018 in un convegno dedicato al contrasto al bullismo organizzato dalla procura di Cosenza». Poche battute sul lungo e robusto curriculum dell’ex prefetta, oggi sospesa, e si passa subito agli argomenti roventi, oggetto delle accuse mosse nel processo.

La Gara del cas

Cinzia Falcone con la sua associazione ha partecipato ad una gara per la gestione di un Cas. Si parla di accoglienza di migranti, un tema spinoso soprattutto nel 2019 quando l’Italia e la Calabria fronteggiano ogni giorno l’emergenza sbarchi. «Non ho mai parlato della gara con Cinzia Falcone – dice subito Galeone – sapevo che questa gara aveva dei problemi e che erano intervenuti due soccorsi istruttori. Ricordo non avesse presentato un elemento centrale nel bando». La prefetta asserisce di non aver messo in naso in questo bando e quindi di non aver avuto nessun ruolo ipotetico o concreto nel favorire o meno Falcone. L’ex prefetta, anzi, ricorda di essere stata nel “mirino” di chi evidentemente non vedeva di buon occhio la sua azione. «Avevo chiesto lo scioglimento del comune di Amantea. Sotto la mia gestione siamo passati da 2 a 10 interiettive antimafia in un anno. Ho operato in passato anche come commissaria nel comune di Corigliano». Tornando alla gara del Cas, l’imputata spiega: «Il prefetto in materia di migranti non firma nulla. La ragioneria manda le fatture al servizio di immigrazione e se tutto è ok la ragioneria procede con il pagamento. Io firmo solo l’espulsione degli stranieri». L’esclusione da un bando di gara per la gestione di un Cas quanto avrebbe fatto male ad Animed? Chiede l’avvocato di difesa, Mario Antinucci. «Erano numeri vicino al milione di euro all’anno», risponde Galeone. Che ricorda, ancora una volta, come la partecipazione alla gara “incriminata” da parte dell’associazione di Falcone fosse in salita a causa di «un soccorso istruttorio sopraggiunto nella prima parte della gara, nella presentazione dello statuto di Animed non c’era la voce “accoglienza migranti”».

Il primo incontro del 23 dicembre

Il lungo racconto dell’imputata prosegue e l’attenzione si sposta al primo incontro con Cinzia Falcone, avvenuto il 23 dicembre 2019. «Sono uscita dal mio ufficio e sono andata a prendere un caffè con l’autista e sul corso ho incontrato Cinzia Falcone con la nipote, le ho ricordato che avrebbe dovuto ritirare la benemerenza e le chiedo se voleva venire nel mio ufficio alle 15». E poi? «È venuta, è salita e abbiamo fatto delle foto. Siamo rimaste da sole 8-9 minuti nella mia stanza e non ci siamo sedute. Ho accostato la porta». Cosa accadde quando venne la Falcone? «Non è successo nulla. Sarebbe stato assurdo affidare tutto alla casualità dell’incontro del 23 per chiederle qualcosa di importante ed inoltre, lei ha parlato di fatture, ma io delle fatture non sapevo nulla, pensi che il prefetto non ha le credenziali di accesso alla piattaforma». Secondo il racconto di Falcone, invece, in quell’occasione l’ex prefetta le avrebbe proposto di fatturare 1.220 euro, di questi 700 euro sarebbero andate alla Galeone e 500 alla querelante. Tutto per non «perdere i fondi residui di rappresentanza».

L’incontro del 28 dicembre

Passa qualche giorno, Falcone intanto racconta e denuncia tutto in Questura a Cosenza. Sostiene di essere stata vittima di un tentativo di corruzione. D’accordo con le forze dell’ordine viene organizzato un incontro in un bar posto a pochi metri dalla prefettura, nel corso del quale la stessa Falcone avrebbe consegnato alla ex prefetta una fetta di quella torta promessa. 700 euro in una busta di colore rosa. La versione fornita da Galeone è agli antipodi rispetto a quella narrata dalla testimone chiave. «Il poliziotto che mi accompagnava è arrivato dinanzi al bar e si è allontanato, diceva che erano cose da donne e non voleva entrare. Nel bar mi trovo smarrita, pienissimo di gente il 28 dicembre. Quando ho visto la busta non ho capito nulla. Sono rimasta sorpresa quando ho visto che c’era del denaro». Perché non ha denunciato? Chiede il presidente del Collegio giudicante Luigi Branda. «Perché non ho avuto tempo, all’uscita del bar sono stata subito fermata». «I soldi sono stati trovati sparsi nella mia borsa – dice Galeone – sono uscita ero serenissima ma poi mi è caduta una tegola addosso». Ma come è finita quella busta nella sua borsa? «La Falcone prese la busta e la infilò nella borsa». Prima di continuare a discutere del presunto episodio corruttivo, l’imputata si sofferma ulteriormente su quello che il gip di Cosenza ha definito «l’infilaggio del denaro nella borsa». «Ricevetti undici telefonate da parte di Falcone ed ho risposto solo alla fine. Mi chiese di vederci al bar e una volta dentro, di colpo mi dice, “l’ho fatta la fattura ed ha cacciato la busta, e mi ha infilato la busta nella borsa». E non ha detto nulla? Chiede la giudice a latere Urania Granata. «Ho pensato fosse qualcosa con la ragioneria». Perché nell’immediatezza non ha chiesto cosa stesse accadendo alla Falcone? Insistono i giudici. «Quando vedo la busta la prima cosa che dico è “te lo cambia la ragioneria?”. Ero confusa. Pensavo fosse qualcosa legato alla ragioneria della prefettura». L’ex prefetta, infine, dice di non ricordare nessuna frase pronunciata inerenti i “biscotti”. Secondo Falcone, Galeone le avrebbe dato 100 euro dicendole di comprarsi con quei soldi dei biscotti.

Il confronto

Come accade in America per i due candidati presidenti, l’aula 9 del tribunale di Cosenza si trasforma in uno spazio dedicato al confronto tra la querelante e la querelata. Senza l’intervento degli avvocati e del pm. Le donne si confrontano sulle versioni dei fatti «evidentemente contrastanti», che hanno convinto il Collegio a suggerire un ulteriore raffronto.
Sull’incontro del 23 dicembre, Galeone ribadisce: «Ricorderà dottoressa Falcone ci siamo incontrate casualmente e le ho detto della benemerenza. È stato casuale. Siamo rimaste nella stanza pochi minuti e non abbiamo parlato di nulla. Perché lei avrebbe dovuto anticiparmi questi soldi?». Falcone risponde: «Confermo, un incontro assolutamente casuale e fugace. Ma la prefetta mi ha parlato del fondo di rappresentanza e della fattura. Ha socchiuso la porta principale e quando siamo andate via ha riaperto la porta e prima di congedarmi ha introdotto il tema della gara del Cas rendendomi edotti circa la presenza di alcuni problemi. Ha fatto segno con il dito indicando il piano di sopra, la ragioneria».
Sull’incontro del 28 dicembre, Galeone sostiene: «Se vi fosse stata davvero la realizzazione di un patto scellerato, sarebbe stato meglio per me concluderlo nella mia stanza e non in un bar pieno di persone. In quel bar stavamo parlando di Capodanno e non di fatture. Poi lei tira fuori la busta ed io dico no». La versione di Falcone resta la medesima. «L’ho chiamata dieci volte al telefono perché mi aveva dato appuntamento alle 12. È stata lei a scegliere dove andare. La fattura era il motivo dell’incontro. Dopo i convenevoli, le ho detto che ho fatto fattura e che avevo con me quello che dovevo darle. Lei prese la bustina e la infilò nella borsa».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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