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IL CONTRIBUTO

Il Bignami del Pd calabrese

Il gruppo Pd al Consiglio regionale ha presentato, sul finire dello scorso mese, un “libro bianco” a conclusione di due anni di opposizione. Nella sua relazione introduttiva, fatta nei giorni pass…

Pubblicato il: 03/02/2024 – 10:26
di Bruno Gemelli
Il Bignami del Pd calabrese

Il gruppo Pd al Consiglio regionale ha presentato, sul finire dello scorso mese, un “libro bianco” a conclusione di due anni di opposizione. Nella sua relazione introduttiva, fatta nei giorni passati, il segretario regionale, Nicola Irto, l’unico parlamentare calabrese dei dem, ha detto, «Oggi probabilmente noi stiamo vivendo il momento più buio e più basso della storia di questa terra». Il governatore Roberto Occhiuto, nella prima riunione dell’anno dell’assemblea regionale ha deriso i suoi dirimpettai, rivendicando i suoi successi. Ma nessuno potrebbe cantare vittoria visto il fallimento della politica di coesione, anche se lo stesso Occhiuto ha detto, interpellato dall’Ansa, «che la Calabria sarà la prima regione del Sud a firmare l’accordo di coesione con il governo nazionale». Il momento più buio? Forse è così, specie se include l’esperienza di Spirlì. Mi riservo, tuttavia, di leggere questo “libro bianco” per capire in quale misura sia vera l’affermazione di Irto. Dall’esterno, vista l’economia complessiva del lavoro dell’assemblea regionale, mi pare che essa sia in linea con la media storica regionale che non è certo brillante. La cosa singolare è che il Pd, forse in tutta la sua storia recente, ovvero, dalla sua nascita (2007) a oggi, non abbia mai fatto autocritica, di nessun genere e per alcun motivo. In realtà questo è un vizio antico e diffuso ovunque. Per comodità tale intendimento lo chiamo: la faglia di Capo Suvero, luogo dove si sono consumati i più rovinosi bradisismi politici. Eppure questa forza democratica, il Pd, sino a tre anni fa ha gestito potere vero, anche in Calabria. Nel quinquennio 2014-2020, tanto per restare nella nostra regione, c’era la giunta Oliverio che poteva contare, sulla carta, dell’ombrello romano di Renzi, che poi si è dimostrato solo apparente.  Ma Oliverio, con un eccesso di fiducia nel proprio presente, forse pensava di avere dietro le spalle il blocco storico Pci-Pds-Ds-Pd, cioè una forza calmierante e rassicurante. Era vero il contrario.   La vicenda sanitaria ne è testimonianza e prova. Dal Nazareno gli mandarono un commissario ad acta, l’ingegnere Massimo Scura, con il quale entrò subito in conflitto, guerreggiando a lungo.  Una sorta di bacio della morte. Le parti in commedia, piegate da feroci lotte intestine, fecero finta di niente (si fa per dire); andarono avanti sino a svuotare completamente il quadro dirigente che, per molti motivi e in diverse occasioni, ha provocato e/o subito il deserto. Un vuoto attenuato e ingigantito dalla pochezza dirigenziale del centrodestra che, nel frattempo, ha conquistato potere e sottopotere, anche se persero, dimostrando ancora una volta di essere carente di classe dirigente, le città di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Cotone, Castrovillari, Acri, Palmi e Siderno.  Da notare che nell’elenco non c’è Vibo Valentia che è governata dalla destra, ma, nell’imminenti elezioni, la situazione potrebbe rovesciarsi ora che il centrosinistra ha deciso di convergere sulla candidatura unitaria di Enzo Romeo. Vibo, al momento, resta l’unico luogo in cui il Pd regionale può riunirsi, tant’è che lunedì 5 febbraio è convocata l’assemblea regionale del Partito. Il Pd calabrese, in questo ultimo lustro, ha assistito, impotente, alla perdita – cito a memoria e scusandomi per le dimenticanze – di dirigenti come Marco Minniti, Doris Lo Moro, Demetrio Naccari Carlizzi, Pino Caminiti, Demetrio Battaglia, Maria Carmela Lanzetta, Antonio Viscomi, Ernesto Magorno, Fernando Aiello, Peppino Vallone, ecc. ecc. Altri, nel frattempo, hanno perso smalto e appeal.  I commissari, che di volta in volta ha mandato Roma per tentare di normalizzare un minimo di convivenza civile, hanno sostanzialmente svolto un ruolo burocratico.  Al netto di Adriano Musi, Alfredo D’Attorre e Stefano Graziano, i più effimeri, hanno conquistato un seggio parlamentare. E basta. In realtà la situazione calabrese non si discosta da quella nazionale. Il Pd sembra avere una vocazione suicida. I peggiori critici, o migliori che dir si voglia, di Elly Schlein sono proprio i dem. Persone che non l’anno votato e mai la voteranno si erigono a censori, spaccando il capello in otto. Parole sagge arrivano da Romano Prodi che oggi dice: «Ogni momento ha il suo federatore, e io credo che Elly Schlein lo possa benissimo essere. Il problema è di farsi federare […]  Il populismo ha finito di prendere sempre più peso in Italia e altrove: è il rifugio di un popolo che non trova casa in un partito e molti non l’hanno più trovato nel Pd. Se in 15 anni il Pd ha perso 6 milioni di elettori significa che bisogna fare un’altra strada per costruire un percorso italiano ed uno europeo. Ma con tutte le debolezze, il Pd resta l’unico partito politico ancora capace di parlare con i suoi elettori ed è l’unico che ha sempre avuto forti radici europee».

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