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La vicenda di Luigi Sebillo è dura cronaca. C’è poi qualcos’altro che non si dice

Il “caso” sollevato a Telesuonano. L’elogio al Garante dei detenuti e le narrazioni di Francesco Repice e Peppe Voltarelli

Pubblicato il: 03/02/2024 – 6:48
di Paride Leporace
La vicenda di Luigi Sebillo è dura cronaca. C’è poi qualcos’altro che  non si dice

LAMEZIA TERME Ho visto su L’altro Corriere Tv l’ultima puntata di Telesuonano. Erano ospiti i genitori di Luigi Sebillo, il ragazzo di 16 anni scomparso nel nulla dal 23 febbraio del 2003 dopo che era andato all’isola di Dino per una battuta di pesca insieme a un amico. In trasmissione anche l’avvocato della famiglia Francesco Liserre che da anni combatte come nei film americani per risolvere questo “cold case” dai tanti misteri.
Ho assistito a una trasmissione di gran fattura che ha saputo far emergere cronaca e umanità. Mi hanno commosso le parole di papà Mario quando ha affermato: «Quando vado in giro, a Roma o Firenze, e spero incrociare lo sguardo di Luigi». Mi ha ricordato il dramma di Gaetano Salvemini. Il celebre meridionalista nel 1908 insegnava Storia all’Università di Messina. Perse la sorella e 5 figli sotto le macerie. Di uno non si trovarono le spoglie. Salvemini nella sua lunga carriera nelle aule in cui insegnava guardava gli studenti sperando di riconoscere il volto del suo figlio perso.
La vicenda di Luigi Sebillo sembra partorita dalla mente di Antonioni quando girò “L’Avventura”, ma è dura cronaca. Le indagini sono state fatte alla carlona. La magistratura non offre risposte e mi pare non mostri rispetto umanitario, come spesso capita nei casi di scomparsi. Tempi enormi per ogni atto e accertamento. Un dolore che non si placa quello della famiglia che cerca un figlio, sperandolo vivo, o nella peggiore delle ipotesi cerca un corpo che possa avere una sepoltura lacrimata. C’è poi qualcos’altro che non si dice.
Alla magistratura la mia preghiera laica di saper dare una risposta umana e immediata su ragionevoli dubbi che attanagliano l’esistenza di due genitori che già scontano la terribile pena di essere sopravvissuti a un figlio uscito per andare a una battuta di pesca e mai più tornato a casa.

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Il carcere non è un bel luogo. Lo sappiamo ed è sempre utile scriverne e parlare come ci dimostra la vicenda di Ilaria, attivista antifascista incatenata a Budapest mani e piedi in varie udienze e ora rivelata da una salvifica telecamera (voto dieci a Corrado Formigli per aver invitato in studio il papà della maestra ad oltre un anno dall’arresto).
In Calabria opera un garante dei detenuti nominato dalla Regione che ha grandi qualità giuridiche e spiccate sensibilità civiche. Mi riferisco all’avvocato Luca Muglia, il quale nella sua relazione annuale ha evidenziato i problemi di sovraffollamento delle nostre carceri, le strutture sono molto fatiscenti, 160 agenti sono stati aggrediti dai detenuti e non mancano suicidi come nelle altre carceri italiane (Ne abbiamo registrato in totale 13 nel solo mese di gennaio) e sono ben 160 quelli tentati, sempre nelle carceri calabresi. Luca Muglia ha anche evidenziato il bene che esiste nei nostri reclusori. La pena che diventa recupero del detenuto. Al Garante non è sfuggita l’opera titanica attuata dall’attore e regista Adolfo Adamo (come non dargli ancora il mio “dieci”) che con i detenuti plasma teatro di gran qualità come si è visto di recente con lo spettacolo al Rendano “Nessuno escluso” . È pur se alla rieducazione prevista dalla Costituzione si investono solo 35 centesimi l’anno a detenuto (Nordio che voto devo darle?) sarebbe utile e necessario renderla stabile questa compagnia teatrale sul valido esempio dimostrato in altre realtà italiane. Ma c’è ancora altro che ha evidenziato il garante Muglia: i sei laboratori artigianali aperti in diverse case circondariali, l’esperienza di Laureana di Borrello in cui i detenuti trascorrono del tempo in una baita di legno con i figli minori di 16 anni, a Catanzaro, Castrovillari e Vibo un progetto di sostegno psicologico per condannati per reati sessuali che aiuta a impedire recidive. Un’associazione di Arghillà a Reggio offre percorsi di lettura e a Palmi non mancano esperienze di Giustizia riparativa. A Luca Muglia non un voto ma un grazie per questa buona via. Il suo impegno ricorda il magistero di Luigi Gullo senior giurista e libero pensatore che sosteneva l’abolizione del carcere.

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A proposito di Rendano. I biglietti vanno a ruba. Non è uno spettacolo di Servillo o di Fiorello. Il 28 febbraio sul palcoscenico Francesco Repice “the voice” mette in scena “8 e 9 fora maluacchiu” dedicato alle figure di Donato Bergamini e Gigi Marulla. Repice è calabrese, la voce del radiocronista che tanti mettono in doppiaggio al telecronista della Nazionale ha ben spiegato al nostro Corriere come nasce questa singolare opera di appartenenza e testimonianza al calcio delle più autentiche passioni. L’idea è nata ed è stata elaborata con i giornalisti Francesco La Luna e Andrea Marotta e in particolar modo dal prossimo libro del secondo, “Lontano da me”. Anche Andrea è cosentino. Ha iniziato scrivendo sulla fanzine degli ultrà rossoblù ed oggi è un inviato di punta della Rai in Toscana. Spesso lo ammiro sul Tg nazionali ed ha un solo difetto, parla a mitraglia più veloce di Mentana. Di Repice che dire? Come lui nessuno mai. Il Carosio del nuovo secolo. Aspettiamo di godercelo in teatro come un recital di “Buffa racconta”.

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Che bello “Au cinema”, brano di Peppe Voltarelli alla Django Reinhardt, che racconta con poesia e ironia il cinema come bisogno collettivo e spirituale. Da qui l’idea di ricostruire sul set del videoclip una vera e propria scena cinematografica con tante citazioni storiche nei costumi e nelle atmosfere. Nel video musicale, il cantautore, inizialmente spettatore in una vecchia sala cinematografica, sale sul palcoscenico ed entra nella scena con in mano una cinepresa Super 8 per partecipare direttamente al film. Il sogno del cinema torna realtà per la durata del brano che ripete quasi ossessivamente il mantra “e ire mo au cinema” (devo andare adesso al cinema).
Il videoclip, diretto da Lele Nucera, realizzato con gli attori e le maestranze della Scuola Cinematografica della Calabria di Siderno e patrocinato dalla Calabria Film Commission. Una bella perla di spettacolo calabrese. Tanta gratitudine a Peppe da Mirto, alfiere del nostro spettacolo calabrese.

Peppe Voltarelli
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