COSENZA E’ il silenzio di alcuni “nuovi” indagati nell’inchiesta denominata “Affari di famiglia” – coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha chiuso le indagini preliminari del blitz scattato lo scorso mese di maggio (leggi la notizia) – a finire nella lente di ingrandimento della Distrettuale.
Nell’occasione erano state eseguite 37 misure cautelari, ad essere colpiti i clan Tundis e Calabria e due gruppi “satelliti”: tra i reati contestati associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, armi e droga. Ora gli indagati sono 53: tra loro anche Roberto Porcaro, accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. (QUI TUTTI I NOMI).
Il silenzio dicevamo, e anche le presunte omissioni sono finite nell’avviso di chiusura indagini. E’ il caso, ad esempio, di un nuovo soggetto finito nella rete degli investigatori che avrebbe reso un verbale di interrogatorio incompleto o comunque “macchiato” dall’assenza di elementi utili alle indagini. L’indagato avrebbe contribuito «ad eludere le investigazioni dell’autorità, omettendo di riferire ai Carabinieri di Paola, nel corso del verbale di sommarie informazioni che gli autori dell’atto intimidatorio al villaggio Bahjia di Paola erano un soggetto con le braccia tatuate» ritenuto vicino al clan Tundis mentre «un altro individuo di sesso maschile vicino alla famiglia Calabria». L’episodio appena citato non è l’unico che ha catturato l’attenzione di chi indaga. In un’altra occasione, un altro indagato «aiutava i responsabili del fatto a eludere le investigazioni dell’autorità, omettendo di riferire ai Carabinieri di Paola, nel corso del verbale di sommarie informazioni di aver ricevuto una richiesta estorsiva da parte di Andrea Tundis». Secondo l’accusa, «consapevole della caratura mafiosa dei sospettati, attraverso l’omertà, agevolava l’attività del sodalizio mafioso, aiutandolo a sottrarsi alle indagini e ad accrescere la sua aura di impunità e conseguentemente la forza di intimidazione».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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