Il dibattito sull’autonomia differenziata contiene giuste paure e strumentali diffidenze. Intanto è opportuno ricordare che l’autonomia è entrata nella nostra Costituzione il 2001, con la legge passata al vaglio del referendum voluta da Massimo D’Alema con il tentativo di sottrarre voti alla Lega nel nord. Quindi, è stato il centrosinistra dell’epoca ad inserirla in Costituzione non approvando mai la legge ordinaria oggi approvata al Senato. Il presidente della Regione Calabria, Occhiuto, ha sollevato sin dall’inizio la questione dei Lep, che devono essere naturalmente garantiti per evitare sperequazioni fra i territori. Ciò riguarda i servizi essenziali e di base e quella parità di condizioni indispensabile nell’ambito di un quadro unitario. Più demagogica appare la posizione di Vincenzo De Luca, che cavalca la tigre per occupare un’area di dissenso. La realtà storica del Sud sembra contrastare con le ipotesi catastrofiche di chi paventa una sorta di ridimensionamento del Mezzogiorno. In sostanza, dall’ Unità del Regno ad oggi il Sud ha vissuto una progressiva fase di decrescita che non è mai stata sanata. Nel dopoguerra lo sviluppo straordinario dell’industria manifatturiera tedesca ha portato benefici al Nord, mentre il Mezzogiorno ha attraversato una lunga linea di crisi. Di chi sia la colpa è troppo complesso stabilirlo. Ma se è legittimo ascoltare le diffidenze e le perplessità di sindaci e segmenti sociali, è paradossale pensare che l’autonomia sarà un disastro. Potrebbe essere invece un’opportunità per cambiare corso, valorizzando al meglio le risorse interne. A patto ovviamente che vengano rispettati i Lep e che non si snaturi il processo unitario, cosa che la legge costituzionale non prevede naturalmente. Il sospetto che l’eterna contrapposizione politica e il clima di campagna elettorale perpetua falsi il dibattito è forte. Il sistema concepito proprio dal centrosinistra ricalca l’ipotesi di uno Stato federale. Lo è anche la Germania che pure manifesta diversità di benessere nelle sue aree geografiche interne. Se si vuole porre una nuova questione meridionale la strada migliore deve essere quella del ragionamento sui criteri della spesa dei fondi di coesione e sulle prospettive di sviluppo del Sud che ha delle peculiarità. Ragionando insieme ai può arrivare a concepire l’autonomia non come un mostro famelico ma come un’occasione per il Mezzogiorno. Del resto, bisognerebbe chiedere alla sinistra perché votò la riforma inserendola nella Carta. Un dibattito scevro da personalismi è l’unica soluzione per evitare una mera contrapposizione tra guelfi e ghibellini che non servirebbe a niente, se non ad alimentare paure e fantasmi. Mentre è fondamentale che la politica abbia autorevolezza, elemento che oggi sembra assai raro.
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