COSENZA Recluso nel carcere di Terni, da ieri, Roberto Porcaro ex reggente del clan degli “Italiani” è passato al 41 bis. Il carcere duro è stato deciso per l’x pentito cosentino, che recentemente nel corso del processo “Reset” – che lo vede coinvolto – aveva inviato una missiva al tribunale di Cosenza asserendo di non essere un affiliato. Il legale, Mario Scarpelli, annuncia ricorso contro la decisione.
«Io, in tutte le dichiarazioni che ho reso ho solo detto bugie, frutto della lettura delle ordinanze, in più leggevo i giornali online, a questo ho aggiunto la fantasia esagerata. Spero solo che chi continua a dire bugie si passi la mano sulla coscienza e dicesse la verità». Roberto Porcaro aggiunge una puntualizzazione riferita al suo presunto ruolo attivo nella ‘ndrangheta cosentina. «Io non faccio parte di nessuna associazione, non ho alcun gruppo, non sono mai stato affiliato».
Ecco uno stralcio del contenuto della lettera datata 29 novembre 2023 e inviata da Porcaro al gup Fabiana Giacchetti. «In circa nove anni sono stato raggiunto da nove ordinanze. La pressione psicologica dovuta a queste ingiustizie e angherie, hanno scaturito in me un calo di serenità, di umore e salute. Avevo pensato che l’unica soluzione per risolvere queste ingiustizie era scegliere quel percorso (la collaborazione con la giustizia ndr) per essere lasciato in pace». L’ex pentito prosegue. «Io certamente nella mia gioventù sono stato un po’ esuberante, ma non sono la persona che descrive la procura. Iniziando da quel percorso mi sono accorto che si devono dire tante bugie, ma dopo circa due mesi mi sono accorto che dire bugie non è mestiere che fa per me». Porcaro poi cita due pentiti Francesco Greco e Ivan Barone che – con le loro dichiarazioni – lo hanno tirato in ballo negli affari della mala cosentina. «Loro sanno bene che le cattiverie e bugie dette su di me sono frutto di lettura di atti e di giornali».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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