LAMEZIA TERME «Domenico La Rosa era uno dei capi della famiglia nonché padre di Francesco ma devo dire che negli ultimi anni per poter comunque interloquire con lui, specialmente nell’ultimo anno, mi dovevo rivolgere sempre al padre perché Francesco De Rosa detto “u bimbu” aveva qualche misura coercitiva». Inizia da qui il racconto del collaboratore di giustizia Antonio Accorinti, reso ai pm della Dda di Catanzaro a settembre dello scorso anno. I verbali, acquisiti sia nel maxiprocesso “Maestrale” che in “Imponimento”, delineano uno spaccato della criminalità organizzata vibonese e nei territori di Briatico e Tropea. Il riferimento di Accorinti è a Domenico La Rosa alias “Zu micu” classe ’38 e Francesco La Rosa, entrambi già rinviati a giudizio nel processo “Maestrale-Olimpo-Imperium”.
In particolare, Accorinti ha raccontato delle sue intenzioni di aprire un bar o un ristorante. «Lo cercavo in quanto nell’anno passato ero alla ricerca di un locale su Tropea o in qualche paesino per poter aprire un ristorante, un bar. Avevamo chiesto insieme a Simone Melluso la loro intercessione essendo che loro comandavano su Tropea per fare qualche buon affare o diciamo costringere qualcuno a darcelo in gestione». Accorinti ha spiegato che era interessato, in particolare, ad «attività già avviate, nella specie uno che è proprio sul corso di Tropea, stavamo cercando, con la sua pressione, di farcelo cedere in gestione. Quindi entrarono in contatto il padre di questo soggetto e Francesco La Rosa detto “u bimbu”. Non ricordo il nome del ristorante, era di fronte alla piazza, e dato che comunque Francesco era sempre lì a contatto con lui ci aveva detto che avrebbe potuto far pressione al fine di farcelo cedere».
«Con Francesco La Rosa avevo avuto degli screzi negli anni passati, negli ultimi anni ci eravamo riavvicinati e a parte il fatto del ristorante, c’è stata un’occasione in cui per la cessione di una pistola, da parte di uno, e c’era stata un’incomprensione diciamo…».Il riferimento di Accorinti è a un uomo titolare di un ristorante. «Era soprannominato “u patatu” e mi cedette questa pistola che è stata ritrovata poi a casa mia. Io gli avevo venduto dei pesci, veniva alla Marina di Briatico a prendersi dei pesci quindi stavamo scontando, stavamo barattando la vendita del pesce insomma». Poi, racconta ancora il collaboratore di giustizia, verso la fine dell’estate, «Francesco La Rosa vantando un credito nei confronti di questo ragazzo mi mandò a dire se ci potevamo incontrare per questa situazione perché voleva capire la verità». Poi «ci siamo incontrati, io gli ho spiegato la situazione, mi ero presentato pure un po’ nervoso invece lui voleva solo capire com’era la situazione e alla fine ha creduto a quello che gli ho detto io».
E ancora: «Questo ragazzo – racconta Accorinti – mi aveva fatto vedere tante armi che gli avevo detto che avrei acquistato. Mi ha portato in una casa dove aveva parecchie armi, con la promessa che le avrei acquistate. Era un appartamento dove dormivano i camerieri, gli operai, il personale del suo ristorante e lui all’interno aveva nascosto armi e droga insomma, a Tropea, al lato opposto del ristorante. C’erano delle scale e c’erano molte armi, parecchie. C’era una 9×21, una 357, c’era un fucile a pompa. E poi una 38 corta con manico in gomma nera, una 765, e avevamo stabilito che le avrei prese tutte io, insieme a Melluso, che avremmo fatto un prezzo forfettario». Poi però il prezzo «non l’abbiamo concordato», racconta Accorinti. E ancora: «Gli dissi “domani alle 5 ti porto i soldi di questa, 700 euro”. Il giorno dopo io ci sono andato e ho aspettato dalle 17 fino alle 19, solo che lui purtroppo ha questo problema della dipendenza, come lo avevo io, anzi molto più esagerato e non si è presentato, nonostante lo chiamai più volte, non mi rispose, poi passai al ristorante e dissi alla ragazza di dirgli che io comunque ero passato». «C’è stato un altro appuntamento in cui dovevo portargli i soldi, dovevamo vederci a Tropea, e non si presentò di nuovo, dopo pochi giorni di mattina, a quel punto poi mi sono indispettito e non ci sono più andato, gli mandai a dire che doveva venire lui, anzi mi ha mandato pure qualche messaggio e gli ho risposto che non c’ero, ma questo dopo tanti giorni». (g.curcio@corrierecal.it)
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