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l’inchiesta reggina

Il “compare” Murina e la mappa degli alloggi: la funzionaria Aterp che bypassava il Comune di Reggio

Nell’ordinanza del gip la figura di Eugenia Rita Minicò, finita ai domiciliari. Lo sgarbo alla pescheria per le orate da 15 euro al “San Giovanni” con Carmelo

Pubblicato il: 14/02/2024 – 18:57
di Giorgio Curcio
Il “compare” Murina e la mappa degli alloggi: la funzionaria Aterp che bypassava il Comune di Reggio

REGGIO CALABRIA Un rapporto personale strettissimo, quello con la famiglia Murina, tanto con Carmelo Consolato quanto con la sorella, Emilia Pasqualina. È quello documentato dagli inquirenti della Dda di Reggio Calabria che hanno acceso i riflettori su Eugenia Rita Minicò, 67enne ex funzionaria dell’Aterp, finita oggi agli arresti domiciliari nel blitz eseguito stamattina dai Carabinieri, su ordine del gip reggino.

Il “compare” Murina

Secondo l’accusa, e così come riporta il gip nell’ordinanza, Minicò si sarebbe recata a casa di Murina anche «per un momento di convivialità» rivolgendosi a Carmelo Consolato «utilizzando l’appellativo “compare” o col diminutivo “Melo”». Secondo l’accusa, Emilia Murina avrebbe svolto, invece, un ruolo rilevante all’interno della cosca ovvero quello di «agevolare i rapporti tra gli appartenenti ad altre cosche di ndrangheta con la dirigente Minicò». Tra gli episodi ricostruiti dall’accusa e riportati dal gip c’è anche la vicende riguardante la conclusione di un contratto di affitto su un immobile Aterp e «l’ingerenza della Murina in questioni riguardanti l’assegnazione di alloggi popolari non meglio individuati» oltre a essere lei stessa assegnataria/occupante di un immobile Aterp adibito a negozio di parrucchiera.

Lo “sgarbo” alla pescheria

Il gip riporta un episodio emblematico risalente al 5 maggio 2017 monitorato dalla polizia giudiziaria. In questa circostanza Minicò contatta Murina, «riferendole in maniera alterata che la moglie del titolare di una pescheria a Santa Caterina di Reggio Calabria le aveva fatto pagare 15 euro per l’acquisto di due orate. Una richiesta di denaro che lei aveva interpretato come una grossa mancanza di rispetto nei suoi confronti, tanto da indurla a rappresentare la volontà di comunicare la questione al “compare”. Minicò, secondo l’accusa, evidentemente si riteneva esente dal dover pagare il pesce acquistato nella pescheria proprio perché “vicina” alla cosca Murina, oltre che in ragione del proprio ruolo istituzionale presso l’Aterp. La vicenda, però, non finisce qui. Qualche giorno più tardi Minicò contatta Emilia Murina chiedendo del fratello Carmelo Consolato, con l’intenzione di recarsi insieme a lui nella pescheria. «(…) perché voglio vedere quello che fa davanti a lui! Dopo di che davanti a lui gli dico: “ma com’è allora? Quando…. mi devo fare accompagnare sempre dal mio compare».

Il pranzo a casa Murina

Il presunto rapporto di “comparato” tra Minicò, il marito Annunziato Tripodi, tra gli indagati, e Carmelo Consolato Murina emerge – secondo l’accusa – in occasione di un pranzo risalente al 24 novembre 2017 organizzato proprio a casa dell’esponente del clan. «Donatello ha iniziato ad alzare la voce ed Enzo faceva tipo il braccio! Forse pensavano che io mi spaventavo di tutti e due!» dice Tripodi nella conversazione intercettata. «(…) con tutto il rispetto, perché io… che c’è il “San Giovanni” con Carmelo…» «vedi che la prassi è così! Vedi che quei soldi tu li dovevi mettere…». Secondo gli inquirenti il dialogo ha consentito di apprendere che il comparato, indicato come “San Giovanni”, era l’elemento che legava fortemente i due coniugi Carmelo Consolato Murina, derivante evidentemente dal ruolo svolto durante una qualche pregressa funzione religiosa. «Se questo storto non le faceva il tuo nome, mia moglie la denuncia gliela faceva a lui! Conoscendola…» dice ancora Tripodi ma «siccome poi a te ti rispetta e non te lo dico perché sei davanti! Siccome mia moglie a te ti rispetta veramente tanto… a prescindere… ha voluto evitare queste cose!». Secondo gli inquirenti, in più occasioni sia Minicò che Emilia Murina «conversavano, in maniera alquanto criptica, in relazione alla presunta assegnazione di alloggi dell’Ente Autonomo e di presunti contratti in favore di soggetti a loro vicini», bypassando i normali iter previsti dalla legge e assegnando, sfruttando occasioni propizie, gli alloggi più idonei alle richieste pervenutale da canali preferenziali.

La mappa degli appartamenti

«Eh, ma non ce ne sono altri appartamenti… Ci sono, sei al piano…» dice Carmelo Murina, fatto confermato dalla Minicò: «Ce ne sono qua…uno, due…quattro a piano…». «Dammi questa carta, guardo… guardo io… Eh, ce n’è un’altra libera là?». Episodio altrettanto grave era, scrive il gip nell’ordinanza, la disponibilità da parte del gruppo – soggetti non autorizzati – di una mappa, di fatto una piantina in possesso di Minicò per ragioni del suo ufficio. I presenti visionavano la mappa e – cosa ancora più grave – sceglievano tranquillamente a tavolino un eventuale alloggio da occupare o da far occupare. La Minicò, inoltre, spiegava ai presenti che gli alloggi in questione erano nella disponibilità del Comune di Reggio: «lo col Comune, non voglio avere niente a che fare!» ma Tripodi la rassicura subito: «Tanto ce li ho a quelli del Comune (…) a questo gli ho fatto un favore!». (g.curcio@corrierecal.it)

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