CASSANO ALLO IONIO Circa tre mila persone sono scese stamattina in piazza a Cassano allo Ionio all’urlo di «non vogliamo morire di ‘ndrangheta». Un colorato corteo di alunni delle scuole primarie e secondarie, oltre a cittadini e istituzioni arrivati da tutta la regione, per ribadire un «no senza se e senza ma alla criminalità organizzata». Al loro fianco il fondatore di Libera don Luigi Ciotti e il vescovo monsignor Francesco Savino. Partito dall’ex caserma dei carabinieri per concludersi in piazza Matteotti, al corteo hanno aderito e presenziato Cgil, Cisl e Uil, il WWF, l’Anpi, Avviso Pubblico e il corso di pedagogia dell’antimafia dell’Unical. Tra le autorità presenti il prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramelli, il comandante provinciale dei Carabinieri Saverio Spoto e il sindaco di Cassano Giovanni Papasso.
Il primo cittadino ha invitato a ribellarsi alla «cappa terribile della delinquenza, che va estirpata da questa città e da questo territorio». «Abbiamo bisogno di un progetto di sviluppo che crei occupazione, che permetta di invertire la tendenza e consentire ai giovani di restare, togliendo la manovalanza alla criminalità». Parole riprese dal prefetto Vittoria Ciaramella che ha assicurato la «piena vicinanza ai cittadini» nella lotta alla ‘ndrangheta. «Viviamo in un mondo difficile, ma insieme possiamo fare qualcosa. La magistratura è presente e noi stiamo dande risposte. Giornate come questa danno il senso di quello che dobbiamo fare». Diverse le intimidazioni nell’ultimo anno a Cassano e nella sibaritide, una situazione «preoccupante a cui dobbiamo reagire con forza» ha affermato la referente di Libera Cassano Mara Vincenzi, presente insieme al referente regionale Giuseppe Borrello. La volontà condivisa da tutti di «sconfiggere la ‘ndrangheta per consentire ai giovani di restare nella propria terra».
La marcia si è conclusa in piazza Matteotti, dove don Luigi Ciotti ha richiamato i cittadini all’unità e al senso di fare comunità contro le mafie. «Non basta indignarsi e commuoversi, bisogna muoversi» ha detto il fondatore di Libera. «Dobbiamo dire basta all’idolatria del denaro, soprattutto quando il suo valore diventa superiore a quello della vita». Quella delle mafie sta diventando una «violenza culturale che è più difficile da sconfiggere, perché penetra nel tessuto sociale e nei modi di vivere delle persone». «L’ecosistema ha lasciato il posto a un ego-sistema, dove l’individualità prevale sulla comunità e sul noi» ha continuato. Dieci anni fa la morte, proprio a Cassano allo Ionio, del piccolo Cocò Campolongo. «Oggi ricordiamo lui e tutti i bambini uccisi dalle mafie». Don Ciotti lancia un messaggio anche agli uomini e le donne di ‘ndrangheta: «Voi state facendo male ai vostri figli e ai vostri nipoti, state ipotecando la loro vita. La morte di Cocò ci insegna che potrebbe succedere a ognuno di loro». Infine, l’appello a «non arrendersi in nome della libertà» e a sconfiggere «il virus della neutralità, ovvero quelli che non vogliono mai mischiarsi, che stanno alla finestra e guardano. Ci deve essere una rivoluzione delle nostre coscienze e noi dobbiamo fare la nostra parte. Solo così si può arrivare al cambiamento». (Ma.Ru.)
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