LAMEZIA TERME Imprenditori intimoriti e pronti, in molti casi, a cedere alle richieste estorsive pur di evitare problemi ed eventuali ritorsioni. Perché, se è vero che gli affari più grossi della ‘ndrangheta calabrese ormai riguardano business di portata nazionale e internazionale, i piccoli territori continuano a subire le pressioni dei malavitosi, di boss e gregari delle ‘ndrine storiche e, molto spesso, appena usciti dal carcere dopo anni di detenzione. Uno spaccato inquietante emerso dall’ultima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e che interessato, in particolare, il territorio di Cutro. Indagini che hanno portato all’arresto di cinque soggetti, considerati espressione della ‘ndrangheta locale.
Un territorio, dunque, stretto tra le richieste estorsive e la paura di denunciare. Per questo motivo il sindaco, Antonio Ceraso, ha chiamato a raccolta tutti i cittadini per un corteo organizzato per oggi pomeriggio dalle ore 17:30. «Siamo a fianco della magistratura e delle forze dell’ordine, ma soprattutto a fianco degli imprenditori» ha detto annunciando che il comune si «costituirà parte civile nelle aule di giustizia al momento opportuno».
E se in un caso il titolare di un locale ha deciso di non cedere alle richieste estorsive, denunciando tutto alla Squadra mobile di Catanzaro, in altre circostanze altre vittime hanno scelto di non farlo e di raccontare tutto solo dopo essere stati convocati e messi alle strette. Come nel caso di un imprenditore di Cutro, ascoltato dalla Polizia di Crotone due mesi fa, il 14 dicembre 2023. A domanda precisa, infatti, ha spiegato di essere stato avvicinato da Giuseppe Ciampà, da poco uscito dal carcere. «Mio figlio mi riferiva confidenzialmente che qualche settimana fa era stato avvicinato da un certo Giuseppe Ciampà che io ricordo dall’infanzia ma che attualmente non sarei in grado di riconoscere, il quale gli chiedeva un regalo per le feste natalizie, alludendo naturalmente a una consegna di denaro». «Ho consigliato a mio figlio di non andare a cercarlo e di rimanere in attesa di un ulteriore suo contatto e in tale eventualità di vedere come poter acconsentire alla sua richiesta con la consegna un minimo necessario, giusto un regalo». L’uomo spiega agli agenti di aver acconsentito perché sapeva che Ciampà, appartenente all’omonima famiglia di Cutro, è discendente del malavitoso, defunto, Antonio Dragone.
Più precise le dichiarazioni rese dal figlio ai poliziotti. Quest’ultimo racconta di numerose visite e “pressioni” ricevute da Giuseppe Ciampà, a luglio e settembre 2023. «Ciampà Giuseppe, mi faceva una ulteriore vista sempre presso la mia azienda, avanzando ancora una volta la richiesta di un regalo (…) io gli ho detto che al momento non ero nelle condizioni economiche per fargli alcun regalo, se non un pensiero in virtù della lontana parentela che lega mio padre alla sua nonna materna». La vittima non cede e allora le visite di Ciampà continuano con insistenza. «Nel mese di novembre, Giuseppe Ciampà, alla guida di una panda bianca, mi ha seguito fino a sotto la mia abitazione, dove mi ha rinnovato per la terza volta la consegna del regalo, precisandomi in tale occasione che era venuto a conoscenza che come ditta avevamo preso una anticipazione sui lavori della scuola e che di conseguenza avevo disponibilità economica». E così il 13 dicembre 2023 ancora una volta Giuseppe Ciampà avvicina la vittima a bordo di una Volkswagen Golf di colore scuro. «Dopo essere sceso – racconta la vittima – mi avvicinava e mi riferiva che indipendentemente dalla mia liquidità disponibile, lui aveva bisogno del regalo, soprattutto in prossimità delle feste natalizie, per cui mi diceva fermamente che entro e non oltre il giorno di Natale doveva necessariamente rientrare di questo regalo». La mattina dell’11 gennaio 2024, quindi poco più di un mese fa, la vittima si reca in Questura, a Crotone, e racconta l’ennesimo episodio. Questa volta Giuseppe Ciampà è ad aspettarlo sotto casa e «appena mi ha visto si è avvicinato e mi ha chiesto se ci fossero delle novità rispetto alla richiesta di denaro che mi aveva già formulato in passato». E ancora, spiega la vittima, quasi sicuramente i soldi in realtà erano dovuti sotto forma di protezione nei suoi confronti, in considerazione del fatto che, a suo dire, a Cutro c’erano diversi cani sciolti che lui stesso si era preoccupato di tenere sotto controllo. «…che non sono solo i miei ma dobbiamo accontentare anche gli altri perché se poi succede, qualcosa a questi qua li dobbiamo andare a prendere a casa». Ciampà allora fissa un nuovo incontro per il 25 gennaio 2024 «tra le 17 e le 18». Così la Questura organizza un servizio straordinario di controllo del territorio di Cutro, nel corso del quale vengono controllati Salvatore e Francesco Martino ma anche Salvatore e Giuseppe Ciampà, proprio con l’obiettivo di non far presentare quest’ultimo all’appuntamento per la consegna del denaro. Qualche giorno dopo, la sera del 29 gennaio, Salvatore Ciampà noto come “U liune” e Giuseppe Ciampà si presentano ancora al cospetto della vittima, nei pressi del campo sportivo di Cutro. La vittima si propone di dare loro mille euro a titolo personale, una offerta però ritenuta modesta dai due che, innervositi, rispondono: «E che ci dobbiamo fare con mille euro?» senza però specificarne l’ammontare, dando per scontato che la vittima sapesse come funzionava.
Gli inquirenti riescono a ricostruire altri casi di imprenditori vittime di richieste estorsive da parte dei fratelli Salvatore e Francesco Martino, figli del più noto Vito. Un “aiuto economico”, come raccontato dalla vittima a dicembre 2023, chiesto da un tale Martino poco più di sette mesi fa. «Dopo circa un mese i miei soci – racconta – sono stati avvicinati per strada dal signor Martino che ha richiesto nuovamente un aiuto economico. Ci siamo confrontati e abbiamo deciso di consegnargli una somma di circa 500/600 euro, ma non ricordo chi dei miei soci gliela ha data». Una scelta, quella di cedere alla richiesta estorsiva, motivata dal fatto che i Martino, «essendo una famiglia malavitosa presente sul territorio, per non aver problemi sia di carattere personale che aziendale, abbiamo deciso di consegnare la somma di denaro sopra indicata. Da quel momento non abbiamo più avuto richieste, ma temo che ne possano farne altre». A dicembre, poi, uno dei soci della vittima, racconta che «Salvatore Martino, dopo averlo fatto entrare all’interno di un magazzino, gli aveva formulato una richiesta di denaro motivandola come “un aiuto per i carcerati”». Dopo la prima consegna di 600 euro, le richieste estorsive non si fermano. «Circa dieci giorni dopo io, in compagnia di un socio e di un operaio mi sono recato nuovamente a casa dei Martino (…) anche in questa occasione, Salvatore Martino mi chiamava in disparte, facendomi entrare nel suo magazzino dove mi chiedeva nuovamente un aiuto per i carcerati. In quest’occasione, con un tono di voce molto basso, alternandosi a volte con il solo uso del labiale, mi faceva capire comunque in modo molto chiaro che gli dovevamo consegnare la somma di 5mila euro, con scadenze individuate a Natale, Pasqua e Ferragosto. In merito, specificava tale dazione poteva avvenire anche in più tranche, fornendo inoltre la possibilità, qualora non avessimo avuto tale cifra disponibile, di corrispondere l’importo rimanente compensandolo con materiale d’azienda». La vittima decide così di pagare, dividendo in due parti la somma di 1.200 euro. «Io non ti contatto più, siete voi che dovete venire qui da me», questa la risposta lapidaria, e infastidita, di Martino. La vittima spiega agli inquirenti: «Siamo consapevoli del fatto che i fratelli Martino discendono da una famiglia malavitosa del territorio cutrese e per paura di ritorsioni sia di carattere personale che aziendale, abbiamo deciso di consegnare la somma di denaro». Poi la confessione: «Io e i miei soci siamo molto preoccupati di un eventuale atto intimidatorio, considerato che ci eravamo ripromessi di non consegnare più alcuna somma di denaro al nostro aguzzino». (g.curcio@corrierecal.it)
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