ROMA «Un omicidio pianificato», altro che «morte improvvisa» come sembra Mosca voglia liquidarla: il team di Alexei Navalny non ha dubbi che l’oppositore sia stato deliberatamente ucciso e accusa le autorità di non volere riconsegnare il corpo alla famiglia per «nascondere le tracce» del delitto.
Il tutto mentre centinaia di russi sono scesi in piazza in decine di città per rendere omaggio al dissidente scomparso e la polizia ha fermato quasi 400 persone. Il lungo viaggio notturno intrapreso dalla madre di Navalny e dal suo avvocato verso il distretto artico di Yamalo-Nenets, dove sorge la colonia penale IK-3 in cui era rinchiuso, non ha fruttato notizie certe, a parte la conferma della morte, comunicata ufficialmente alla donna. Dal momento del loro arrivo nella regione, anzi, il viaggio si è trasformato in un’odissea, con il susseguirsi di notizie contraddittorie.
Dalla città di Salekhard, dove sono atterrati, la madre di Navalny e il legale hanno raggiunto il carcere, distante 50 chilometri. Qui, ha fatto sapere la portavoce dell’oppositore, Kira Yarmysh, hanno dovuto aspettare due ore prima che un funzionario uscisse per dire loro che il corpo era stato portato in un obitorio a Salekhard, a disposizione del Comitato investigativo, che sta conducendo l’inchiesta. Tornati a Salekhard, i due hanno trovato la morgue chiusa, e alla richiesta di notizie ad un numero telefonico affisso alla porta qualcuno ha risposto che la salma non si trovava là. Ivan Zhdanov, dirigente della Fondazione anticorruzione di Navalny, ha riferito che però già alla colonia penale alla madre qualcuno aveva detto che Navalny era deceduto per una «sindrome da morte improvvisa». Mentre all’avvocato, aggiunge il team di Navalny, è stato detto che «la causa della morte non è stata stabilita» e che la salma sarà trattenuta fino alla fine dell’inchiesta. Ovvero fino almeno alla settimana prossima, quando dovrebbero esserci i risultati degli esami istologici.
La conclusione di Kira Yarmysh è netta: «Non c’è alcun dubbio – ha affermato la portavoce – che l’omicidio era stato pianificato. Ora chiediamo che il corpo di Navalny sia consegnato alla famiglia, e facciamo appello a tutti perché lo chiedano con noi. Questa è la cosa più importante che possiamo fare». Un altro appello, lanciato da Yarmysh in un’intervista alla testata indipendente Dozhd, riguarda il futuro del movimento. «La cosa più importante – ha affermato – è continuare a lavorare. Non è scomparsa la nostra convinzione che la bella Russia del futuro verrà». In decine di città russe è continuato intanto il pellegrinaggio agli improvvisati memoriali a Navalny. Una fila ha cominciato a formarsi di prima mattina a Mosca davanti alla Lubyanka, l’ex sede del Kgb sovietico e ora dei servizi di sicurezza Fsb, per deporre fiori sulla Pietra Solovetsky, che ricorda le vittime della repressione durante l’Unione Sovietica. La polizia si è limitata a sorvegliare la situazione senza intervenire, invitando solo le persone a non sostare a lungo.
Una quindicina di persone, ha reso noto l’ong Ovd-Info, sono invece state fermate davanti ad un altro monumento della capitale che ricorda le vittime ai tempi dell’Urss, il cosiddetto Muro del cordoglio. Gli agenti sono intervenuti quando dalla gente che si era radunata si è alzato il coro di «vergogna, vergogna». Ma poi la situazione è tornata tranquilla e l’omaggio ha potuto continuare. In serata Ovd-Info, che tutela i diritti dei cittadini incarcerati, ha detto che 359 persone sono state fermate in 32 città, di cui almeno 120 sono state successivamente rilasciate. Intanto, mentre la Cina si è astenuta dal commentare l’accaduto, giudicandolo «un affare interno della Russia», sono continuate ad arrivare le condanne dell’Occidente. I ministri degli Esteri del G7, riuniti a Monaco, hanno espresso la loro «indignazione» chiedendo alle autorità russe «di chiarire pienamente le circostanze» della morte di Navalny. Ma Vladimir Putin, chiamato in causa direttamente da diversi leader, compreso il presidente americano Joe Biden, continua a rimanere in silenzio. E per il momento non c’è alcun segnale che i chiarimenti richiesti possano arrivare presto.
«Ho detto fin dall’inizio, bisogna accertare la verità» sulla morte di Alexei Navalny, «però fatto sta che lui stava in un gulag vicino al polo nord. Si può anche non uccidere una persona direttamente ma la si può anche far morire, che è la stessa cosa. Non lo so se lui è stato fatto morire per come era tenuto in carcere ma comunque di fatto è stato ucciso, o direttamente o indirettamente il regime lo ha ucciso». Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani rispondendo a domande di Serena Bortone durante la trasmissione “Chesarà…” di Rai3, sollecitato sulle dichiarazioni del vicesegretario della Lega Andrea Crippa.
Intanto il leader di Azione Carlo Calenda, ha lanciato una manifestazione per Aleksei Navalny. «Celebriamo un eroe della libertà, tornato in patria pur sapendo di venire ucciso», spiega in un’intervista al Corriere della Sera dove aggiunge che «in tutte le piazze d’Europa è nata in modo spontaneo, in Italia no. È compito nostro organizzarla. E hanno aderito tutti i partiti e i sindacati. Una gran bella notizia, un’unità senza precedenti». La Lega sarà in piazza. «Lo spero. Mai fatto querele e mai ricevute: ancora aspetto quella di Landini», aggiunge in merito alla minaccia di querela da parte del partito che secondo Calenda è filo Putin. «Sì, lo penso – conferma -. Oggi meno apertamente di prima per puro calcolo politico. Da parlamentare europeo Salvini diceva che avrebbe dato indietro due Mattarella per mezzo Putin e indossava la maglietta con la sua faccia». E adesso «basta vedere cos’ha detto il vice segretario Crippa: su Navalny: “Aspettiamo”, “capiamo” – prosegue -. Era detenuto oltre il circolo polare artico, è stato portato a fare una passeggiata a meno 50 gradi. Cosa dobbiamo aspettare ancora per capire il pericolo?». La Lega «è alleata di Putin tanto da avere avuto un rapporto formale, fino a poco tempo fa, con Russia Unita. Lo dimostra anche l’ordine del giorno presentato in Senato che chiedeva di riconsiderare il sostegno all’Ucraina – sostiene Calenda -. Poi c’è chi, magari in buona fede, chiede la pace ma non spiega come». «Nel secondo anniversario dell’invasione da parte di un dittatore sanguinario io sarò a Kiev con gli ucraini: lì è il fronte dove ci si batte per la libertà dell’Europa- conclude. Spero che dopo l’omicidio di Navalny quella di Landini diventi una manifestazione per la libertà, contro la dittatura di Putin e a supporto dell’Ucraina».
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x