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L’intervista

Colosimo: «La ‘ndrangheta brama soldi e potere e si infiltra nell’economia legale»

La presidente della commissione antimafia: «Con protocolli e responsabilità della PA saranno difficili le infiltrazioni»

Pubblicato il: 19/02/2024 – 11:41
Colosimo: «La ‘ndrangheta brama soldi e potere e si infiltra nell’economia legale»

ROMA «Cosa Nostra, allora, e la Ndrangheta oggi, bramano soldi e potere, e questo passa dalle infiltrazioni nell’economia legale». Chiara Colosimo, presidente della commissione parlamentare antimafia, parla al Giornale dell’interesse delle mafie verso gli appalti pubblici, da sempre conveniente e remunerativi per la criminalità organizzata. Lo aveva capito Giovanni Falcone, dalle cui parole «emerge una capacità di anticipare i grandi temi ed i grandi affari di Cosa nostra». Dalla mafia siciliana alla ‘ndrangheta di oggi, i rischi per gli appalti pubblici si sono moltiplicati. «Sono certa – ha detto la Colosimo – che sia interesse di tutti che tali possibilità di sviluppo e crescita non si trasformino in più opportunità per la criminalità organizzata. Diversi protocolli in seno alle prefetture sono già operativi e utili, se a questi si aggiungerà la responsabilità della PA credo che saremo capaci di rendere difficile ogni tentativo di infiltrazione». La presidente della commissione si è espressa poi sui dubbi sulla strage di via d’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino. «Molte cose, viste con gli occhi di oggi, hanno un significato diverso e per certi versi inspiegabile. Penso, inoltre, a quel senso di solitudine provato da quell’uomo in prima fila nella lotta alla mafia. Il lavoro della commissione in questa fase è ricostruire una verità storica che ritengo fondamentale facendo luce sui 57 giorni che dividono la strage di Capaci da quella di via D’Amelio, far emergere il perché del nido di vipere e i motivi di finti pentiti e depistaggio. Lo dobbiamo all’uomo, al marito, al padre e al magistrato che ha segnato la lotta alla mafia e la storia d’Italia». Soprattutto, restano poco chiare le indagini successive, come dimostrano anche alcuni atti declassificati dalla stessa Colosimo. «Rimane la sensazione che non si sia voluto considerare la possibilità che la strage fosse da ricondurre alle indagini che Borsellino, seguendo le orme del suo amico Falcone, stava portando avanti in quei giorni così drammatici sul connubio illecito tra mafia, imprenditoria e politica». Come dimostra un biglietto manoscritto in cui il giudice riferiva «che uno degli ultimi atti da lui compiuti prima di lasciare il suo ufficio, in data 18 luglio, è stato quello di prelevare un fascicolo riguardante l’omicidio di un imprenditore che non aveva voluto accettare di entrare in quel sistema criminale».

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