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Case popolari

I soldi ai vigili e lo stato di famiglia fittizio. «Prima dell’Aterp, ci va l’autorizzazione della ‘ndrangheta»

Un soggetto inserito nella famiglia per ottenere l’alloggio. La “busta” agli agenti per i controlli sulla residenza. Le parole dei pentiti

Pubblicato il: 19/02/2024 – 6:58
I soldi ai vigili e lo stato di famiglia fittizio. «Prima dell’Aterp, ci va l’autorizzazione della ‘ndrangheta»

REGGIO CALABRIA «Prima dell’autorizzazione dell’Aterp, ci va l’autorizzazione della ‘ndrangheta». È l’inquietante quadro che emerge dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmine Pablo Minerva sulla gestione degli alloggi di proprietà dell’azienda pubblica. Due le figure centrali del sistema: l’ex direttrice Eugenia Rita Minicò e il presunto boss del rione di Santa Caterina Carmelo Consolato Murina. Diversi i collaboratori di giustizia che confermano la caratura criminale di Murina, ritenuto da tutti «capo della cosca Murina-Franco». Nei verbali vengono raccontate anche le esperienze personali riguardo l’affido degli alloggi. Ne viene fuori un intricato modus operandi che comprende “mazzette” ai vigili per il controllo sulla residenza e l’alterazione fittizia di stati di famiglia.

Un alloggio “conteso”

«Ci sono certamente interessi della criminalità organizzata sulla gestione delle case popolari». Carmine Pablo Minerva racconta la sua esperienza diretta con il sistema degli alloggi. «Mia moglie voleva vendere un alloggio di edilizia popolare Aterp» racconta agli inquirenti. L’alloggio era, però, «intestato alla nonna della moglie» che «voleva andare via di lì e lasciare l’appartamento alla nipote». «Avremmo dovuto pagare i vecchi bollettini, metterci nello stato di famiglia, e continuare a stare lì, avendo anche noi i titoli per ottenere l’assegnazione». Un “piano” interrotto dall’occupazione della casa, sfondando la porta, da parte di una persona vicino ai Serraino e rilasciata «con 50 mila euro di danni» all’interno. A questo punto sopraggiunge l’idea di “vendere” l’abitazione a un terzo soggetto, il quale, tramite un’altra persona, «aveva un “gancio” con la signora dell’Aterp, che è la direttrice, che gli ha spiegato come fare per entrare in possesso della casa».

Lo stato di famiglia e i soldi ai vigili

La «signora dell’Aterp» viene individuata dagli inquirenti e dallo stesso Minerva nell’indagata Eugenia Minicò. «Lei gli ha dato consigli non di tipo legale, perché non ce n’erano, ma su come aggiustare in maniera illegale la cosa». Il tutto alla modica cifra di 5 mila euro al fine di regolarizzare «la posizione della nonna di mia moglie, pagando i bollettini» e inserendosi nello stato di famiglia anche se «era un estraneo» e senza legami di parentela «così si sarebbe comprato lui la casa». Anche al successivo controllo della residenza da parte dei vigili, la situazione si sarebbe risolta grazie a «1500 euro in busta gialla» che lo stesso Minerva gli avrebbe dato. «Prima di dare loro questi soldi, siamo andati sotto casa ma i vigili non sono nemmeno saliti a vedere l’immobile» racconta il collaboratore. Pur non avendo assistito personalmente alla consegna dei soldi alla direttrice Aterp, Minerva assicura agli inquirenti: «So per certo che i soldi della corruzione sono stati consegnati alla Minicò».

L’esperienza di Adornato

Esperienza simile la racconta Luca Adornato, nei confronti del quale gli inquirenti rinvengono «alcune contraddizioni» nelle dichiarazioni ma ricevendo «corposi riscontri» in merito all’inchiesta sulla Minicò. Gli investigatori rilevano che per Adornato «tutto passasse dalle mani della Minicò e riferiva della sua amicizia con il marito» tramite il quale avrebbe ricevuto «un trattamento di favore». Specialmente, racconta Adornato, nell’assegnazione di un alloggio al fratello dell’ex suocero. «Sono andato io a parlare con la Minicò, la funzionaria, in quanto amico del marito Nuccio Tripodi». Grazie, dunque, a questo trattamento di favore «sono riuscito a ottenere l’abitazione per loro, con regolare contratto». Un “lavoro” che avrebbe ricevuto anche un compenso da parte degli acquirenti. «Mi pare che abbiano dato 2.000 euro alla Minicò per avere il contratto; 2.000 li ho avuti io per la mediazione, i soldi li ho materialmente consegnati io». (Ma.Ru.)

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