COSENZA Viviamo un presente legato ad un tempo ormai lontano e forse dimenticato quando lo spread faceva più paura dell’inflazione e dei tassi di interesse sui mutui e sui prestiti. Poi è arrivato il virus H1N1, il COVID-19 per mesi è stata la parola più ricercata su Google. Oggi è Lep, l’acronimo di tendenza. I livelli essenziali delle prestazioni si associano alle polemiche sull’autonomia differenziata o rafforzata e ricordano tanto i Lea, i livelli essenziali di assistenza, quelli che ancora oggi determinano lo stato di salute della sanità calabrese. Attorno ai Lep, alla loro definizione, poggiano rabbia e ragioni di chi si oppone al Dl Calderoli, per molti lo «Spacca Italia». La secessione dei ricchi, la prepotenza del «Grande Nord» pronto a depredare la Capitale e il Mezzogiorno.
Vincenzo De Luca, presidente della Campania, è sceso in piazza a Roma: una marcia disobbediente per chi occupa i banchi della maggioranza in Parlamento, una decisa e sacrosanta protesta, forse tardiva, per chi si oppone strenuamente all’autonomia differenziata sospinta dalla carica verde del Carroccio, sogno (almeno fino ad oggi) irrealizzato di Umberto Bossi. Il senatùr assiste interessato, ma da dietro le quinte, al progetto rilanciato e riproposto con «furbizia» dal ministro Calderoli. Così la definisce Adriano Giannola, presidente Svimez. Che in un convegno organizzato a Cosenza ha quasi disintegrato le speranza di poter sovvertire l’ordine imposto dalla Lega (sposato dal centrodestra), cancellando ogni possibilità di ricorrere al referendum. I cittadini non avranno voce in capitolo, almeno per quanto riguarda le intese legate all’autonomia differenziata, un nodo determinante. Già i cittadini, la loro voce in capitolo oggi pesa meno dello spread e del Covid che tutti sembrano ormai aver rimosso dal vocabolario con un colpo di spugna, lo stesso che cancella la possibilità di manifestare, con il voto e nei seggi, il proprio dissenso o l’assenso al Dl Calderoli.
Forse i cittadini saranno più fortunati quando e se saranno chiamati ad esprimersi sulla fusione delle città di Cosenza, Rende e Castrolibero. La “Grande Cosenza“, oggi è un nodo prevalentemente politico, oggetto di scontro tra Regione Calabria, favorevole alla fusione, e il comune di Cosenza che contesta la natura autoritaria con quale sarebbe stato «imposto». Così dice il sindaco della città dei bruzi, Franz Caruso. Che a proposito dell’autonomia differenziata ha rivendicato con forza il proprio no alla riforma del Titolo V del 2001, voluto dal centrosinistra e contestato anche da Antonio Decaro, presidente nazionale di Anci e sindaco di Bari che, senza scorciatoie e animato da spirito rottamatore, ha definito «errore della mia parte politica» quella riforma che oggi ispira l’autonomia differenziata.
La fusione, dicevamo. Sul punto, sollecitato dal Corriere della Calabria, Decaro si dice favorevole a patto che a dare un parere siano i cittadini, e non (solo) la politica. «E’ una scelta che devono fare i cittadini con il referendum. Stare insieme ci aiuta ad affrontare meglio anche le sfide per il futuro, non dimenticandoci da dove veniamo perché poi ognuno di noi ha il proprio campanile. Se riusciamo però a evitare di stare abbracciati al campanile, guardiamo insieme ad un nuovo orizzonte e probabilmente diventiamo più forti», dice Decaro che aggiunge: «si può fare la fusione, si può fare l’associazione, in molte delle funzioni amministrative molti comuni stanno già insieme, penso alle autorità d’ambito per i rifiuti, agli ambiti territoriali per i servizi sociali, alcuni piccoli comuni gestiscono funzioni anche come la polizia locale e il personale, ci sono varie formule di collaborazione».
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