Una interrogazione del gruppo Pd al Consiglio regionale della Calabria riporta a galla, mai affondato, il tema della Fondazione Terina che suona così: “Va valutata con grande attenzione la notizia apparsa sui media calabresi in ordine alle attrezzature della Fondazione Terina che rischiano di diventare obsolete, dopo essere acquistate, con grande esborso per le casse regionali, con l’obiettivo di fare partire un progetto sulle verifiche alimentari che mai ha visto l’inizio”.
Queste cosiddette macerie tecnologiche (soprattutto server) e ambientali (la location ha ospitato anche l’aula bunker del procuratore Gratteri) sono figlie del progetto Telcal degli anni ’90.
Ma Telcal cosa fu veramente? La truffa del secolo come sostengono in molti? Oppure una clamorosa occasione persa?
Una valutazione veloce e superficiale soddisfa la prima affermazione. Una conoscenza approfondita dell’argomento risponde alla seconda.
Un po’ di storia ci vuole. Vediamo come nacque e cosa fece il Consorzio Telcal composto dal 51 % della Regione Calabria e dal 49 % di Sip, oggi Tim.
Il progetto non uscì improvvisamente dal cilindro del bravo prestigiatore, ma fu pensato alcuni anni prima, alcuni lustri, da taluni personaggi della vita pubblica del tempo.
La leggenda narra delle intuizioni di Romano Prodi, messe a frutto da Pierre Carniti, segretario nazionale della Cisl, e raccolte poi da Riccardo Misasi, braccio destro di Ciriaco De Mita e leader democristiano in Calabria, a cui spetterà la piena titolarità di Padre Nobile di Telcal. Se fosse dipeso da Misasi i miliardi sarebbero stati mille e non quattrocento, ma a tutto c’è un limite e il tetto per quell’avveniristico progetto chiavi in mano è stato rilevante e, nonostante l’usura del tempo e dell’inflazione, si è mantenuto fresco e pingue sino alla fine.
Il Piano Telematico Calabria (PTC), così si chiamava, nacque ufficialmente al vespro del 13 marzo 1990 nel centro congressi del Villaggio Guglielmo di Copanello di Stalettì (CZ). Preceduto da un protocollo d’intesa con la Regione Calabria, firmato il 23 febbraio 1990, l’atto che ne certifica l’esistenza è, però, del 7 marzo 1990 e recita: “Convenzione tra l’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno (Agenzia) e il Consorzio Telematica Calabria (Telcal)”. Il documento, che fu sottoscritto da Giovanni Torregrossa, presidente dell’Agenzia, e da Riccardo Tucci, primo presidente di Telcal, faceva riferimento alla legge 64 del 1/3/1986 sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno al cui interno era disciplinata la cosiddetta azione Organica 2, “Sostegno all’innovazione – Rete e Servizi Telematici – sub azione riguardante il progetto pilota «Calabria Telematica»”. Oggetto della Convezione era un finanziamento di 409 miliardi di lire, suddiviso in dodici interventi progettuali.
I contrari al progetto, tra cui Mario Cozza, leader degli industriali calabresi del tempo ed egli stesso imprenditore informatico, dissero che con 409 miliardi si sarebbe informatizzata l’intera città di New York.
Telcal ebbe due fasi, la prima informatica, la seconda telematica perché, nel frattempo, si affermava Internet nel mondo, e la Calabria era all’avanguardia. Tra i consulenti del progetto ci fu anche Gianroberto Casaleggio, fondatore, insieme a Beppe Grillo, del Movimento 5 Stelle.
L’avvio di Telcal, che si concluse il 2002, fu uno stop and go. Di decreto in decreto, di legge in legge, il PTC entrerà nel Terzo millennio al pari dell’euro. Invece dei quattro anni iniziali previsti il PTC è durato oltre dodici attraversando il periodo più tormentato dell’Italia contemporanea con il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, il tunnel di Tangentopoli (da cui non fu sfiorato), l’avvento della new economy e, più in generale, la rivoluzione digitale che prese il sopravvento sull’era analogica. Il PTC, partito con i grandi elaboratori (IBM mainframe), arrivò, dopo mille peripezie, ad Internet, portando le province calabresi dalla piccola automazione informatica, peraltro irrealizzata, alla grande rete del villaggio globale. Chi l’avrebbe detto!
Ma la cosa più incredibile di questa storia è che, in un settore così sensibile ai velocissimi cambiamenti in cui ogni sei mesi la tecnologia diventa obsoleta per l’avanzare di nuovi prodotti e nuovi sistemi, la parola, una sola parola, “telematica”, ha mantenuto fresco questo progetto che altrimenti avrebbe rappresentato, come in parte ha rappresentato, un cadavere ambulante.
Le macerie della Fondazione Terina di cui si parla oggi appartenne all’era Telcal, ma il destino, raccontato oggi, sembra quello di Nostradamus.
*giornalista e scrittore
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