«A un anno dal tragico naufragio di Cutro si continua ad assistere a naufragi e morti in mare. Una tragedia che ha segnato solo l’inizio di uno degli anni più letali nel Mediterraneo centrale, con oltre 2,500 persone morte e disperse nel tentativo di raggiungere le coste europee. Dal 2014, sono quasi 23.000 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale». Così in una nota di Medici senza frontiere, un anno fa le sue équipe erano a Crotone per offrire supporto psicologico ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime nelle ore immediatamente successive al naufragio di Cutro. «Da allora i governi nazionali e le istituzioni europee non sono riusciti a mettere al centro delle loro priorità iniziative volte al non ripetersi di queste tragedie».
«Dopo il tragico naufragio di Cutro e la spaventosa media di 7 vite spezzate ogni giorno nel disperato tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, – dichiara Marco Bertotto, direttore dei programmi di MSF in Italia – ci saremmo aspettati che i governi nazionali e le istituzioni europee mettessero al centro delle loro priorità questo tema. Eppure, al di là della retorica vuota e scomposta del giorno successivo, una risposta istituzionale seria semplicemente non è arrivata. Le autorità italiane non hanno assunto una sola iniziativa concreta per prevenire altre tragedie: nessuna azione per rafforzare il soccorso in mare, che anzi è stato indebolito con la criminalizzazione del ruolo della società civile; nessuna iniziativa specifica, salvo la cieca prosecuzione di quelle politiche di deterrenza che continuano a impedire modalità di accesso legale e sicuro. A partire dal primo decreto-legge del 2023 (poi convertito nella legge 15/2023), il governo italiano ha messo in atto misure sempre più rigide per ridurre la capacità delle ONG, attive nel Mediterraneo, di essere presenti in mare e di effettuare soccorsi. Mentre alle ONG viene imposto di ignorare richieste d’aiuto, di effettuare salvataggi multipli e di dirigersi verso porti di sbarco sempre più lontani, le persone continuano a morire. Il decreto che è stato varato all’indomani del naufragio del 26 febbraio, rinominato decreto-Cutro, piuttosto che evitare che le persone muoiano in mare, minaccia con la detenzione chi sopravvive, riduce i diritti dei richiedenti asilo, limita i servizi di protezione, facilita le espulsioni ed espone migliaia di persone migranti alla condizione di irregolarità. Queste misure hanno il chiaro obiettivo di dissuadere e impedire gli sbarchi sulle coste italiane, anche se il prezzo da pagare sono le vite delle persone migranti».
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