Lo avevano già capito i Romani. Ci sono voluti però duemila anni perché il Mediterraneo da mare di Roma diventasse uno scivolo verso l’Oceano. L’apertura del Canale di Suez con i successivi passaggi – dal Mediterraneo al Mar Rosso all’oceano Indiano – attraverso gli stretti di Bab al-Mandad e di Hormuz, ha alimentato il nostro sogno di popolo di naviganti, traffici e trafficanti. Da lì passa il 95% delle merci. Lì, negli anni a punta dello Stivale ha potuto trasformarsi in piattaforma logistica del via via marittimo, Calabria in testa, con Gioia Tauro, approdo conveniente di ricchezze e mestizie, ormai rampa di lancio di business consolidati, al punto da salite su podio italiano dei record. Proprio adesso che Gioia Tauro era in pole position sulla rotta del piano Mattei dopo che – per quanti anni? – abbiamo dovuto assopirci in tediosi convegni e convegnetti sulle potenzialità del Mediterraneo, proprio adesso, dicevamo, sono spuntati gli Houti, perfetti sconosciuti, agguerrita e armata fazione dello Yemen, penisola arabica, che si sono messi in testa di difendere la Palestina bloccando il canale di Suez. I porta container e le petroliere italiane hanno dovuto riprendere le vecchie mappe di circumnavigazione lungo l’Africa, allungare le rotte, alzare i prezzi, dimenticare le porte dell’Oceano sotto casa. Si prosciugano i sogni di gloria del Mediterraneo? Si spiaggia Gioia Tauro, gioia e dolore della Calabria, approdo la settimana scorsa del presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni? È da questo punto della pista Italia – chiaro il messaggio politico dell’incontro organizzato tra le banchine – che può decollare il futuro. Che però è, proprio adesso, assai incerto e anche un po’ contraddittorio.
Sebbene i transiti nel Mediterraneo siano diminuiti e il prezzo dei noli raddoppiato, la crisi non è per tutti, di sicuro non per gli armatori, a cominciare dal più grosso, il re di Goia Tauro, Aponte della Msc, svizzero di Sorrento, anche azionista del porto di Amburgo. Secondo un’analisi di Fedespedi, (l’associazione che riunisce tutte le case di spedizione italiane) pubblicata da Repubblica qualche giorno fa, i porti mediterranei hanno visto ridursi il flusso dei containers in entrata nel porto di Suez (circa il 60% in meno da metà dicembre). Dato che però non frena il trend di crescita del trasporto marittimo, benché siano aumentati i noli e ci si impieghi una decina di giorni in più per la rotta di Capo di Buona Speranza. La crisi c’è, le guerre sono frazionate sullo scacchiere mondiale, ma le previsioni del commercio marittimo e del business degli armatori per quest’anno e il prossimo sono molto positive. Msc ha ordini in cantiere per 140 navi, 40 delle quali devono essere consegnate entro fine anno. Certo, ci sono gli investimenti dovuti alla transizione energetica ma questo, semmai, rafforza la sfida commerciale. Msc, tra l’altro, è nel consorzio G4 che ha vinto l’appalto per la gestione della logistica a Livorno della Baker Hughes, la multinazionale americana che ha acquistato il nuovo Pignone che ha una sede importante a Vibo e un’altra programmata per il porto di Corigliano-Rossano. Msc è anche leader nel settore delle crociere e dunque dello sviluppo turistico. Non ci sono spifferi di crisi per gli armatori, nonostante le guerre e il Mediterraneo ristretto. Del resto è di ieri la notizia che anche Automar, concessionaria del terminal auto di Gioia Tauro, del gruppo Grimaldi, ha formalizzato il primo step del proprio disegno espansivo per lo scalo calabrese. Ma le navi si possono spostare, i luoghi no. Gioia Tauro è al centro di un Mediterraneo oggi chiuso. C’è un piano B per l’emergenza? (redazione@corriereca.it)
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