REGGIO CALABRIA Gestione illecita di immobili di edilizia popolare, ma non solo. Gli indagati dell’inchiesta “Case popolari” della Dda di Reggio Calabria sono anche accusati di essersi associati tra loro al fine di compiere truffe ai danni di compagnie assicurative. Il gruppo agiva sempre con le stesse modalità e sempre al fine di agevolare la cosca Franco-Murina. Tra gli arrestati, 9 in totale (2 in carcere e 7 ai domiciliari), c’è il boss Carmelo Consolato Murina, per gli investigatori il capo promotore dell’associazione, reggente della cosca in questione, federata con il potente clan reggino Tegano-De Stefano.
Un sodalizio «ben collaudato ed articolato» che agiva secondo un sistema smantellato dagli investigatori che sono riusciti a individuarne tutte le fasi e i soggetti che interagivano «in stretta simbiosi» con i componenti del gruppo. «Figure professionali quali titolari di officine meccaniche, carrozzerie, società di soccorso stradale e cartolerie, la cui opera era indispensabile per precostituire ed inviare alle compagnie assicurativa la falsa documentazione afferente ai sinistri». «Acquisivano le generalità dei soggetti che avevano stipulato polizze includenti il servizio “soccorso stradale” o “auto sostitutiva”, contattavano le compagnie assicuratrici, fingendosi gli assicurati, e denunciavano un sinistro chiedendo un’automobile sostitutiva; formavano documentazione contraffatta proveniente dall’autofficina attestante il guasto meccanico; ritiravano l’autovettura sostitutiva, usandola per sé o cedendola a terzi o ancora mettendola a disposizione di esponenti della cosca Murina Franco al fine di garantire a questi ultimi la disponibilità di auto “pulite” ovvero non soggette ad indagini o monitoraggio». Queste le modalità descritte dal gip e messe in atto dall’associazione criminale, «connotata dal carattere di stabilità e permanenza, finalizzata a commettere truffe ai danni di compagnie assicurative al fine di conseguire sistematicamente ingiusti vantaggi personali ed economici in favore dei principali associati». L’associazione, secondo gli investigatori, si poneva al servizio della ‘ndrangheta: il principale ideatore e promotore dell’associazione Giuseppe Agostino «operava principalmente per procurare autovetture sostitutive» al boss di ‘ndrangheta Carmelo Consolato Murina, «a capo dell’omonima cosca, e sé stesso, partecipe della cosca, avendo entrambi necessità di muoversi con autovetture intestate a soggetti terzi e “pulite” da eventuali microspie di intercettazione ambientale».
«Venivano inscenati – scrive il pm nella richiesta cautelare – falsi guasti meccanici e/o sinistri stradali di mezzi assicurati con polizza di soccorso stradale in caso di necessità. I dati dei soggetti assicurati veniva acquisiti mediante il diretto coinvolgimento di un sub agente assicurativo; in altri casi, le truffe venivano commesse mediante la complicità dei medesimi proprietari delle autovetture, i quali acconsentivano a che venisse inoltrata a loro nome la falsa denuncia di sinistro, favorendo in tal modo il sodalizio nel conseguimento del suo scopo illecito».
Nelle carte dell’inchiesta vengono spiegati punto per punto tutti i passaggi messi in atto dal sodalizio, secondo un collaudato protocollo operativo, che si sviluppava con le seguenti modalità:
L’acquisizione illegittima di dati sensibili: «Il punto di partenza per attuare le truffe in esame era costituito dall’indispensabile acquisizione di precise informazioni sulle generalità degli assicurati con polizza di assistenza stradale e auto sostitutiva».
La denuncia del sinistro ai call center. Una volta acquisite le necessarie informazioni, Giuseppe Agostino contattava personalmente le competenti società di soccorso stradale per avviare l’iter finalizzato ad ottenere l’auto sostituiva. «Talvolta Agostino si presentava con il nome dell’intestatario della polizza, talvolta con il proprio e si spacciava come parente dell’intestatario ovvero utilizzatore di fatto dell’autovettura».
Il finto traino del veicolo segnalato in avaria. Agostino – si legge – aveva diretti contatti con le rispettive ditte autorizzate al traino per conto delle competenti compagnie assicurative.
La complicità delie officine meccaniche/carrozzerie. «Per ottenere impropriamente il mezzo sostitutivo a noleggio senza alcun esborso era fondamentale la compilazione di una falsa dichiarazione di ricovero del fantomatico mezzo in avaria presso un’officina meccanica, con l’indicazione del guasto meccanico e le tempistiche di riparazione, necessarie per avere diritto al servizio di auto sostitutiva a noleggio».
Il sistema di invio dei falsi moduli. «Il metodo di invio dei falsi moduli avveniva principalmente tramite email, in alternativa via fax, da parte delle cartolerie».
E infine, il materiale ritiro dei mezzi. «Le società di soccorso stradale, tratte in inganno dalla ricezione dei falsi moduli inerenti le finte avarie, provvedevano ad erogare i veicoli sostitutivi che, su richiesta degli stessi indagati, venivano sistematicamente ritirati presso agenzie di autonoleggio».
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