LAMEZIA TERME Un duro colpo contro l’associazione mafiosa “Parisi-Palermiti”, operante nel territorio barese e in particolare nel quartiere Japigia, con profondi legami con la ‘ndrangheta calabrese. Un contesto mafioso, quello barese, frutto di una lunga evoluzione caratterizzata da una significativa continuità dell’operatività del gruppo – almeno tra il 1994 e il 2018 – che nel tempo ha sempre più allargato gli ambiti delle attività delittuose, con l’alternanza tra periodi di “tranquillità” e periodi turbolenti scanditi da attacchi e spesso anche omicidi per poter conquistare l’egemonia del gruppo sul quartiere Japigia.
Estorsioni, usure, delitti in materia di armi, ricettazioni e traffico di stupefacenti, le tipiche attività delittuose attraverso le quali le associazioni mafiose traggono il proprio sostentamento e, al tempo stesso, impongono la loro forza su un determinato territorio così assoggettandolo. Queste le accuse mosse, a vario titolo, agli oltre 130 soggetti arrestati nel corso della maxioperazione condotta sul campo da più di mille agenti della Polizia di Stato, su richiesta del gip del Tribunale di Bari, Alfredo Ferraro. Uno dei blitz più imponenti eseguiti in territorio pugliese.
L’inchiesta della Distrettuale antimafia di Bari ha consentito – così come riporta il gip Alfredo Ferraro nell’ordinanza – di ricostruire la presenza di rituali di iniziazione di matrice mafiosa, una struttura verticistica, collegamenti e alleanze ma anche l’uso della violenza, la disponibilità di armi la sussistenza del vincolo associativo per cercare di “dominare” il territorio di riferimento. Ma, soprattutto, gli inquirenti hanno individuato il presunto boss ovvero Savino Parisi, classe 1960, noto anche come “Savinuccio”, finito in carcere. La sua è una storia che affonda le radici nella ‘ndrangheta calabrese e, in particolare, nella ‘ndrina facente capo alla famiglia Bellocco, storicamente insediata nel territorio di Rosarno. Una investitura, quella suggellata dalla ‘ndrangheta calabrese, che ha consentito allo stesso Parisi di mantenere il ruolo e la funzione di “boss centralizzato” rispetto ai diversi sottogruppi a cui era demandato il controllo di una determinata area dell’intero territorio di competenza del sodalizio.
La matrice mafiosa del gruppo – scrive il gip nell’ordinanza – emerge anche da altri elementi come, ad esempio, i riti di affiliazione, e in particolare quello avvenuto il 24 novembre 2017 a casa del collaboratore di giustizia Domenico Milella o dei diversi agguati omicidiari che hanno scandito la storia della mafia barese, come nel caso dell’omicidio di Nicola De Santis, avvenuto nonostante la presenza fissa di una pattuglia di Polizia e altri agguati armati, tra cui il tentato omicidio di Michele Ceglie ed il progetto omicidiario nei confronti di Domenico Monti, scarcerato dopo quasi un ventennio e deciso a riguadagnare posizioni all’interno del panorama criminale barese. Nonché la capacità del gruppo di infiltrarsi anche nelle istituzioni. Saranno proprio le dichiarazioni di Milella, grazie alla sua posizione nell’ambito della criminalità organizzata barese, ad offrire spunti determinanti per la Dda del capoluogo pugliese. (g.curcio@corrierecal.it)
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