REGGIO CALABRIA Un vero e proprio “stipendio” da far recapitare alle famiglie dei detenuti in carcere. Un sodalizio strettissimo quello che unisce gli indagati dell’operazione della Dda di Reggio Calabria denominata “Gallicò”. Misure cautelari per 18 persone (16 in carcere, uno agli arresti domiciliari ed un obbligo di presentazione alla p.g.), indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni ed altro. Quaranta in totale gli indagati. Un’operazione – è stato spiegato in conferenza stampa dal procuratore Giovanni Bombardieri – che fotografa «una realtà ‘ndranghetistica concentrata nella zona di Gallico», dove negli ultimi anni si sono verificate e hanno trovato «il loro fulcro tutte le maggiori questioni di ‘ndrangheta».
Centrale nelle dinamiche che interessano e legano i componenti del sodalizio il mutuo soccorso ai detenuti e ai loro familiari. «Il sostentamento dei detenuti emerge chiaramente», ha detto Bombardieri. Un vero e proprio “stipendio” per il loro mantenimento e per sostenere le spese legali. Detenuti, che nonostante la loro condizione, continuavano a controllare in modo “fittissimo” il territorio. E non solo. Come emerso dalle indagini, il clan aveva pianificato l’evasione dal carcere di uno dei suoi maggiori esponenti, Antonino Crupi. Un progetto – poi non andato a buon fine – che prevedeva addirittura l’utilizzo di un elicottero. Dalle indagini – scrive il gip – emerge «l’affectio societatis emergente dalla solidarietà dimostrata dagli indagati in capo di arresto dei sodali e finalizzata al mantenimento dei detenuti e delle loro famiglie, nonché alla fornitura dì assistenza legale a spese del sodalizio». Figura chiave era quella di Mario Corso, il ruolo apicale ricoperto all’interno dell’articolazione di Gallico «comportava che egli si occupasse del sostentamento di tutti i sodali detenuti (tra cui Antonino Utano e Antonino Crupi) e del pagamento delle parcelle degli avvocati». Corso, si legge nel capo d’imputazione, «si occupava del mantenimento in carcere dei sodali detenuti e della “colletta” per il pagamento delle spese legali dagli stessi sostenute; dava disposizioni agli altri affiliati affinché dessero supporto economico alla famiglia dei sodali detenuti».
Una incombenza alla quale Corso stava facendo fronte ma che – scrive il gip – «era divenuta sempre più gravosa in ragione dello scarso impegno di alcuni dei sodali rimasti in libertà».
Uno dei detenuti a percepire l’aiuto della cosca era Antonino Utano, per gli investigatori «tutelava gli interessi economici della cosca», occupandosi delle «attività estorsive e intimidatorie per conto della cosca; custodiva ed occultava le armi della cosca nonché provvedeva alla loro manutenzione e compravendita; si relazionava in modo sistematico con esponenti delle articolazioni territoriali federate della medesima organizzazione ed operanti nella zona Gallico della città di Reggio Calabria». Il sostegno fornito dalla cosca a Utano era integrato da un vero e proprio “stipendio” che i sodali avrebbero dovuto mandare alia moglie, come da lui stesso riferito alla donna: «Vedi che ti devono mandare lo stipendio! (…) penso che lo stipendio.. .o.. .qualcuno te li dà». La donna, in una conversazione captata replicava che i sodali si erano effettivamente attivati nel fornirgli sostegno di natura economica.
Antonino Utano – si legge – spiegava alla moglie come ottenere il supporto dei sodali: «Tu fagli lo squillo, ..ti manda i suoi saluti mio marito ed ha detto che ai bambini non deve mancare niente», precisando, in un successivo passaggio, come dovessero essere costoro a recarsi da lei per il sostegno economico senza necessità che li contattasse: «Tu a loro non li devi chiamare…se ti sembra a te che…».
Dal dialogo tra i coniugi emergeva che pure Luigi Molinetti – come emerso dalle indagini, figura di riferimento a Gallico – e i figli «si erano interessati delle sorti della famiglia Utano, fornendo delle casse d’acqua e verificando se il referente territoriale, Mario Corso, stesse adempiendo i propri doveri, anche in relazione allo “stipendio”». Corso, che insieme ad Antonino Crupi, si adoperava in favore di tutti i sodali detenuti: «Tonino lo sa quante persone abbiamo sulle spalle solo io e Nino, perché gli altri se ne fregano…», dice in una conversazione, e parlando di Utano aggiunge: «Lui è il primo pensiero che ho io, perché per me è come un fratello, gli altri sono amici», Corso poi non non nasconde qualche malumore rispetto a condotte altrui: «A Catona non gli hanno mandato un euro dopo che lo hanno arrestato… a tutti …inc… facciamo sacrifici e glieli mettiamo noi». (m.r.)
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