COSENZA Non è uno scioglilingua in rima: può un meridionalista e autonomista diventare filo-leghista salendo su un Carroccio sdoganato ormai come partito centralista e nazionalista? Sì, se si chiama Orlandino Greco e dopo quasi trent’anni di politica può così chiudere (per adesso) un cerchio che parte nell’estrema destra per ritornarvi – nella versione governativa – dopo non rare incursioni nel centrosinistra, come vedremo, anche in ruoli istituzionali.
Orlandino – basta il nome nella Castrolibero di cui è tornato a essere sindaco, non avendo in realtà mai smesso di esserlo dal lontano 2001 – è un ex enfant prodige: sembra ieri ma sono passati oltre due decenni da quel 2003 in cui nel borgo alle porte di Cosenza si sfidarono due vezzeggiativi – Orlandino e Vincenzino, nel senso di Aiello – e con essi due modi di creare consenso: oltre-Campagnano si archiviò la prima repubblica, con dieci anni di ritardo rispetto al resto d’Italia; l’homo novus si era affacciato da protagonista su una scena che dimostrerà da subito di non voler abbandonare.
Al giro seguente (2008), Greco replica il plebiscito, i titoli dei giornali locali non esitano a usare l’aggettivo «bulgaro»: nel frattempo si rafforza l’appeal di cui già godeva presso gli ambienti ecclesiastici anzi parrocchiali – ha origini popolari e il contatto con «il popolo» in lui non è gentismo piacione bensì reale empatia – ed è pronto il grande balzo nel cursus honorum oltre via degli Stadi. Alla Provincia (nel 2009 corre per la presidenza ma guiderà il Consiglio) rinsalda il rapporto con il dem Mario Oliverio, nel cui listino correrà alle Regionali del 2014, risultando il secondo più votato della lista (7.883 preferenze e posto a Palazzo Campanella) e superando nella provincia più grande della Calabria macchine da voti come Franco Sergio e Mauro D’Acri – sindacati e associazioni di categoria il loro bacino elettorale – o nomi storici della militanza partitica ed esperienza istituzionale cosentina come Maria Francesca Corigliano, Mimmo Talarico e Rosario Mirabelli, che al contrario dei primi due non vengono eletti consiglieri.
Il ragazzotto di Santa Lucia col vespone – militanza nel Fronte della Gioventù, diploma scientifico al Fermi e laurea in ingegneria civile con votazioni che in entrambi i casi sfiorano il massimo – ora è il politico navigato con blazer vagamente berlusconiano ed eloquio forbito: per molti era un giovane vecchio già quando a 24 anni entrò per la prima volta in Consiglio comunale (1995), ciò che lo decretò un decano a trent’anni quando fu eletto la prima volta sindaco (2001). Da consigliere regionale si intesta la proposta di un mega villaggio da golf in Sila che i fautori del cosiddetto “turismo esperienziale” stanno ancora aspettando. Delegato della Consulta regionale dei Calabresi all’estero, oggi vola spesso a New York per coltivare quel legame che ha visto molti figli della comunità di cui fa parte lasciare “Castrofranco” per l’american dream.
L’idea di unire e federare i territori per renderli più forti in sede di trattative oltre che di servizi, Orlandino Greco la pratica sia nel consorzio Vallecrati che da presidente dell’Unione dei Comuni Pandosia (condivise l’antico toponimo dalla misteriosa collocazione con le vicine Marano Principato e Marano Marchesato): fa strano che oggi si opponga alla città unica o Grande Cosenza che dir si voglia, ma soprattutto che abbia abbandonato – nell’arco di 15 anni – una filosofia autonomista che lo aveva visto aderire nel 2008 a Mpa (Movimento per le Autonomie) per poi diventarne vicesegretario federale l’anno seguente: nel 2013 rilancia e si mette in proprio fondando il movimento Italia del Meridione (IdM), un think tank con segreteria vecchia maniera ad Andreotta per catalizzare menti e voti, «progetto politico che – si legge in una biografia di presentazione al festival Fege di cui è stato ospite – si pone come una valida alternativa ai fallimenti di politiche tanto centraliste quanto leaderiste». Praticamente la Lega dell’uomo forte Salvini, che ha abbandonato l’idea di partito “del nord” inseguendo il sogno del partito nazionale e statalista, oltre che di governo.
Parole che oggi, dopo il patto annunciato dal sottosegretario e senatore della Lega Claudio Durigon (sì, quello della fuga in avanti su Taurianova capitale del libro 2024) suonano alquanto stonate. Come queste: «Un nuovo modo di leggere e vedere il Meridione, ormai stanco del non senso delle sue riduttive etichette (Sud!), di comunità rassegnate all’immobilismo, di stereotipi obsoleti, di un Meridione ancora questione e di un Nord distrattamente troppo lontano perché riconosca l’Unione di un Paese che può e deve ripartire da qui mostrandosi al resto d’Europa come opportunità e valore aggiunto». Chissà cosa ne pensa Durigon. (e.furia@corrierecal.it)
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