REGGIO CALABRIA Un’aula bunker pienissima questa mattina a Reggio Calabria per l’udienza preliminare del processo scaturito dall’inchiesta “Eureka”. Centoquindici gli indagati davanti al gup distrettuale di Reggio Calabria Antonino Foti. L’udienza è stata rinviata al prossimo 6 marzo per la scelta del rito da parte delle difese che nella maggior parte dei casi, secondo quanto trapela, potrebbero optare per quello abbreviato, anche alla luce della recentissima decisione della Cassazione, che ha dato l’ok sull’utilizzo delle intercettazioni delle chat criptate Sky Ecc. I narcotrafficanti utilizzavano, infatti, sistematicamente “criptofonini” di ultima generazione, considerati unico mezzo sicuro per garantire la riservatezza delle loro comunicazioni. Dispositivi considerati «inattaccabili» che gli indagati coinvolti nell’operazione “Eureka”, hanno trasformato in uno strumento fondamentale per l’attività di narcotraffico da parte della ‘ndrangheta, ma dei quali, grazie alla collaborazione internazionale e sulla base di formali Ordini Europei di Indagine, gli investigatori sono riusciti ad acquisire i testi riuscendo così a ricostruire la fitta rete associativa transnazionale sviluppata tra Italia, Germania, Belgio, Portogallo.
L’operazione ha visto la cooperazione delle Dda di Reggio Calabria, Milano e Genova, degli investigatori di Germania, Belgio e Portogallo e che ha smantellato un’organizzazione transnazionale dedita al riciclaggio, al traffico di droga e armi in tutto il mondo, colpendo in particolare le cosche Nirta-Strangio di San Luca e Morabito di Africo. Un’operazione scattata nel maggio 2023, particolarmente complessa non solo per il numero dei provvedimenti eseguiti, ma anche per l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente individuata, i sequestri di denaro e la rete associativa transnazionale sviluppata tra Italia, Germania, Belgio, Portogallo. Tonnellate di cocaina e milioni di euro per un giro dalle «risorse finanziarie importantissime». L’inchiesta, secondo quanto emerso, ha toccato i livelli più alti dell’organizzazione criminale, permettendo anche di ricostruire la fuga e la latitanza del super boss Rocco Morabito, detto “Tamunga” dopo la fuga dal carcere di Montevideo, in Uruguay, nel 2019. (m.r.)
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