COSENZA «Emmé!».Quando ieri mattina ne sono apparsi due su via Caloprese, in assetto da multa – che a Cosenza è come dire guerra – l’incredulità degli avventori del bar, mista a ironica disillusione, era tale che persino chi aveva lasciato l’auto in doppia fila non è andato a spostarla: in molti hanno pensato a un’allucinazione, magari qualcuno era in hang-over per i bagordi della domenica sera o ancora scosso dalla sconfitta nel derby con coda violenta.
I due dioscuri in divisa, una divisa peraltro sempre più rara da vedere in giro, invece erano proprio due vigili urbani! Agenti di polizia municipale: due esemplari in via di estinzione tra i circa 40 non inabili a stare per strada (ne restano 38 da geolocalizzare ma per ora va bene così).
I due, che si muovevano con il passo felpato di chi sa il fatto suo ma sempre in coppia come da classica iconografia carabinieresca, avevano un che di sacro, quasi di divino. Il loro passaggio da una delle strade più trafficate – e indisciplinate – del centro città ha avuto sugli astanti l’impatto straniane e onirico, quasi poetico eppure inspiegabile dei fenicotteri rosa nella celebre scena de La Grande Bellezza; ma anche la inaspettata repentinità, quasi violenta, della pioggia di rane nell’ultima sequenza di Magnolia. Tra sogno e incubo, insomma. Tutto è infatti durato un attimo, è stato breve ma intenso come si dice oggi, e puntualmente l’epifania della Municipale qualche ora dopo era già materia di racconti da leggenda micropolitana, all’ora dell’aperitivo: «Dici che hanno visto due vigili urbani stamattina a via Caloprese!». «Seeeeee, a Cusenza i mo’ ca un cinni su cchiù, vigili!».
La perentoria affermazione vernacolare del cosentino disilluso – uno dei tratti più tipici dell’archetipo bruzio – al netto del qualunquismo lamentevole ha un fondo di verità: la pianta organica di Palazzo dei Bruzi è in affanno e si aspetta come la manna dal cielo l’infornata di assunzioni prevista per il 2024.
Vent’anni fa, dei 1.150 dipendenti comunali ben 42 erano dirigenti di settore – «la Fiat ne aveva di meno», ha ironizzato l’allora sindaco Salvatore Perugini in questa intervista –, mentre oggi sono passati a sei o sette a fronte di meno di 200 dipendenti in totale; allo stesso tempo i vigili urbani si sono dimezzati, passando dai 198 di allora a meno di 90 oggi, la metà dei quali inabile al servizio di strada (il piano occupazionale 2024 fornito dall’assessore Damiano Covelli prevede 12 agenti di polizia locale a tempo indeterminato e 2 a tempo determinato).
È naturale, allora, che vederli in giro stupisce ma in un certo senso rassicura: sono tra noi, stanno tutti bene. Altre reazioni suscitano, al contrario, le algide e immateriali “machinette” installate sul tettuccio di implacabili pattuglie della polizia municipale che circolano praticando la odiosa multa a strascico, senza spazio per il confronto e la contestazione vis-a-vis, un momento di sana e umana discussione solo raramente sfociata in aggressione, persino nel nervoso e convulso e tentacolare traffico di Cosenza.
E dire che c’è stato un tempo in cui Cosenza vantava il pizzardone alla Alberto Sordi: posto su un cilindro di cemento agli incroci allora più trafficati della città (corso Mazzini, viale Trieste, via Sertorio Quattromani), negli anni ’50 indirizzava il flusso delle (poche) auto in transito. Negli anni ’60 del boom, le auto aumentano, quel punto di osservazione si depotenzia in una rotatoria ante litteram per poi sparire, mentre il vigile che dirige il traffico viene sostituito dai semafori. La fine del XX secolo porta con sé la graduale pedonalizzazione del corso centrale mentre le auto continuano a proliferare, i posti auto a non bastare e i vigili a scarseggiare.
Oggi, archiviato il «Parcheggiamo bellu bellu» di manciniana memoria – la campagna pubblicitaria di un quarto di secolo fa – e superata la fase della «sosta selvaggia», eccoci a patire (o praticare) un nuovo genere: il parcheggio creativo. Con auto, tra l’altro sempre più grandi, posteggiate – ma questo è un chiaro eufemismo, diciamo lasciate – nelle modalità più varie. Alla classica doppia/tripla fila si affiancano adesso la tripla fila a spina di pesce, anche sulle strisce pedonali, e la doppia fila intelligente: quest’ultima consiste nel lasciare l’auto in doppia fila ma senza che ce ne sia un’altra nel parcheggio vero e proprio, quello legittimo, è in pratica un escamotage per evitare di essere “chiusi” da un incivile più incivile di noi. Il genio cosentino è anche questo.
E poi piste ciclabili invase da cascette della frutta (gli abusivi non sono soltanto gli ambulanti sull’isola pedonale, ma evidentemente sui venditori cosentini si può chiudere un occhio a differenza dei bengalesi), scivoli per disabili tappati da auto in sosta menefreghista, serate da movida con auto a passo d’uomo, in fila indiana: non che questa scena sia ascrivibile ai soli venti-trenta-quarantenni in uscita notturna: andate a fare un giro all’orario di ingresso e uscita di una scuola a caso – diciamo via Misasi, dove l’amministrazione Caruso è intervenuta cancellando l’area pedonale per ripristinare il senso di marcia – e troverete il più vasto campionario di creatività e genius loci. Tra le 8 e le 8.30 e dalle 13 alle 14 è un continuum di clacson di auto parcheggiate correttamente ma che non riescono a sbloccarsi: vox anzi clacson clamantis in deserto.
Non parliamo poi delle difficoltà che gli autobus – soprattutto quelli da viaggio, di taglia più grande – incontrano passando dalle vie congestionate del centro. Tempo fa era la norma che il pullman dell’Amaco restasse imbottigliato svoltando da via Molinella in direzione piazza Fera, nel tratto oggi pedonalizzato che nella vulgata cosentina era la “salita di Pagliaro”. Purtroppo strozzature simili, se non peggiori visto il volume di traffico, oggi si ritrovano agli angoli piazza Bilotti / corso Fera (dove passano decine di mezzi di linea in partenza dalla vicina autostazione) e, poco più a monte, tra via Simonetta e via Roma (ogni tanto usiamo la vecchia toponomastica, come piace fare a Franz Caruso): in questo secondo caso, manco a dirlo, sono scene che si ripetono in orario entrata-uscita scuole.
Nel frattempo, altre arterie trafficate come via Nicola Serra, via Montesanto e via Alimena vedono puntualmente restringere la propria carreggiata di almeno una corsia, mentre, altrove, situazioni di anomìa diffusa sono diventate la norma: la doppia fila davanti al bar Continental, per dire, fa talmente parte del paesaggio antropico che quando in quel tratto di via Misasi la strada è libera ci sentiamo quasi in torto.
Insomma ai vigili urbani vogliamo bene e li vorremmo sempre presenti, in formazione a testuggine come alle celebrazioni in Duomo (con annesso plauso del sindaco a mezzo comunicato stampa): sarebbero un presidio mobile alla legalità, un deterrente, un disincentivo a commettere infrazioni, mentre attualmente sono un po’ come i cestini della spazzatura che mancano e quindi assolvono i cittadini che gettano tutto per strada.
Ironia a parte: basti qui dire che due vigili che fanno il loro lavoro diventano una notizia – come questo articolo dimostra.
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