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l’inchiesta

Gli sversamenti fuori controllo del depuratore di Montepaone e gli «effetti negativi» per il Golfo di Squillace

Il paradigma dei mari calabresi e i risultati di “Goletta Verde” che descrivevano la foce del Beltrame come “fortemente inquinato”

Pubblicato il: 05/03/2024 – 10:33
di Giorgio Curcio
Gli sversamenti fuori controllo del depuratore di Montepaone e gli «effetti negativi» per il Golfo di Squillace

LAMEZIA TERME Le condizioni del mare calabrese sono, come ogni estate, al centro del dibattito pubblico. Nel corso degli ultimi due anni, poi, le due Procure di Vibo e Lamezia hanno intensificato i controlli mentre il governatore Occhiuto ne ha fatto un cavallo di battaglia alzando notevolmente l’attenzione sulla questione dei depuratori e puntando il dito, in alcuni casi, contro i Comuni. E, al di là delle condizioni generali spesso definite “rassicuranti”, ci sono stati alcuni casi e “punti critici” emersi anche in due operazioni eseguite dai carabinieri ribattezzate “Deep”.  Ora, con l’operazione “Scirocco”, è stata la Distrettuale antimafia di Catanzaro a fissare alcuni punti, con l’arresto di quattro persone per una inchiesta che ha visto coinvolti in tutto 30 indagati e 5 società. Accertati – così come riporta il gip nell’ordinanza – numerosi episodi di sversamenti illeciti, ci sono in particolare alcuni casi particolarmente critici che hanno caratterizzata l’intera inchiesta dalla Distrettuale, con il sequestro negli ultimi anni degli impianti di Nocera Terinese, Vallefiorita, Cirò Marina e Montepaone, tutti nel Catanzarese.

Il primo “allarme” di Arpacal

Ma è proprio l’impianto di depurazione di Soverato/Montepaone in località Pasquali il caso più importante dell’inchiesta “Scirocco”. Anche in questo caso l’impianto era gestito dalla società aggiudicataria “Mke Srl” «per un importo di 480mila euro, iva esclusa, oltre a 4.800 euro per oneri di sicurezza», scrivono gli inquirenti per «la depurazione delle acque reflue, smaltimento dei fanghi, del grigliato e delle sabbie residuata del processo di depurazione nonché effettuazione della manutenzione programmata». Ad accendere i riflettori sull’impianto è stata l’Arpacal con un sopralluogo effettuato il 6 agosto 2020, denunciando in particolare la «mancata attività di filtro da parte della grigliatura con conseguente scarico dei reflui da un cassone, ubicato nell’impianto, nel corpo idrico ricettore». Seguono, poi, due sopralluoghi dei Carabinieri il 24 novembre e il 3 dicembre 2020 ma saranno le immagini di una telecamera installata appositamente a fornire ulteriori spunti. Dalla visione delle telecamere «si è accertato che l’esercizio dell’impianto veniva assicurato dagli operai Ernesto Lento e Vincenzo Ruggero Talarico (entrambi finiti agli arresti domiciliari) che, oltre ad assicurare la gestione del depuratore, «effettuavano i vari controlli tecnici – scrivono gli inquirenti – in particolare il livello delle vasche al fine di attendere alle normali operazioni di pulizia. Inoltre, garantivano lo sfalcio della vegetazione presente in impianto».

Tutti gli episodi registrati

Gli episodi registrati dalla pg sono numerosi e coprono un arco temporale che va dall’11 gennaio fino all’inizio dell stagione autunnale. Le immagini di sorveglianza immortalano i dipendenti mentre si recano con un cavo elettrico nei pressi della vasca di digestione dei fanghi dove era collocato un tubo amovibile per lo scarico dei reflui all’interno di un pozzetto. In altri numerosi episodi i dipendenti Talarico e Lento utilizzano «all’interno della struttura della nastropressa per attivare la linea elettrica e avviare il sistema di pompaggio abusivo e svuotare la vasca di digestione dei fanghi. Il tubo veniva sistemato all’interno del pozzetto di uscita». In un caso, poi, sarà un autotreno munito di cassoni a fare ingresso nella sede del depuratore. Nell’episodio ricostruito dalla pg «l’autista ne sgancia uno, si dirige verso la nastropressa e preleva il fango contenuto in un cassone carrabile di colore verde lì depositato. Poi, attraverso la gru a cucchiaio, il cassone veniva svuotato». «In sostanza – è scritto nelle carte – il camion aveva lasciato sul posto un cassone bianco vuoto e aveva preso quello di colore verde dopo averlo svuotato. Per cui nessuna attività di prelievo per successivo smaltimento era stata effettuata». Consegue per l’accusa che il cassone bianco posizionato sotto la nastropressa e poco prima riempito con il fango, «aveva una chiara funzione di dissimulare l’operatività del sistema di conferimento dei fanghi, poiché la nastropressa attraverso la quale il fango doveva giungere nel cassone per l’essiccamento era ferma dall’anno 2020».

Gli accertamenti e il sequestro

Gli inquirenti continuano ad osservare tutte le operazioni per tutta l’estate. Poi, a settembre 2021, effettuano un accertamento e, attraverso una verifica preliminare, constatano «la mancata funzionalità della dissabbiatura e della disoleatura dei rifiuti». E ancora «lo spegnimento della grigliatura che veniva infatti attivata dall’operatore non appena i carabinieri lo facevano presente. I sedimentatori secondari risultavano intasati di fango con croste sul pelo libero dell’acqua e il fango tracimava dalle vasche di sedimentazione confluendo nella linea che conduceva al labirinto di clorazione. Inoltre, si apprezzava la fuoriuscita di fanghi con sversamento sul suolo». I carabinieri, inoltre, hanno accertato «la presenza di un tubo di grandi dimensioni» che «confluiva direttamente all’uscita della vasca di clorazione immettendosi nel corpo idrico ricettore. Secondo i militari si trattava di un bypass» e lo mettono sotto sequestro.

Goletta Verde
Goletta Verde

I rilievi di Legambiente e il mare inquinato

A descrivere poi lo stato dell’impianto sarà il responsabile tecnico del Comune capofila di Montepaone che riporta lo stato di consistenza dell’impianto all’atto della immissione in possesso di un altro operatore economico, aggiudicatario della gara di appalto ovvero la Soteco Spa. «(…) sollevamenti fanghi ricircolo – parzialmente funzionate, con valvole telescopiche e misuratore portata non funzionanti; (…) area Impianto, viabilità – scarso con gruppo elettrogeno non funzionante; (…) Stazioni di Sollevamento: n. 24 con giudizio delle condizioni nella medie sufficienti, con qualche piping e valvolame in pessime condizioni e non funzionanti». Un quadro allarmante confermato anche dalla campagna periodica che effettua Legambiente annualmente sullo stato di qualità del mare, dei laghi e delle coste. Secondo quanto riportato nella informativa, nel corso della campagna 2022 di “Goletta verde”, i punti monitorati in Calabria sono stati 21: 12 foci di fiumi o canali e 9 punti a mare. I campioni prelevati lungo la costa nelle provincie di Reggio Calabria e Cosenza sono stati 12 (6 per ogni provincia), 5 in quella di Vibo Valentia, 3 in quella di Catanzaro e uno di Crotone. Complessivamente 11 i risultati oltre i limiti di legge secondo il giudizio di “Goletta verde”, tutti alle foci dei fiumi, di questi 10 risultati “fortemente inquinato” e uno “inquinato”. E tra i campionamenti che hanno riportato il giudizio di “fortemente inquinato c’è proprio il prelievo eseguito alla foce del fiume Beltrame che imprime effetti negativi sullo specchio acqueo marino ricadente nel golfo di Squillace. Alti – in particolare – i valori di “Escherichia Coli” e “Enterococchi”, dati uguali registrate nello stesso specchio acqueo negli anni precedenti (2020-2021), nel corso di analoghe campagne, quando l’impianto di depurazione era gestito dalla “Mke srl”». (g.curcio@corrierecal.it)

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