CATANZARO «Se li è presi tutti lui, se li è mangiati tutti lui?». A porgere la domanda è Adrian Domianov Dimitrov, indagato nell’operazione Scolacium che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 22 persone ritenute sodali ed esponenti dei clan Bruno e Catarisano di Vallefiorita e Roccelletta di Borgia. Dall’altra parte del telefono Gennaro Felicetta, nipote dei capiclan e ritenuto per l’appunto reggente della ‘ndrina in sostituzione del detenuto zio Francesco Bruno. La risposta piccata di Felicetta è una conferma alla domanda di Dimitrov: «Si è mangiato tutto lui». Il riferimento è all’imprenditore Luciano Babbino, indagato, e ad un’avvenuta estorsione ai danni di un’impresa impegnata nel settore delle pale eoliche. Una cifra di circa 250 mila euro che sarebbe stata pagata in cemento, causando però non pochi problemi all’interno del clan. Dall’inchiesta emerge l’interesse della ‘ndrangheta nel settore delle pale eoliche, tra estorsioni e infiltrazioni negli affari.
«C’era una ditta, no, che doveva portare duecentocinquanta… quando hanno fatto le pale…». I soldi “mangiati” da Babbino deriverebbero, dunque, da un’estorsione a un’impresa del settore eolico ricadente tra i territori di Vallefiorita e Palermiti. A raccontarlo è Felicetta, che, infastidito, precisa come quei soldi sarebbero dovuti spettare al gruppo criminale d’appartenenza. Dal momento che il pagamento non era stato fatto, rilevano gli inquirenti, sarebbe stato proprio Francesco Bruno, dal carcere, a mandare al nipote a chiedere spiegazioni all’imprenditore. La risposta di quest’ultimo però spiazza Felicetta: «quando sono andato a parlare, che sono andato io dopo che li hanno arrestati, dice: no io glieli avevo dati a Luciano (Luciano Babbino, ndr)». La somma sarebbe stata infatti «evasa sotto forma di una fornitura di cemento che aveva provveduto a far recapitare gratuitamente a Babbino Luciano». Lo stesso avrebbe utilizzato poi il cemento per «la costruzione di un immobile di grandi dimensioni», come afferma sempre Felicetta: «tutto gratis, si è fatto il fabbricato gratis no…con il cemento, invece ci doveva portare a noi i soldi..».
Un fatto che avrebbe provocato la reazione irritata del presunto reggente del clan di Vallefiorita. In primis per una questione di credibilità e di immagine della “famiglia”. «Quello mi ha potuto pure prendere per stupido a me..» si lamenta Felicetta con Dimitrov. Ma oltre ad una questione di immagine, a infastidirlo, sarebbe stato il fatto di non aver ricevuto i soldi, cosa che avrebbe mandato su tutte le furie anche lo zio Francesco Bruno. «Quando gliel’ho detto a mio zio, si è incazzato, l’ha chiamato si è incazzato forte mio zio no!». Una questione che sarebbe stata risolta impegnando Babbino «a corrispondere a Bruno – a titolo di “risarcimento” – la somma di 5.000 o 6.000 euro al mese». Risolta la questione economica, restava comunque, precisano gli inquirenti, «la pessima figura» della consorteria «perdendo anche in termini di credibilità». Emblematico il commento di Felicetta su quello che avrebbe potuto pensare l’imprenditore: «Dice: che sono delia stessa “famiglia” e neanche parlano tra loro, hai capito? Facciamo figure di m****..».
Un’altra estorsione nel settore eolico, con le stesse modalità e sempre con il presunto coinvolgimento di Luciano Babbino, la racconta il collaboratore di giustizia Salvatore Danieli. Questa volta “vittima” un’impresa che lavorava alla costruzione del parco eolico di Amaroni. «Ricordo che mio cugino Giuseppe doveva percepire la somma di 40.000,00 a titolo estorsivo» afferma Danieli, riferendosi in particolare a Giuseppe Bruno, anche lui indagato. Anche in questo caso la somma sarebbe stata erogata sotto forma di cemento e sempre verso Bubbino «per aiutarlo a compiere la sua struttura». (Ma.Ru.)
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