RENDE «Sono soltanto due gradini. Ma non ce la fai proprio?». Greta Milano solo a raccontarlo non trattiene una delle sue fragorose risate. Ha 36 anni, è di Crotone, si è laureata in ingegneria informatica all’Unical e dopo qualche anno è stata assunta da Ntt Data, il colosso giapponese che ha sede anche in Calabria, a Rende. Per muoversi ha bisogno della sua fidata sedia a rotelle a causa di una malattia genetica chiamata osteogenesi imperfetta ma è autonoma, indipendente, parecchio determinata e decisamente consapevole dei suoi diritti di persona con disabilità. Con la pandemia è tornata a casa a Crotone, dai suoi genitori, lo smart working le ha permesso di superare il difficile periodo del post Covid, ma si sta protraendo più di quanto lei avesse immaginato. Vorrebbe ricominciare a vivere la sua vita: andare a lavorare in ufficio, avere una casa sua, riprendere a frequentare gli amici di sempre e i colleghi.
«Ma la ricerca di un appartamento da affittare è un incubo» spiega andando dritta al punto. «Scorro gli annunci, prendo i numeri degli alloggi nella zona di Rende e Arcavacata che possano fare al caso mio – racconta – poi chiamo e qui parte il solito copione. Spiego che sono in sedia a rotelle e che quindi ho necessità non di particolari infrastrutture ma solo di un luogo che sia accessibile e lo ripeto più volte: deve essere realmente accessibile». Accessibile: niente scale, dislivelli, discese, barriere. «A molti non è chiaro che non basta un cancello automatico e l’ascensore: per me è fondamentale, ad esempio, poter parcheggiare la mia auto il più vicino possibile al portone perché con la carrozzina non è facile sostenere lunghi tragitti, magari con la borsa del pc o ancora peggio se piove. Oppure, se serrature o codici per sbloccare le porte sono in alto per me diventano irraggiungibili».
Concordata la visita, la realtà è quasi sempre diversa da quella descritta dai proprietari telefonicamente o semplicemente a tanti dettagli loro non avevano fatto caso. «Sono momenti di grande frustrazione – sospira – perché devo spiegare che no, con la carrozzina non ce la faccio proprio a superare due gradini, anche se sono “solo” due. Oppure c’è chi si stupisce che io possa vivere sola e insinua: “ma non c’è nessuno che può aiutarla?”. Molta gente dà per scontato che se ho una disabilità non posso essere indipendente. Eppure ho bisogno di poco. Non chiedo un posto auto assegnato per un vezzo, ma perché ciò mi garantisce di potermi muovere autonomamente, senza dover chiedere aiuto. Negli anni dell’università all’Unical non ho mai avuto problemi – racconta – l’alloggio che l’ateneo mi aveva assegnato rispondeva perfettamente alle mie esigenze, mi sono sentita sempre a mio agio ed è cresciuta in me la consapevolezza che avrei potuto farcela, nonostante le mie difficoltà. Ma poi ho capito che è il contesto che mi rende disabile, che crea i veri ostacoli alla mia autorealizzazione».
Il sorriso di Greta è bellissimo ma proprio non ce la fa a nascondere l’amarezza per ciò che ha vissuto. «Non esagero quando dico che la ricerca di una casa da affittare a Rende mi ha profondamente traumatizzata. C’è in particolare un episodio che non dimenticherò mai. Trovo un appartamento che mi sembra possa andare bene – racconta –, il proprietario mi dice che ci sono altre inquiline e io penso: bello, mi piace condividere con altre ragazze gli spazi di casa. Mi dice anche che mi darà una stanza con il bagno in camera che per me è una facilitazione non da poco. Mi propone un prezzo e ci diamo appuntamento per una visita. Quando arrivo lì lui non sembra la stessa persona con cui avevo dialogato al telefono: mi dice che il prezzo sarebbe stato più alto e che la stanza con il bagno non era più disponibile, insomma in pratica mi spinge a rifiutare. Alla fine, dopo molte insistenze su quel repentino cambio di atteggiamento, vengo a sapere che le altre inquiline gli avevano fatto presente di non essere contente di avere una “disabile” in casa, correndo il rischio, così avevano riferito al proprietario, di dovermi fare da badante». Fa ancora male, è chiaro. «Non mi piacere portare rancore, in questa come in altre occasioni ho risposto col sorriso e con la gentilezza».
Una filosofia di vita che aiuta a non intossicarsi con l’odio e che a volte – dice – porta a qualche cambiamento. Come quella volta che ha attaccato un post it su un’auto parcheggiata puntualmente sullo scivolo del marciapiedi. Il biglietto diceva più o meno così: «Stai occupando un accesso indispensabile per chi è dotato di ruote. La prossima volta facci caso». E il giorno dopo la macchina non c’era più, assicura Greta.
La gentilezza aiuta ma certamente non risolve tutti i problemi, specie quello di trovare una casa in affitto senza dover penare. «Non è giusto che per colpa del contesto io non possa decidere di tornare dove voglio, dove sto bene e dove potrei vivere nel modo migliore perché il mio lavoro è lì e lì ho vissuto per tanti anni».
E non è solo un problema calabrese, precisa Greta. «Viaggiando in altre regioni d’Italia ho trovato sempre grandi difficoltà: mezzi pubblici su cui è impossibile viaggiare da sola, bagni per le persone disabili utilizzati come sgabuzzini in cui ho dovuto farmi largo tra gli scatoloni di merce accatastata e situazioni a dir poco imbarazzanti, come quando mi sono trovata a vivere in un ristorante in cui a causa di una pedana inaccessibile ho dovuto cenare praticamente lontana dal tavolo».
«Si parla tanto di inclusione – conclude – ma la parola che serve davvero è “previsione”: prevedere la presenza di una persona con disabilità, dare per scontata la sua presenza, e progettare o strutturare luoghi realmente accessibili, che non la facciano sentire fuori contesto».
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