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l’udienza

Duplice omicidio Scorza-Hedhli, in Assise l’ascolto di una intercettazione. «Le telecamere non funzionavano»

Chiamata a testimoniare una delle figlie dell’unico imputato, Francesco Adduci. «Dovevo informare mamma e mia sorella del non funzionamento»

Pubblicato il: 11/03/2024 – 10:52
di Fabio Benincasa
Duplice omicidio Scorza-Hedhli, in Assise l’ascolto di una intercettazione. «Le telecamere non funzionavano»

COSENZA Nuova udienza in Corte d’Assise a Cosenza, del processo a carico di Francesco Adduci, il 56enne accusato di aver avuto un ruolo nel duplice omicidio del 4 aprile 2022 compiuto in contrada Gammellone nel comune di Castrovillari, in cui hanno perso la vita Maurizio Scorza, 57enne di Cassano, e sua moglie, la 38enne tunisina Hanene Hedhli. L’allevatore è difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Giancarlo Greco. L’accusa in aula è rappresentata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Alessandro Riello. Per i magistrati antimafia, l’imputato avrebbe attirato «con l’inganno Maurizio Scorza all’interno del proprio podere, dove poi quest’ultimo trovava ad attenderlo i propri sicari». In aula, nel corso dell’odierna udienza, vi è stato l’ascolto di una intercettazione datata 6 aprile 2022 tra Adduci e una delle sue figlie. Si parla del non funzionamento delle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del podere. “Il messaggio che dovevo portare a mia madre è che le videocamere c’erano ma non registravano. C’erano state perquisizioni a casa e mio padre era preoccupato”, dice la figlia di Adduci chiamata a testimoniare. “Papà mi aveva parlato dei guasti e dopo la perquisizione ci ricordava che le telecamere non funzionavano”. La Corte (presidente Paola Lucente) chiede lumi alla teste in merito al contenuto della comunicazione che la stessa avrebbe dovuto dare a sua sorella e sua madre circa il non funzionamento delle telecamere. ‘Mia sorella non era mai presente, e quindi dovevamo dirle che non funzionavano le telecamere”. È il pm Alessandro Riello a chiederne il motivo. “Perché avrebbe dovuto ricevere questa informazione, avrebbe potuto rispondere che non sapeva. Perché questa esigenza di informare?” Chiede il pubblico ministero. E la teste risponde: “Mio padre non parlava molto con mia sorella perché studia a Cosenza, ha detto a me di dirlo a mia sorella e mamma per avvisarle. Mia sorella sapeva che un tempo funzionavano ma poi non ha saputo della presenza di un guasto e per questo andava informata”. A porre delle domande alla teste è anche uno degli avvocati di difesa, Cesare Badolato. “È lecito pensare che i carabinieri pensassero a delle telecamere funzionanti? “Si”, risponde la teste. Potevano pensare che qualcuno potesse aver eventualmente celato la registrazione? “Si”. Potevano pensare che potesse essere stato suo padre? “Si”.

Il delitto

I corpi di Scorza e della compagna, raggiunti da 14 colpi di arma da fuoco, vengono scoperti in una strada di campagna a bordo dell’autovettura Mercedes di proprietà della vittima. I carabinieri hanno rinvenuto il cadavere di Hanene Hedhli sul sedile anteriore, lato passeggero, mentre quello di Scorza nel bagagliaio con a fianco un agnello sgozzato.

Due armi e due killer?

Nel corso del procedimento, ha reso testimonianza il consulente balistico Luca Chianelli. Che ha ipotizzato una nuova possibile versione dei fatti suggerendo l’utilizzo di due diverse armi (entrambe calibro 9) per compiere gli omicidi. E quindi, verosimilmente, sarebbero due i killer. La scena criminis, da un punto di vista balistico, non si può però determinare con certezza, ha sottolineato il perito. Che ha fornito ulteriori elementi sul luogo del delitto. L’auto rinvenuta con a bordo i due cadaveri, sarebbe stata spostata da uno dei responsabili dell’omicidio e di conseguenza è tecnicamente impossibile affermare con esattezza a quale distanza siano stati sparati i colpi. Scorza è stato destinatario di due colpi che lo hanno raggiunto alla testa. Hedhli, invece, è stata attinta da 12 colpi e chi ha premuto il grilletto si trovava a circa un metro di distanza. La donna, da quanto si è appreso, avrebbe tentato – dopo i primi proiettili – di spostarsi sull’altro sedile nel tentativo di sfuggire alla raffica mortale scaricata dal suo killer. Questo tentativo spiegherebbe i segni dei colpi rinvenuti dietro la schiena della donna. (f.benincasa@corrierecal.it)

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