Nel 1864 l’ingegnere Eleno Giarola progettò la costruzione di una strada ferrata che doveva andare dalla Marina di Catanzaro al Porto Santa Venere, quella che oggi si chiama Vibo Marina. A quel tempo si andava costruendo l’ossatura della rete viaria nazionale. Nel 1875 fu aperta al traffico la linea ferroviaria tra Crotone (allora si chiamava Cotrone) e Catanzaro Marina. La trasversale ferrata, Sant’Eufemia (oggi Lamezia Terme)-Catanzaro fu aperta il 1894, ma già dal 1883 la stazione di Catanzaro Sala era collegata con Catanzaro Marina.
Tornando al progetto di Giarola, le cui foto degli elaborati progettuali si trovano nell’archivio della Camera di Commercio di Catanzaro, ritorna oggi l’idea di ripristinare il nome di Porto Santa Venere (Vibo Marina). Del quale si narra la leggenda che il nome le fu dato da un pescatore del luogo che scoprì sulla spiaggia la statua di una donna sdraiata e identificata con Santa Venere che, a sua volta, è un’espressione adespota. Da non confondere, solo nominalmente, Santa Venere con Santa Venera, patrona di Acireale e Avola.
Per restituire l’antico nome di Porto Santa Venere (Vibo Marina) lo storico e maestro ceramista Antonio Montesanti si batte da anni, affermando due cose legate tra loro. Aprire e rendere fruibile il Museo del mare e ridare, appunto, al luogo natio, Vibo Marina, l’antico nome di Porto Santa Venere.
In passato non mancarono tentativi in tal senso. Nel 1950 il deputato democristiano Domenico Larussa depositò un progetto di legge per la «costituzione di un Comune autonomo delle frazioni di Vibo Valentia Maria, Longobardi, San Pietro di Bivona, Porto Salvo e case sparse vicinori del Comune di Vibo Valentia città, in provincia di Catanzaro».
Nel 2008 il tentativo fu ripetuto dal consigliere regionale Bruno Censore con una proposta di provvedimento amministrativo dal titolo: «Costituzione del Comune di “Porto Santa Venere” in provincia di Vibo Valentia – Indizione di un referendum consultivo».
Montesanti ha affidato ai social una riflessione sul tema:
«Non sbaglia chi ritiene che vi siano molti altri problemi più importanti da risolvere nella marina di Vibo Valentia, perché l’impegno di qualche settimana per ripristinare il nome originario al paese portuale, non deve affatto distogliere dal risolvere quei problemi strutturali, sanitari, sociali e culturali che da anni sono sul tappeto irrisolti. Non bisogna confondere le cose: il nome di un paese ha un forte valore simbolico, identitario e non è mai un problema ma una risorsa da sfruttare al massimo per unire in qualche modo una comunità. Ed è proprio per risolvere al meglio in problema che si ricorre alle risorse.
E Porto Santa Venere è simbolo della condivisione e della partecipazione, mentre un nome non scelto è elemento di divisione. In tal senso Marina di Vibo non è un nome di paese. Difatti non c’è una delibera comunale che lo istituisce. E tra un nome che non vuol dire nulla ed uno che ha un significato storico concreto, è meglio quello che ha un significato storico concreto, non fosse altro perché ancora vivono figli e nipoti dei suoi primi fondatori.
Certo i fondatori non ci sono più o il nome non si usa più da 80 anni (era in uso documentato fino al 1944) ma quando una comunità ne sente un bisogno identitario, questo bisogno va’ rispettato.
Per questo non si può dire che siccome Vibo Marina si usa da decenni, ormai è un trauma cambiarlo, meglio non farlo. Non è così. Del resto anche con il ripristino di Vibo Valentia, nel 1927 non è stato un trauma, eppure il nome Monteleone si usava da 700 anni (che sono molti di più degli 80 di marina di Vibo) ed i fondatori romani del Municipium di Vibo Valentia nell’epoca fascista non c’erano da millenni, non da anni!
Però i veterani ed i reduci di guerra del ‘15-‘18 lo ritennero un gesto determinante per unire la comunità in un momento di guerra. Lo fecero ed ebbero ragione di farlo».
La genesi dell’antico nome di Porto Santa Venere nasce e si modifica a partire dal 1931 in Vibo Marina; infatti il capoluogo aveva mutato il nome da Monteleone Calabro in Vibo Valentia nel 1928.
E, ancora prima, ai tempi della Magna Grecia, Vibo Valentia si chiamava Hipponion.
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