RENDE «Piemonte e Veneto hanno deciso di autovincolarsi: la legge sulle fusioni passerà solo se i Sì prevarranno in tutti i Comuni interessati»: per sollecitare la Giunta regionale a fare dietrofront sulla legge omnibus aprendosi al confronto coi territori, Attilio Barbieri (presidente di Fccn, Fusione dei Comuni Coordinamento Nazionale) porta non a caso l’esempio di due giunte di centrodestra. Il suo intervento molto critico nei confronti di una decisione «imposta dall’alto» è stato il fulcro dell’incontro che associazioni e rappresentanti istituzionali dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero hanno promosso all’hotel San Francesco.
Dal sindaco di Cosenza, Franz Caruso, sono arrivate le parole più dure: «Strano che la prima proposta di legge del centrodestra sia stata questa (della leghista Simona Loizzo allora consigliere regionale, ndr), e che sia arrivata proprio dopo il 4 novembre 2021 (data di insediamento ufficiale di Caruso a Palazzo dei Bruzi, ndr), dopo che il centrodestra aveva amministrato per anni Comune e Provincia di Cosenza. Un iter che ha bruciato le tappe, con Pierluigi Caputo come primo firmatario, e una procedura a cui siamo in netto contrasto, ispirata da principi illiberali e autoritari: vengono infatti calpestati i valori democratici, dal momento che non i sindaci ma le deliberazioni dei Consigli comunali vengono scavalcati. La legge omnibus della Regione ha cancellato quei principi per imporre dall’alto una fusione non condivisa dai territori». Da Caruso anche critiche senza mezzi termini a chi ha redatto «uno studio di fattibilità prezzolato e non obiettivo, senza visione e proiezione né idee su uno sviluppo omogeneo e sulle peculiarità da valorizzare», poi l’augurio che «non dovremo arrivare alla presentazione delle firme: serve un sussulto democratico, noi siamo soli in questa battaglia ma la faremo, la maggioranza regionale si confronti con associazioni, istituzioni e università. Serve uno studio di fattibilità serio. Io – ha aggiunto – ho scritto nel programma di essere favorevole alla Città unica, ci credo ma penso sia riduttivo parlare soltanto di Cosenza, Rende e Castrolibero: io penso alle potenzialità di una vasta area urbana che tuteli storia e individualità territoriali». Infine qualche dubbio sugli aspetti finanziari: «Si parla di 10 milioni l’anno per 15 anni senza vincolo di spesa, ma mi chiedo: come potrebbero essere gestiti questi fondi se li affidassimo nelle mani sbagliate? E sul debito di 251 milioni che per Caputo sono bazzecole, come se ne esce? Non voglio e non posso far gravare sui cittadini di Rende e Castrolibero i disastri creati da chi oggi è al governo e da un lato vuole la fusione mentre dall’altro ha cancellato il progetto della metroleggera», conclude Caruso.
Lo aveva preceduto, sulla stessa linea, il collega di Castrolibero, Orlandino Greco: «Saremo soli nella nostra battaglia perché i consiglieri regionali fanno solo melina, questo caso dimostra che esiste un nuovo centralismo regionale. Ma noi abbiamo la responsabilità di appassionare i cittadini su questi temi. Pierluigi Caputo vada a leggersi il ragionamento dei padri costituenti e l’articolo 133 a proposito della partecipazione dal basso». Anche da Greco strali contro lo studio di fattibilità: «Luigino Sergio si è prestato a un gioco vergognoso, ha fotocopiato l’esistente e non ha fatto alcun riferimento a quello che sarà su servizi, tassazione e altro. I 400 milioni di debito pregresso di Rende che fine faranno? Di certo non saranno annullati con il colpo di spugna della fusione. A Rende posso dire che il No è più prevalente che nella mia città, i rendesi hanno un fortissimo concetto di identità. Noi non faremo sconti a nessuno e faremo una campagna in tutta la regione: delle 128 fusioni nate nel dopoguerra, nessuna ha fatto a meno dell’impulso dei Consigli comunali».
LEGGI ANCHE
• Città unica, 10 motivi per cui «è meglio l’unione dei comuni»
In apertura, Antonello Barbieri aveva riferito che in Campania è stata organizzata una iniziativa simile a quella calabrese, «perché il voto dei cittadini conti. Le fusioni devono essere condivise tra società civile, portatori di interesse e Comuni. Solo così – ha detto il presidente del Coordinamento Nazionale Fusione dei Comuni – si potranno avere dei vantaggi e dei risultati importanti. Invece assistiamo a una imposizione in cui il voto dei cittadini non conterà nulla, visto che la Regione può non tenere conto del referendum consultivo. Il metodo è sbagliato. È una forzatura tecnica che non ci è piaciuta, dannosa e che crea un precedente brutto. Sono sicuro che raccoglieremo molto più delle 5mila firme necessarie: da quando partirà la raccolta avremo più di sei mesi di tempo e vogliamo fare arrivare alla Regione un segnale forte: si dia più importanza al voto dei cittadini!».
Poco prima il commissario di Rende, Santi Giuffrè, aveva portato i saluti istituzionali: «La mia presenza oggi qui è imposta dal mio ruolo, ribadisco quanto già espresso in sede di Commissione consiliare regionale: non vogliamo e possiamo assumere posizioni politiche ma registriamo sensazioni e umori della cittadinanza, il nostro non è un ascolto meramente burocratico del volere comune. Il Psc – chiarisce Giuffrè – non è assolutamente legato al tema della fusione e di certo non impiegheremo quattro mesi per decidere sul da farsi».
Mario Bozzo (Comitato città policentrica Cosenza) ha ribadito la contrarietà ai contenuti ma ancora di più alla forma, «autocratica» e che denota «il tentativo di un colpo di mano anti-democratico e arrogante da parte di governa su delega del popolo. Siamo di fronte a una orribile mutilazione della democrazia, noi rimaniamo favorevoli a una Unione dei Comuni, che rispetta le singole amministrazioni anziché cancellarle, e speriamo che la giunta regionale faccia marcia indietro. Intanto registriamo che forze politiche e sindacati sono silenti – ha attaccato Bozzo – e siamo di fronte a un trasversalismo sotterraneo che è fonte di populismo: “sono tutti uguali”, sono portati a pensare gli elettori.
Per Massimo Scarpelli (Forum associazioni Castrolibero) «dalla fusione potranno arrivare solo svantaggi» mentre la Regione si è mossa a suo dire con «presunzione e pressapochismo, tagliando fuori associazioni di categoria, terzo settore e imprenditori. E invece le fusioni si fanno unendo, nell’interesse di tutti, non dividendo».
Sulle stesse posizioni gli esponenti del Comitato cittadino Spontaneo Rende: «Nessuna pregiudiziale» – così i “padroni di casa” hanno introdotto la conferenza stampa di stamattina – ma solo la necessità di «rimarcare che il progetto deve partire dai Consigli comunali, mentre i sindaci sono stati esclusi e soprattutto è stata sovvertita la volontà del popolo, con la modifica a maggio 2023 della legge regionale tramite uno dei tanti decreti omnibus. Rivendichiamo i princìpi di libertà, autodeterminazione e sovranità del popolo: siamo per un referendum deliberativo e non consultivo. Non si tratta di uno scontro fra tifoserie, tra favorevoli e contrari. La sperimentazione dell’unitarietà dei servizi pubblici è un tema importante».
x
x