CATANZARO Medici in fuga, malasanità e privatizzazione. PresaDiretta, il programma di approfondimento condotto da Riccardo Iacona su Rai3, analizza la difficile situazione della sanità pubblica in Italia. Nella puntata intitolata Sanità S.p.A e andata in onda ieri sera, focus anche sulla situazione calabrese «emblema della debolezza del Sistema sanitario regionale del Mezzogiorno» come evidenziato dal Rapporto Svimez e ripreso dalla trasmissione di Iacona. Dalla storia di Salvatore Naccari, vittima di malasanità a Vibo, al degrado dell’ospedale di Locri: PresaDiretta racconta le criticità sanitarie calabresi, ma sottolineando anche la presenza di «medici straordinari che combattono per la sanità pubblica, nonostante gli interessi criminali in gioco». È il caso del dottore Vincenzo Amodeo, primario di cardiologia dell’ospedale di Polistena e da pochi mesi primario ad interim a Locri.
Prima il dolore all’occhio destro, poi l’emicrania. Per i medici di Vibo è sinusite cronica, in realtà si tratta di un tumore. È la storia raccontata all’inviata Francesca Nava da Salvatore Naccari, 60enne vibonese vittima di malasanità. I primi sintomi nel 2020, la visita a Vibo ma senza l’attrezzatura necessaria, quindi una risonanza all’encefalo priva di anomalie. Di quest’ultima tutti si limitano a guardare il referto, nessuno vede il cd allegato. «La diagnosi è sbagliata, quell’immagine in Calabria nessuno la controlla» racconta nell’intervista. I dolori continuano e Salvatore decide di farsi controllare all’ospedale di Legnano. «Appena vedono le immagini mi trovano un tumore che non era stato refertato». A Salvatore vengono trovati due carcinomi nasofaringei «scambiati in Calabria per sinusite». Subito viene operato d’urgenza. «Se non fossi andato a Milano a quest’ora sarei stato in agonia, mi avevano dato otto mesi di vita» conclude.
Malasanità ed emigrazione sanitaria, ma anche medici che provano a resistere. Come il dottore Vincenzo Amodeo, primario di cardiologia dell’ospedale di Polistena e con lo stesso ruolo ad interim all’ospedale di Locri. È proprio in quest’ultima struttura che ha trovato grandi difficoltà. «Quando sono andato a Locri ho pensato che siamo in regime di guerra, dove bisogna avere armi e soldati, ovvero attrezzature e medici» spiega Amodeo, che solo dopo due mesi dalla nomina ha presentato le sue dimissioni. Solo dopo la promessa da parte dell’Asp di investimenti sulla cardiologia regionale il dottore le ha ritirate. «Va contrastata l’emigrazione sanitaria» continua nell’intervista. «Io sono per la sanità pubblica, ma si sta andando sempre più verso quella privata». Ad aiutare la sanità calabrese i circa 300 medici cubani, tra cui Adrian Naranjo, una figura «ormai indispensabile per l’ospedale di Locri, perché sa fare di tutto. Mentre qui ci sono medici da trent’anni che non sanno neanche fare un controllo peacemaker. Ho insegnato io alcune cose, ma io non sono qui per fare il professore ma il primario» obietta Amodeo.
Ai problemi d’organico si aggiungono quelli strutturali. Per l’ospedale di Locri, rileva la trasmissione, c’era stato un investimento nel 1998 di 14 milioni per la ristrutturazione. «Soldi mai spesi in questi anni» denuncia PresaDiretta, che all’interno dell’edificio rinviene porte divelte, ascensori non funzionanti e barelle abbandonate. Situazione per cui è stata interrogata anche Lucia Di Furia, direttrice generale «dell’azienda più disastrata d’Italia, l’Asp di Reggio Calabria». «Qui ho trovato la paura di firmare qualunque carta. Non immaginavo esistessero ospedali con letti così antichi» afferma la Di Furia, intervistata all’interno dell’ospedale di Locri. PresaDiretta denuncia anche le difficoltà nel prendere appuntamenti per le visite, simulando una prenotazione che viene però fermata a causa delle «agende chiuse». «Le agende pubbliche non possono essere chiuse perché è vietato dalla norma. Se c’è ancora questo comportamento inadeguato lo censuro subito e porterò i professionisti che si comportano così in collegio di disciplina» risponde la Di Furia.
Sulla possibilità di attirare “nemici” la Di Furia afferma: «Non mi interessa, qui non conosco nessuno. La parola “locride” la conoscevo anche io che sono marchigiana. Qui ho trovato una situazione disastrosa, poco dopo il mio arrivo una retata ha portato via anche medici». Contesto difficile dal quale sono scaturiti anche episodi di pressioni e minacce al momento del suo insediamento. «Ho avuto paura, ma subite le pressioni ho capito che stavo nel posto giusto. Se è così che mi vogliono mandar via allora è sicuro che rimango». La situazione disastrosa del pubblico spinge verso la sanità privata: «Forse qualcuno sta pensando di sopperire alla mancanza di risorse con l’avanzare della sanità privata» conclude la Di Furia.
Se le strutture pubbliche sono fatiscenti, come la Casa della Salute di Siderno che da anni aspetta l’apertura, il rischio è che venga favorito il privato. Dal 1998 al 2021 gli ambulatori e laboratori privati sono passati dal 49% al 57%. Dato che arriva all’80% se si includono le strutture sanitarie residenziali. Come un centro diagnostico privato di Siderno, condannato dalla Corte dei Conti a restituire all’Asp circa 4 milioni. Indagini dalle quali sarebbe emerso che le fatture venivano pagate anche due volte. Inchiesta in cui sono stati condannati il rappresentante legale della clinica e due dirigenti apicali dell’Asp di Reggio. (Ma.Ru.)
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