ROMA La lotta al cancro del colon retto comincia dallo screening, uno strumento che ha lo scopo di intercettare le lesioni precancerose rappresentate dai polipi del grosso intestino o dai tumori in una fase precoce di malattia. Secondo i medici dell’Associazione Italia Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri, una significativa percentuale di guarigione con sopravvivenza fino al 90% dei casi, è spesso frutto di una diagnosi precoce del problema. Tuttavia, solo il 34,1% della popolazione in target, di età compresa tra i 50-74 anni, invitata a sottoporsi all’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci, ha aderito all’ultima campagna di prevenzione. Consapevole del valore della diagnosi precoce, Aigo ha promosso nei primi mesi dell’anno l’indagine “Fattori che influenzano gli esiti dello screening organizzato del cancro colon retto in Italia”, che ha coinvolto oltre 50 strutture ospedaliere di 16 regioni italiane. “La survey nasce dalla considerazione che il grado di partecipazione allo screening del cancro colon retto in Italia è significativamente eterogeneo, – afferma Marco Soncini Presidente di Aigo e Direttore del Dipartimento Medico ASST Lecco – generalmente le regioni del centro nord dell’Italia raggiungono performance più elevate (40-50%) di quelle del sud e delle isole (10-15%)”. Più elementi concorrono a determinare l’adesione o meno allo screening del cancro colon retto. Dai dati preliminari si registra che il 21% dei centri ospedalieri aderenti al progetto appartiene a realtà regionali con recente attivazione delle campagne di screening (<5 anni), un dato che fa ben sperare soprattutto nel sud della penisola. Differenti sono anche le modalità d’invito a partecipare allo screening, prevale ancora l’invio cartaceo con l’87%, mentre il ricorso a brochure informativa si attesta al 23%. Sul fronte delle performance organizzative dei centri, “i dati segnalano un crescente adeguamento del personale e delle strutture ospedaliere, oltre all’introduzione di nuove tecnologie”. In questi centri, l’85% dello staff medico e il 69% dello staff infermieristico sono abilitati allo screening. Il 96% dei centri dispongono di endoscopi ad alta definizione e nel 25% dei casi viene utilizzata l’intelligenza artificiale. Tutti gli ospedali coinvolti effettuano sedazione e l’esame risulta completo nel 96% dei casi.
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