RENDE «Da credente non sono d’accordo con questa legge improbabile. La nostra umanità sta perdendo la capacità di ascoltare le voci periferiche»: poche parole con cui monsignor Giovanni Checchinato, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, ha infiammato la platea dell’aula SSP2 all’Unical in conclusione dell’assemblea “Contro la secessione dei ricchi” promossa dai sindacalisti dell’Usb (Vittoria Morrone, Pino Assalone e Francesco Caruso) e dai docenti dell’Unical Giancarlo Costabile e Giorgio Marcello. Assenti istituzioni e partiti politici, salvo un paio di sparute eccezioni (Ferdinando Laghi e Francesco Graziadio, consiglieri rispettivamente regionale e comunale).
Checchinato ha riportato la propria esperienza tra gli «ultimi» dei ghetti della Capitanata in Puglia e tra i diseredati del Benin – dove la sua ex diocesi, San Severo, è stata presente per trent’anni in missione – per declinare le diseguaglianze e rivendicare quei diritti che, in linea con quanto detto negli interventi che hanno preceduto il prelato, il ddl Calderoli cancellerà.
«Ognuno di noi deve fare la sua parte» ha concluso Checchinato.
In apertura Vittoria Morrone ha ricordato la campagna contro i politici locali che hanno detto sì al ddl e ha rilanciato: «I nostri parlamentari di centrodestra hanno solo seguito le direttive dei partiti di appartenenza. Dicono che con i Lep (livelli essenziali delle prestazioni, ndr) i servizi miglioreranno ma la realtà è che non sono mai stati raggiunti in 23 anni e in particolare la Calabria è inadempiente. Se la legge passerà andremo incontro a una privatizzazione selvaggia dei servizi – non solo trasporti e istruzione ma in 23 materie – e a un loro peggioramento, con un aumento del ricorso agli appalti e una emigrazione che continuerà a crescere».
Proprio sull’istruzione si sofferma Pino Assalone (Usb Scuola): «Stiamo parlando di un progetto eversivo che va contro i principi della Costituzione, si va oltre la contrapposizione di classe e tra nord e sud, dal momento che la forbice delle diseguaglianze sociali si allargherà molto di più per colpa di una operazione scellerata ed egoistica che preoccupa. Nella scuola – aggiunge Assalone – questa situazione è ancora più marcata: sull’istruzione la Calabria è già indietro ma saremo ancora più emarginati». Non solo: «Si rischia di avere 20 diversi contratti regionali – avverte – con altrettante disparità economiche e ricadute pericolose nei diritti dei lavoratori, addirittura si torna a parlare di gabbie salariali ma intanto penso all’ipotesi di concorsi regionali e al valore legale territoriale del titolo di studio…». La domanda retorica posta da Assalone all’assemblea è più che altro un dubbio, e cioè che «si pensi che è meglio la regionalizzazione che lo Stato unitario. Tema – conclude – che non è solo legislativo e amministrativo ma politico».
Parte da qui Giancarlo Costabile: «In una società clanica come quella calabrese, il sistema del voto sarà ancora di più controllato dal potere politico». Poi cita l’attualità di don Milani e il dettato dell’articolo 3 della Costituzione sul «rimuovere gli ostacoli» a tutela della dignità umana. «Oggi – aggiunge – siamo chiamati a una resistenza pari a quella che facemmo ai tempi dell’aziendalizzazione della scuola».
Francesco Caruso, che torna all’Unical dopo i giorni caldi dell’operazione no global nel novembre 2002 e in un dipartimento che ben conosce, ricorda quei giorni e il ruolo della Chiesa: ieri don Vitaliano, oggi monsignor Checchinato. «La questione meridionale, che era centrale già ai tempi dell’unità d’Italia, dopo le politiche dell’età repubblicana ha visto un rovesciamento per cui si è passati dall’aiutare i territori più deboli e bisognosi al dare forza al vero motore dell’economia, dove trionfa un neoliberismo fatto di accumulazione e profitto. Gli ostacoli di cui si parlava prima – così Caruso in riferimento all’articolo 3 evocato da Costabile – in realtà si rafforzano, generando una guerra dei penultimi contro gli ultimi. Aspettativa di vita e indice di alfabetizzazione sono parametri centrali che nel Sud continuano a essere bassi: l’autonomia differenziata renderà gli ultimi ancora più ultimi».
La relazione di Giorgio Marcello riesce ad essere tecnica eppure appassionante nella sua chiarezza: «Il “divario civile” di cui si parla, con il disegno di legge Calderoli si cristallizzerà definitivamente nelle differenze e diseguaglianze territoriali. I Lep previsti dalla riforma 328/200 non sono mai stati definiti, piuttosto – qui la provocazione del docente – parlerei di Leg, Livelli essenziali di gestione di processi ordinari». A mo’ di esempio, Marcello riporta un’anomalia in particolare: «Solo in 3 ambiti territoriali sociali sui 32 Ats calabresi si rispetta la proporzione di un assistente sociale ogni 5mila abitanti», e teme che non s’invertirà la rotta dell’emigrazione sanitaria (in Calabria “pesa” 300 milioni di euro l’anno).
«Le “intese” siglate tra i livelli istituzionali saranno delle leggi rafforzate e non modificabili per almeno 10 anni – conclude Marcello – con un problema di democrazia sostanziale prima che di giustizia e solidarietà. Una sussidiarietà verticale che non ha radici nella nostra Costituzione perseguirà i territori più fragili anziché accompagnarli». Parole ascoltando le quali il vescovo Checchinato annuisce.
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