COSENZA Recluso nel carcere di Terni, Roberto Porcaro ex reggente del clan degli “Italiani” è passato al 41 bis. Il carcere duro è stato deciso un mese fa per l’ex pentito cosentino, che recentemente nel corso del processo “Reset” – che lo vede coinvolto –aveva inviato una missiva al tribunale di Cosenza asserendo di non essere un affiliato. Del suo ruolo si è discusso in una recente udienza del processo contro la ‘ndrangheta cosentina, celebrato dinanzi al Tribunale di Cosenza nell’aula bunker di Lamezia Terme. E’ Roberto Re David, luogotenente dei Carabinieri della Seconda Sezione del Nucleo Investigativo di Cosenza, a raccontare in aula i dettagli dell’attività investigativa svolta. Gli investigatori decidono di approfondire un legame che ritengono stretto tra i fratelli Alberto Turboli e Danilo Turboli e Roberto Porcaro. «Si comincia con una richiesta di intercettazione del Gennaio del 2019 e da un sistema di videosorveglianza a distanza a Piazza Loreto, dove Alberto Turboli all’epoca dei fatti aveva una bancarella di frutta e verdura abusiva».
Come racconta il teste «una mia annotazione e del collega Spinelli rientrata nel processo “Testa del Serpente”, annovera le innumerevoli volte che Porcaro si recava a Piazza Loreto per conversare soprattutto con Alberto Turboli, un soggetto di estrema fiducia».
Chi indaga, annota alcuni episodi giudicati importanti nelle attività di indagine. «Il 10 Aprile 2019 alle 12:28, con il servizio di videosorveglianza vediamo Porcaro arrivare e fare un cenno ad Alberto e andar via insieme con lo scooter, quindi aveva certamente bisogno di lui». Avveniva frequentemente, «Porcaro giungeva in piazza, guardava solamente Alberto, proseguiva di cento metri su Via Francesco Saverio Nitti e Alberto lasciava tutto e andava lì dentro da lui oppure all’esterno della stessa pasticceria. I due comunicavano per poco tempo e poi Porcaro andava via». E’ il mese di giugno del 209 quando in uno degli incontri monitorato e registrato dai carabinieri, Porcaro si avvicina a Turboli e lo invita ad una maggiore attenzione. «Dobbiamo passare inosservati». Nel proseguo del monitoraggio, Porcaro viene intercettato mentre chiede sempre a Turboli di sondare un soggetto per suo conto, tramite una persona che conosceva. «Alberto Turboli lo sconsiglia e dice «Se continuiamo questo chiama i Carabinieri sicuro».
Il pm della Dda di Catanzaro Vito Valerio chiede al luogotenente Re David se nel corso degli incontri monitorati avesse mai registrato vicende di carattere illecito relative a prestiti di denaro. La risposta del teste è affermativa. «Ci rendiamo conto che Turboli Alberto svolgeva un’attività di prestito abusivo, non possiamo parlare di usura solo perché non abbiamo avuto contezza precisa dei tassi, comunque prestava soldi e ne prendeva con rate». Tra le presunte vittime sotto strozzo figurerebbe anche un medico del 118. Nelle intercettazioni raccolte, il medico parla di «dentifrici» riferendosi probabilmente al denaro da restituire. Il dottore – come narrato dal teste in aula e come emergerebbe da una intercettazione – sarebbe «già debitore nei loro confronti, di 3mila euro».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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