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la disgregazione imperante

La piccola secessione calabrese e quella voglia di lucanità

Torna a riunirsi il comitato per staccare Tortora, Praia a Mare e Aieta dalla Calabria e annetterle alla Basilicata

Pubblicato il: 17/03/2024 – 7:00
di Lucia Serino
La piccola secessione calabrese e quella voglia di lucanità

Con tutta la costa e il mare che ha la Calabria, cederne un pezzetto alla vicina Basilicata, che invece ha – sul Tirreno – solo un piccolo, sia pure straordinario, affaccio sulla costa (Maratea), potrebbe anche non essere un problema. Oggi pomeriggio a Tortora il comitato civico “Passaggio a Nord Ovest” si riunisce per portare avanti un’antica battaglia di “secessione”, l’annessione, cioè dei comuni di Praia, Tortora e Aieta alla Basilicata. Sono esattamente dieci anni che se ne parla e già questo dovrebbe far riflettere su un’operatività bloccata. Certo, la questione amministrativa è complicata, bisogna raccogliere un tot numero di firme che al momento non ci sono e fare un referendum. La politica locale di tanto in tanto ammicca, ma siamo sicuri che spostarsi da una regione all’altra sarebbe un vantaggio? Ci sono ragioni storiche che alimentano il sentimento di lucanità. Le ha spiegate molto bene Antonella Pellettieri, ricercatrice del Cnr, lucana di Potenza con casa a Praia a Mare. Si possono leggere qui.

La disgregazione ormai imperante

E ci sono anche ragioni pratiche, l’ospedale di Lagonegro, ad esempio, più vicino di quello di Cetraro. Ma allo stato, autonomia differenziata permettendo, la sanità è ancora un servizio nazionale, dunque nulla impedisce a un cittadino di Praia di poter ricorrere alle cure nelle strutture sanitarie che preferisce. Se poi parliamo di vicinanza a un capoluogo di regione, Catanzaro certo non è a un tiro di schioppo, più vicina di Potenza che neppure, però, è dietro l’angolo. Ma non siamo una società digitale? Ancora abbiamo bisogno di sportelli? La stessa secessione dovrebbero farla i cittadini di Sapri, molto periferici rispetto a Salerno. La vera riflessione da fare è in realtà sulla disgregazione ormai imperante del sentimento di coesione, a ogni livello. Del resto, per gli stessi motivi, cioè per antichi radicamenti storici, l’annessione decisa dai giudici amministrativi di una strada – dunque parliamo di qualche caseggiato –  da un comune all’altro del Salernitano ha provocato una piccola guerra civile con incendi della nuova cartellonistica stradale, comitati permanenti di opposizione, striscioni ai balconi, annunci di disobbedienza civile. (Per chi fosse interessato è la storia dell’annessione forzata di una strada del comune di Sant’Egidio Monte Albino alla confinante Pagani).

Una piccola patria differente

Dunque c’è sempre una piccola patria differente accanto a noi che può essere la miccia di un’intolleranza e di un conflitto. Non so quale potrebbe essere – per tornare ai nostri tre comuni che non si sentono calabresi – il vantaggio per la Basilicata, che anzi, perderebbe l’unicità paesaggistica di quel gioiellino che è Maratea, preservata dagli scempi edilizi che invece hanno devastato i litorali a seguire della costa calabrese. Anche per la conformazione del territorio, a onor del vero, più che per una legislazione urbanistica più inflessibile come erroneamente spesso si racconta. Questa piccola storia, da rispettare e capire, ci dice quanto sforzo occorre per garantire politiche di area che spesso vanno oltre i confini amministrativi. Tutti i tentativi di “governare” unitariamente il Golfo di Policastro sono sempre rimasti a metà. Anche sul fronte montano, il Parco del Pollino, riunendo comuni delle due regioni confinanti, stenta a garantire snellezza e unitarietà operativa ai due versanti. Il problema dunque non sono i servizi in più che potrebbe offrire una regione rispetto a un’altra, se entriamo in questa competitività chi sostiene le ragioni dell’autonomia differenziata è perdente in partenza. Si tratta, molto più semplicemente, di fasi carico dei bisogni di tutti i cittadini, allo stesso modo, che risiedono all’interno di un perimetro territoriale, senza smarrire la strada di un dialogo tra regioni sorelle. Insomma, non è aria di smembramenti, ce ne sono già troppi nel mondo che ci tengono col fiato sospeso. E’ tempo di amicizia e solidarietà. Anche con la Campania, che dite?, che con la sua fluttuante, esorbitante, chiassosa e spesso ingestibile umanità ha contribuito non poco a reggere l’economia turistica di questa parte della Calabria. Era meglio di no? Del senno di poi son piene le fosse. Guardiamo avanti. (redazione@corrierecal.it)

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