ROMA «Peppe non era un indifferente, non era rassegnato, amava la sua terra, voleva solo dare un contributo per renderla migliore». È un racconto pieno di emozione quello di Carmela Ferro, compagna di Giuseppe Valarioti, per tutti Peppe, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, nell’evento promosso da Libera – alla presenza dei familiari delle vittime innocenti delle mafie – nel giorno che precede la Giornata del Ricordo e dell’Impegno. Tantissimi i familiari giunti da tutte le province calabresi e che domani parteciperanno al corteo che si concluderà al “Circo Massimo” con la lettura dei nomi delle vittime.
A dividere Carmela e Valarioti per sempre, quei colpi di lupara che nella notte dell’11 giugno del 1980 spezzeranno per sempre i sogni del giovane dirigente comunista. «L’ultimo rumore che sentì prima di quei colpi di lupara fu quello del mare. Ripenso ancora a quella sera e immagino che in quegli ultimi metri che percorse, Peppe abbia rivolto un pensiero anche a me. E che i nostri pensieri, le nostre anime si siano in quel momento incontrate per l’ultima volta su questa terra», racconta commossa Carmela Ferro. Impegnato in politica e nel sociale Peppe Valarioti «per la ‘Ndrangheta di Rosarno e della Piana era una sfida troppo alta in quelle elezioni del 1980» Nel suo ultimo comizio Valarioti invitò tutti a un voto libero e consapevole: «Lui ebbe il coraggio di dire da quel palco che lui e i suoi compagni non si sarebbero fatti intimidire». Un messaggio pieno di dolore, ma lascia una speranza per il futuro. «La storia di Peppe Valarioti – afferma Carmela Ferro – sta lì a testimoniare non solo che un’altra Calabria è possibile, ma che c’è sempre stata». (m.ripolo@corrierecal.it)
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