COSENZA Sembra di essere tornati al 2002. Ai tempi in cui al San Nicola il partito dei socialisti dei Principe e degli Incarnato, di Genise e di Mundo qui faceva i congressi. Capannelli fuori dal cinema, posti in piedi quando l’evento inizierà (con la canonica ora di ritardo: altro tributo alla tradizione), molta provincia e hinterland già feudi del garofano ma anche i trentenni del Pd cittadino – dal segretario provinciale Vittorio Pecoraro ai consiglieri e assessori comunali – accanto ai vecchi militanti: il compagno e sindacalista Giannino Dodaro discute animatamente, come si dice, con l’emergente Francesco Turco, si rivede la coppia Ciacco (senior) e Zuccarelli che imperversava quasi due decenni fa, non possono mancare i saggi di questo Pd come Salvatore Perugini o, poco distante, Franco Boncompagni; e ancora pezzi di Cgil e associazionismo che invitano tutti al corteo di sabato mattina a Cosenza contro l’autonomia differenziata.
Il tema Europa si sa che non ha molto appeal sulle masse eppure stavolta si sgomita per entrare, poi certo in oltre due ore di interventi la sala andrà svuotandosi.
Ma nel fortino dove lo stesso Andrea Orlando (qui l’intervista al Corriere della Calabria) da ministro tirò la volata a Franz Caruso sindaco – quasi due anni e mezzo fa – il centrosinistra si ritrova con un dizionario totalmente aggiornato, se si eccettua la sanità eterna emergenza: il ddl Calderoli, appunto, ma soprattutto il caso Decaro che viene accostato da più d’uno alla «cancellazione» dell’esperienza amministrativa di Cosenza a mezzo referendum voluto dal centrodestra che governa in Regione e accelera sulla città unica.
Ma poi siccome le Europee sono dietro l’angolo, i tre ospiti sul palco – con Orlando c’è Marco Sarracino, responsabile dem Mezzogiorno, ed Enzo Maraio, segretario nazionale del Psi (leggi l’intervista) – iniziano gioco forza a parlare di alleanze, un «campo» su cui ognuno ha un’idea diversa. «Sembra che stiamo parlando di agricoltura – aveva aperto le danze Carlo Guccione – ma forse dovremmo pensare a come coltivarlo, il campo. Nel 2021 abbiamo vinto qui grazie a un progetto chiaro e a una classe dirigente seria, ma nello stesso momento alle Regionali siamo andati incontro alla peggiore sconfitta del centrosinistra in quarant’anni perché avevamo i sovranisti nella coalizione e abbiamo disorientato l’elettorato»: riferimento neanche troppo velato all’accordo Pd-M5S cancellato dalla vittoria di Roberto Occhiuto. Più possibilista Sarracino, nel cui «campo largo» invece trovano posto tanto i 5 Stelle quanto il terzo polo, mentre Maraio è disposto anche a dimenticare le «tante ferite aperte» per riaprire un dialogo.
«Campo è un nome senza anima, come Tizio – dirà Orlando chiudendo la serata –, pensiamo invece a un progetto di coalizione che parta dai contenuti, a un Polo per la difesa della sanità pubblica, per esempio. Una colazione che pensa a un’Europa popolare, socialista e redistributiva deve parlare di questo, della disoccupazione, dell’impoverimento del ceto medio, delle cause dell’astensionismo e non dei due punti percentuali in più o in meno raccolti». Contro una destra che conquista elettori creando “spauracchi” per dare risposte semplici a problemi complessi, sintetizza l’ex ministro, bisogna ripartire dalla realtà. Non possono mancare riferimenti all’autonomia differenziata («non va contro il Sud ma contro l’interesse nazionale»), alle colpe del centrosinistra che «ha inteso il riformismo come fa oggi la destra ma in modo più educato» (la riforma del Titolo V) e l’autocritica su un regionalismo non sempre virtuoso.
Infine su Decaro l’esponente dem attacca un governo che «fa un uso pretestuoso di un istituto legittimo: Piantedosi sa benissimo che la commissione d’accesso finirà il suo lavoro almeno dopo tre mesi, ovvero quando l’amministrazione andrà a scadenza naturale. Se non sono fascisti come pensa Guccione, gli assomigliano parecchio…».
In apertura il sindaco Caruso ha ringraziato il suo «portafortuna» Orlando e non ha usato mezzi termini sul caso Bari: «Un’aggressione da una destra che distorce le leggi applicandole a fini politici. Non vedevamo questo autoritarismo dal ventennio fascista. È lo stesso metodo che la destra che governa la Regione sta applicando con la Grande Cosenza, un atto di imperio messo in piedi tramite leggi illiberali e antidemocratiche che vanno contro l’autodeterminazione dei territori. La città unica era nel mio programma (Guccione farà la stessa rivendicazione evocando la sua candidatura 2016, ndr) ma seguendo criteri e percorsi democratici, con il coinvolgimento dei consigli comunali e con un referendum non consultivo, immaginando una unificazione di servizi essenziali come trasporti, gestione dei rifiuti, acqua». Anticipa Orlando su un regionalismo «non sempre esaltante»e sulla riforma del Titolo V che nel 2001 crea le condizioni per «offrire il destro a Calderoli oggi». « L’autonomia differenziata – conclude Caruso – è contro l’unità sancita dall’articolo 5 della Costituzione. Io sono per la sanità pubblica e in capo allo Stato, non alle Regioni. La destra si dimostra antieuropeista e antimeridionalista insieme, basti pensare che il 40% dei fondi Pnrr è destinato al sud».
La consigliera Chiara Penna e l’assessora Pina Incarnato riportano il tema sulle prospettive europee: la prima indica i due temi cardine – diseguaglianze ed emergenza climatica – e nota come della parola «riformismo» si sia tanto svuotato il senso da essere utilizzata anche a destra; la seconda si concentra su battaglie decisive come quella sulla transizione energetica e altre storiche ma sempre attualissime come la questione meridionale.
Guccione torna a parlare in pubblico accompagnato da un bastone causa infortunio («E’ colpa di Giuseppe Mazzuca!» scherza al microfono) ma poi non le manda a dire: «Ho letto che Roberto Occhiuto minaccia dimissioni da commissario alla sanità in polemica con il governo di centrodestra come lui: roba da Scherzi a parte».
Anche Sarracino ironizzerà: «Buongiorno Occhiuto! S’è accorto che questo governo ha cancellato il reddito di cittadinanza, affossato la proposta di salario minimo, dirottato sul Ponte i miliardi del fondo perequativo infrastrutturale, rallentato sulle Zes e accelerato sull’autonomia differenziata. Questa è una destra che va contro i meridionali e se la prende coi più deboli. Ma come ha detto Zaia: se l’autonomia differenziata non passa – conclude Sarracino – il governo deve andare a casa».
Maraio è ancora più netto ma si ferma al livello regionale: «Oggi qui inauguriamo l’intimazione di sfratto per Occhiuto – dice il segretario nazionale del Psi – che ha abbassato la testa e svenduto la Calabria, regalando miliardi al Ponte e girando la testa dall’altra parte sul ddl Calderoli. Il tuo popolo deve venire prima degli ordini di partito».
x
x