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IL CONTRIBUTO

I femminicidi e la prevenzione giovanile

La questione dei femminicidi torna spesso, purtroppo, ad occupare le nostre cronache. Tutti vorremmo che il fenomeno si riducesse a zero ma saremmo comunque contenti se le statistiche iniziassero …

Pubblicato il: 21/03/2024 – 13:33
di Mario Campanella
I femminicidi e la prevenzione giovanile

La questione dei femminicidi torna spesso, purtroppo, ad occupare le nostre cronache. Tutti vorremmo che il fenomeno si riducesse a zero ma saremmo comunque contenti se le statistiche iniziassero progressivamente a segnare il meno. Più in generale sui fenomeni di violenza si fa poco per parlare con i giovani e capire i loro orientamenti e le loro abitudini. Ad esempio, la pornografia (che in passato era una forma di iniziazione ludica) oggi ha una conformazione violenta e soprattutto è ancora accessibile ai minori sulle piattaforme online senza nessun controllo preventivo. Ci sono diversi aspetti che vanno messi in correlazione con i femminicidi. Innanzitutto la possibilità di una prevenzione dialogica che coinvolga le scuole e i centri di aggregazione come il mondo della scuola. Accettare il rifiuto o la perdita, vivendo il dolore (che ha generato nella cultura grandissime opere) è una reazione sana. Ognuno di noi ha sofferto naturalmente per un distacco sentimentale ed esso va diffuso come una condizione umana e non come un fallimento o una sconfitta. Poi, la questione del castigo. Per troppo tempo questi delitti hanno avuto giustificazioni penali (oggi la situazione è cambiata) sulla base di confuse questioni legate alla personalità. C’è in discussione una proposta di legge per modificare la legislazione in materia. Ci sono grandi psichiatri (ne cito uno per tutti, il prof Armando Piccinni presidente della Fondazione Brf) che hanno più volte palesato come la “follia”, nella fattispecie Intesa anche come scriminante in sede penale, riguardi gli stati schizofrenici o deliranti. Non è “folle, ad esempio, chi ha un disturbo dell’umore con transizioni psicotiche, men che meno le personalità antisociali o narcisistiche. Il nostro sistema giuridico concepisce la pena come rieducativa ma negli anni la pena stessa non si è vista in relazione a fatti così evidenti. Dobbiamo pensare a sistemi di educazione complessivi che non lascino ai tablet o agli smartphone un monopolio assurdo su ciò che fanno i ragazzi e i giovani. Anche i mezzi di comunicazione, orientati a spingere sui dettagli della cronaca, potrebbero fare di più. Come ha scritto giustamente Massimo Cacciari bisognerebbe fare comprendere ai giovani i versi di Goethe o di Leopardi sulle pene d’amore. Per capire che un dolore può essere, invece che un pretesto di offesa, un’occasione dì bellezza.

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