Scelse o fu scelto per andarsene la Primavera. Sparì il ventuno e lo trovarono il venticinque marzo, il tempo che la luce prevalesse sulle tenebre. E si racconta che i giardinieri migliori avessero sempre i pensieri al futuro, sceglievano pendii pietrosi o, addirittura, scivoli di roccia, ci scavavano buche e dentro ci piantavano i bagolari: gli alberi che si mangiano la pietra. Era il loro modo di dare cura al mondo, di lasciare tesori ai figli di tutti. I melicucchi trituravano i sassi, li trasformavano in granelli fini e vaporosi, in una terra mielosa che sarebbe stata la manna degli orti. «Qualcuno verrà, godrà della vita nostra, si sazierà dei pensieri che abbiamo dedicato alla gente del futuro». Rompere la crosta e ottenere delizie, era l’imperativo per chi amasse la terra, per i giardinieri. Frantumare il dolore, regalare la gioia, è l’imperativo dei poeti. Lorenzo Calogero era uno spaccasassi, un bagolaro. Non poteva avere altro destino che nascere a Melicuccà, nel bosco dei melicucchi, nel miele che sgorga dal granito trasformato in arte. Qualcuno l’ha piantato a terra, infisso in una lastra bianca di marmo dell’Aspromonte. Lorenzo ha macinato la pietra e ne ha cavato la terra. Pochi, troppo pochi, anni, le sue radici hanno rotto la crosta. E come il migliore dei giardinieri ha dedicato tutti i suoi pensieri alla gente del futuro.
x
x