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Per Mariano l’unica certezza è solo l’aumento di peso

Numerosi gli ostacoli burocratici affrontati dalla famiglia del piccolo, ancora privato di un trattamento adeguato alla sua malattia

Pubblicato il: 22/03/2024 – 7:00
di Emiliano Morrone
Per Mariano l’unica certezza è solo l’aumento di peso

A 10 anni Mariano pesa 150 chili: 12 in più rispetto all’aprile del 2023, quando ne avevamo raccontato la storia. Il bimbo convive con una malattia molto rara, che lo fa ingrassare a dismisura e gli porta guai alla vista, alla respirazione e alle gambe, con grossi rischi per il cuore.
Finora il Servizio sanitario nazionale ha fallito nei riguardi di questo bambino, costretto dalla nascita a peregrinare per ospedali di eccellenza, a Roma, a Firenze, a Genova e Bologna, ma senza ottenere alcuna diagnosi. Nel 2024, Mariano non sa che cosa ha: alla sua patologia non è stato dato un nome e «le relative cure – spiega l’endocrinologo lametino Eugenio Viterbo, che in libera professione lo segue da tempo insieme a Ernesto Saullo, ex primario di Pediatria – sono legate ai sintomi e all’evoluzione clinica».
L’unica certezza è che il bimbo continua a prendere peso, come se dovesse scontare una condanna, pur senza colpa. Perciò cammina peggio, si stanca prima e deve stare molto attento perfino a una banale influenza, che gli può provocare una pericolosa polmonite, come quella superata di recente grazie alle premure domiciliari di alcuni medici di Lamezia Terme.
Oggi si parla spesso di telemedicina, Intelligenza artificiale, sviluppo della genetica, impiego dei robot in chirurgia, lettura dei parametri vitali da remoto, era hi-tech, dei dispositivi smart e dei farmaci a bersaglio molecolare, fusione nucleare controllata e prospettive, avrebbe detto Battiato, di «viaggi interstellari». Tuttavia, per Mariano non c’è ancora un verdetto della scienza; anche perché, dopo la prima risonanza magnetica nucleare al cervello, fatta da neonato, non ha potuto avere ulteriori approfondimenti diagnostici né una rivalutazione generale, nonostante la tenacia dei propri genitori. Intanto, nei dieci anni di vita del bambino, la sanità pubblica ha perduto medici, risorse e prospettive, al punto che l’articolo 32 della Costituzione, secondo cui la «Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo», è quasi lettera morta: nelle corsie, nei reparti, nei luoghi della sofferenza e perfino in Parlamento, rassegnato alla logica dei conti e all’idea che il Pnrr possa o debba risolvere tutti i mali.

Il ricovero al Sant’Orsola di Bologna e il ritorno a casa

Nello scorso ottobre, il piccolo era tornato a casa, a Vena di Maida, dopo un ricovero nella Pediatria del Sant’Orsola di Bologna, dove era arrivato con sudore, fatica ed entusiasmo. Il bambino e i suoi genitori erano rientrati in Calabria carichi di speranza: gli specialisti bolognesi avevano prospettato, per la grave obesità del paziente, la prescrizione terapeutica di setmelanotide secondo le regole dell’Aifa e, come possibile trattamento off-label (per indicazioni non autorizzate, nda), avevano intravisto la semaglutide, come si legge nella relazione medica alla dimissione. Il bimbo era stato sottoposto a complessi esami genetici, indispensabili per decidere se curarlo o meno con uno dei due farmaci ipotizzati dall’équipe medica del Sant’Orsola, allora guidata dal professor Andrea Pession, ordinario e primario di Pediatria, in seguito pensionato per raggiunti limiti di età.
Il ritorno di Mariano a Vena di Maida era stato segnato da una disavventura: l’auto del papà era andata in panne, ma l’intera famiglia aveva ricevuto solidarietà da amici, compaesani e conoscenti, che avevano offerto aiuto spontaneo: chi una macchina alternativa, chi un furgone, chi la guida per il viaggio da Bologna. Appena entrato nella sua classe, il bimbo era stato salutato con calore e commozione dai compagni e dagli insegnanti, sempre pronti a seguirne le vicissitudini, sia pure a distanza.
In un clima di affetto e sostegno umano, Mariano e i suoi genitori hanno aspettato l’esito delle indagini genetiche eseguite al Sant’Orsola. Sono rimasti in attesa con pazienza mista a tensione, visto che finalmente si era aperta una duplice possibilità terapeutica dopo anni di buio esistenziale (e per molti versi assistenziale), di silenzi della scienza medica. A metà dello scorso dicembre e poi agli inizi del 2024, l’avvocato Tamara De Fazio, mamma del piccolo, aveva chiesto aggiornamenti al riguardo, arrivati a tre mesi dalla dimissione di Mariano dal Sant’Orsola; nello specifico: un solo risultato degli esami genetici e, per quanto riguarda la richiesta di somministrazione off-label della semaglutide, la risposta negativa del Comitato etico territoriale, con l’idea, da parte dei medici bolognesi, di investire in alternativa la Commissione regionale del farmaco, data la displasia setto-ottica di cui soffre il bambino, altra patologia rara.
Ai genitori di Mariano i medici di Bologna hanno rappresentato problemi burocratici, poiché il piccolo risiede in altra regione. Gli stessi camici bianchi hanno raccomandato l’uso esclusivo della mail per ogni scambio di informazioni, pure per eventuali confronti con gli omologhi professionisti calabresi che si occupano del bambino, i quali non hanno chiesto chiarimenti per iscritto, forse perché indispettiti dalla modalità comunicativa imposta dai colleghi emiliani.

Setmelatonide o semaglutide

Setmelatonide o semaglutide, oppure nessuno dei due farmaci? Il punto è proprio questo, perché – tra i tempi dilatati per i responsi (al momento non ricevuti) relativi agli esami genetici, il pensionamento del primario Pession, le difficoltà burocratiche dipendenti dalla residenza di Mariano altrove e la mancanza di contatti tra i medici coinvolti – ancora non si è capito se si possa avviare o trovare un trattamento in grado di ridurre il peso del bambino, che sale indisturbato mentre specialisti, tecnici e amministrativi si occupano di questioni procedurali e sperimentano le differenze di approccio nelle due regioni, Emilia-Romagna e Calabria.
Alcuni medici di Lamezia Terme stanno valutando se trattare Mariano con la semaglutide, che a quanto pare dovrebbe essere pagata dai suoi familiari, con un costo di circa 400 euro a confezione, salvo che il farmaco non rientri in uno specifico piano terapeutico per diabetici. Ma Mariano non è ufficialmente un diabetico, pur avendone delle caratteristiche. Al di fuori di questo piano terapeutico, i prescrittori dovrebbero assumersi la responsabilità personale di sondare nel tempo l’efficacia del farmaco, il cui utilizzo off-label va autorizzato dal Comitato etico regionale della Calabria, attivo da poco.
Requisiti e indicazioni specifiche sono richiesti pure per la somministrazione della setmelanotide, che, precisa l’endocrinologo Viterbo, «sembra essere un farmaco più promettente nel caso del piccolo». Ma al momento non ne è impossibile l’impiego, «perché mancano i risultati dei test genetici di Mariano e, se fossero favorevoli, sarebbe un tentativo anche rischioso», chiarisce lo specialista. Infatti, il bambino è privo di diagnosi e, aggiunge Viterbo, le terapie da provare sarebbero tutte off-label, anche se «adesso il paziente potrebbe essere studiato in profondità con una nuova risonanza magnetica, dati l’età e il suo apprezzabile livello di collaborazione».
Mariano ha il diritto di essere curato nel migliore dei modi e la medicina non può arrendersi, nel suo caso. La vita di questo bambino ha un valore oggettivo ed è insostituibile. Ma bisogna che se ne convincano anche i decisori pubblici, a partire dal ministero della Salute, come i rappresentanti nazionali, a cominciare dai parlamentari eletti in Calabria. Che Mariano non abbia una diagnosi è assurdo e sarebbe immorale e incivile lasciare che aumenti ancora di peso, mentre i suoi genitori combattono ogni giorno con i disallineamenti del sistema pubblico, per fortuna sostenuti dalla compassione e generosità della comunità locale, di diversi medici e sanitari lametini.

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