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l’intervista

Sanità, il monito di Savino: «La politica metta al centro il malato, non il budget» – VIDEO

Il vicepresidente della Cec: «Dopo tanti anni il servizio sanitario è messo a rischio. E perché l’eccedenza del privato nella gestione?»

Pubblicato il: 23/03/2024 – 17:13
di Giorgio Curcio
Sanità, il monito di Savino: «La politica metta al centro il malato, non il budget» – VIDEO

LAMEZIA TERME «Il Servizio Sanitario Nazionale è stata una grande conquista di democrazia e di civiltà. Siamo nel 1978, il 23 dicembre, una legge straordinaria che è stata promulgata, varata, approvata coerentemente dall’articolo 32 della Costituzione. Un servizio sanitario che si basa su tre principi cardini: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Mi chiedo oggi, dopo 45 anni di questa legge, a che punto siamo a livello dell’organizzazione sanitaria nelle regioni e a che punto siamo nella affermazione dei diritti alla salute».  
Va dritto al punto, come il suo solito, mons. Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale Calabra. Il suo intervento, ai microfoni del Corriere della Calabria, si inserisce in un contesto particolarmente critico e in un dibattito politico portato avanti ormai da mesi. Al centro la legge sull’Autonomia differenzia e le potenziali ricadute sulla sanità, soprattutto al Sud e in Calabria, regione commissariata da anni e senza intravedere, nonostante la recente gestione Occhiuto, uno spiraglio in fondo al tunnel. Di questo si è discusso, in particolare, nel corso dell’incontro organizzato oggi a Lamezia.

Dal Titolo V in poi il disastro

«Purtroppo – osserva Savino – devo come sempre dire con molta sincerità che, dopo la famigerata riforma del “Titolo V” della Costituzione, siamo nel 2001, e in quell’anno vengono dati alle Regioni i poteri della gestione dell’organizzazione sanitaria, a mio avviso già si comincia a capire che si vengono a creare due Italie e tre Italie, il Centro, il Nord e il Sud. Al di là anche di nostre responsabilità del Sud, però di fatto cominciano a venire meno proprio quei principi cardine del Sistema sanitario nazionale». «Mi permetto di sottolineare che, con molta sincerità, alla politica aspetta il compito di dare le linee programmatiche e anche di verificare. Nel momento in cui la politica individua determinate persone che devono essere il presidio dell’organizzazione della sanità, in quel momento colui che viene scelto a chi obbedisce? Obbedisce a quello che io chiamo il “rapporto fra mappatura dei bisogni reali dei cittadini e dell’organizzazione sanitaria” oppure obbedisce evidentemente a qualcuno che gli ha dato la possibilità di essere il responsabile dell’organizzazione sanitaria?».
«La politica deve controllare – spiega Savino – deve orientare. La politica deve affermare sempre più i principi fondamentali dell’uguaglianza, dell’universalità e dell’equità, e deve dare a tutti i cittadini la possibilità di accedere alle cure. E nel momento in cui viene meno il diritto alla salute, vengono meno tutti gli altri diritti, perché il diritto alla salute è il diritto fondamentale per la garanzia e la tutela degli altri nei dati diritti».

Mobilità passiva e privato

Tra le criticità individuate dal vicepresidente della Conferenza episcopale calabra c’è poi la mobilità passiva da 350 milioni di euro. «Molti cittadini calabresi si fanno curare fuori dalla Calabria» sottolinea Savino «poniamoci questa domanda: perché la Calabria è commissariata ormai da anni? Allora, per favore, mettiamoci insieme, mettiamo al centro i bisogni reali dei cittadini e delle cittadine e organizziamo la sanità rispetto ai veri bisogni dei pazienti. Mettiamo al centro il paziente, il malato e non mettiamo sempre al centro il budget». E ancora: «Come mai c’è sempre più una eccedenza privatistica nella gestione della sanità?» si chiede Savino, che spiega: «Io non ce l’ho col privato, ma vogliamo cercare di capire quali sono i criteri di attribuzione del privato di quello che io definisco il comparto socioassistenziale e socio-sanitario?».
Secondo monsignor Savino evidentemente il discorso è lungo «ma io come vescovo, come pastore, non faccio un discorso politico, faccio un discorso culturale a favore del popolo che ha affidato la responsabilità della Chiesa di noi pastori. Io, per l’amore del mio popolo, non posso tacere». (g.curcio@corrierecal.it)

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