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«Nei nostri vini una tradizione di famiglia di 150 anni e la storia millenaria della Calabria» – VIDEO

Valentino Zito a “Ti racconto un’impresa” parla della scelta di etichette legate al territorio, dall’astronomo Lilio alla poetessa Nosside

Pubblicato il: 24/03/2024 – 14:13
«Nei nostri vini una tradizione di famiglia di 150 anni e la storia millenaria della Calabria» – VIDEO

LAMEZIA TERME La storia millenaria della Calabria rivive nella tradizione di un’azienda di famiglia, tra vino, poesia e astronomia: il 21 marzo è l’equinozio di primavera ma, come da legge regionale della Calabria del 2012, è anche la giornata regionale del calendario. Forse non tutti sanno che la strutturazione del calendario gregoriano si deve allo scienziato, astronomo e medico Aloisio, detto anche Luigi, Lilio. Era di Cirò Marina, quindi un calabrese doc. Lilio riuscì a far collimare con i suoi calcoli – per i quali all’epoca utilizzò soltanto le mani– l’anno solare di 365 giorni con il ciclo solare, il ciclo lunare e la corrispondenza della Pasqua che deve cadere dopo il 21 marzo e dopo il primo plenilunio, appunto a seguito dell’equinozio di primavera. Luigi Lilio, questo illustre calabrese che aveva doti scientifiche straordinarie innate, passa quindi alla storia dell’umanità per aver individuato il calendario gregoriano che viene poi approvato dal Papa Gregorio XIII.

Quale il legame con il vino? L’attenzione su questo importante personaggio della Calabria è molto sostenuta e promossa oltre i confini regionali anche da Zito, un’azienda vinicola di Cirò Marina che ha voluto dedicargli un’etichetta denominata appunto “Lilio”. Auspicando che la giornata del calendario non sia soltanto regionale ma sia quantomeno nazionale, che la riforma gregoriana possa diventare patrimonio dell’umanità, a “Ti racconto un’impresa” (il format de L’altro Corriere Tv dedicato alle storie delle aziende più importanti della tradizione calabrese, in onda sul canale 75) è protagonista quest’azienda che ha dimostrato sensibilità nei confronti del territorio: le bottiglie e i calici di vino di Lilio – etichetta della linea Pregiati – diventano ambasciatori della Calabria e l’azienda Zito è un ambasciatore di questo genius loci della Calabria.
«La nostra azienda – racconta Valentino Zito, uno dei titolari  – è sempre stata molto attenta al territorio e a quello che il territorio ci ha tramandato. Un vino dedicato a Luigi Lilio era il minimo che si potesse fare, anche perché questo personaggio così importante, così straordinario del nostro territorio, bisognava in qualche modo farlo conoscere anche oltreoceano, se possibile, perché è un personaggio che non tutti purtroppo ancora conoscono. D’altra parte se oggi utilizziamo il calendario in tutto il mondo, un calendario corretto soprattutto, è grazie a questo grande astronomo, Luigi Lilio, abitante di Cirò, fece i suoi studi a Cirò, a Napoli, poi a Roma, quindi comunque un personaggio che ha avuto delle doti veramente straordinarie».
Zito ricorda che in occasione del 500° anniversario della nascita di Luigi Lilio, nel 1510, ci fu un evento importante a Cirò cui parteciparono anche personaggi illustri come il grande scienziato Antonino Zichichi. «E a me – ricorda Zito – rimase impressa una sua espressione durante la sua lectio magistralis: lui disse “oggi è facile calcolare il tempo, basterebbe lanciare nello spazio un satellite, fa due giri e abbiamo calcolato esattamente il tempo”. Luigi Lilio invece ebbe la straordinaria capacità di calcolare il tempo con metodo matematico, un metodo che ovviamente lui aveva acquisito dal “nostro” grande matematico che fu Pitagora, il quale fu il primo a calcolare, a dare dei numeri precisi che Lilio utilizzò per calcolare il tempo: e lo fece in maniera perfetta, tant’è vero che Zichichi nella sua lectio magistratis disse che il tempo che aveva calcolato era perfetto e lo sarebbe stato anche per i prossimi 2000 anni. È stata una mente straordinaria. Pertanto, dedicargli un vino, un vino importante, un Cirò riserva, era il minimo che potessimo fare per questo personaggio».

La gamma dei vini Zito: al centro il rosso Lilio, dedicato all’astronomo calabrese il cui nome è legato al calendario moderno

Qualche dato tecnico sull’etichetta che guarda alle stelle: «Lilio è un vino importante, è un Cirò rosso classico superiore riserva, è un vino che viene ottenuto da vigneti adulti, vigneti che hanno un’età media tra i 50 e i 60 anni. Perché un vigneto adulto produce poco, però dà il massimo di quello che è il suo potenziale: quindi da un vigneto che ha circa 50-60 anni otteniamo non più di 50 quintali per ettaro, però sono 50 quintali di uva “concentrata”, quindi un vino molto strutturato, molto aromatico, un vino che dà veramente dei profumi spettacolari. Lo abbiamo vinificato alla vecchia maniera, quindi abbiamo utilizzato sì la tecnologia moderna, ma anche i lieviti indigeni, non abbiamo aggiunto lieviti selezionati, in modo tale da poter rispecchiare l’identità del Gaglioppo nella sua totalità. È un vino che viene affinato poi in botte grande, quindi rimane tre anni a riposare in queste botti da 2000 litri. Dopo tre anni viene poi trasferito nei silos d’acciaio per la filtrazione e il successivo imbottigliamento. È un vino che proviene da vigneti adulti. I vigneti adulti danno sempre il massimo della loro potenzialità. È stato riconosciuto tra i migliori rossi al concorso mondiale di Berlino: in terra straniera siamo andati con il nostro Lilio e abbiamo ottenuto un successo importante».
In un calice di vino c’è il territorio: un’azienda che sa leggerlo e interpretarlo,  piuttosto che dare un nome ordinario o di fantasia, affonda nel Cirotano – in questo caso – un’etichetta così importante, tale che le bottiglie e i calici di vino che vengono bevuti nel mondo portino il nome di uno straordinario personaggio. È, in un certo senso, un modo originale di raccontare una regione.

La storia dell’azienda

«La nostra è un’azienda storica del Cirò, non a caso noi abbiamo individuato una data che approssimativamente dovrebbe essere quella in cui è nata la nostra azienda: il 1870, ad opera del nostro bisnonno Stefano Zito. Lui impiantava i primi vigneti proprio in località Martà, dove oggi è ubicata la nostra azienda, o Difesa Piana (Martà è la sottozona e Difesa Piana è la macrozona). Nella zona Difesa Piana in realtà insistono anche i resti del Tempio di Apollo Aleo, in località Punta Alice. Dopo Stefano, continuò il nostro nonno, anche lui Stefano – all’epoca si usava dare lo stesso nome da genitore a figlio –, il quale continuò a produrre uva sempre nell’area doc del Cirò e cominciò la commercializzazione un po’ più in larga scala, a livello regionale. All’epoca il vino veniva venduto nelle botti, non esistevano le bottiglie, o quantomeno c’era il classico baratto in alcune circostanze, quindi si portava la botte di vino, si lasciava il vino sfuso e il commercio si riduceva a questo. Nel 1972 invece nostro padre Giovanni Zito incominciò a fare le prime bottiglie, che cominciò a commercializzare sia in ambito regionale che in ambito extra regionale».
È qui che l’azienda, forte già di una corposa storia alle spalle, spicca il volo.
«L’azienda comincia a crescere, comincia a prendere forma, comincia ad avere le sue prime soddisfazioni sotto l’aspetto commerciale. Tutto questo è proseguito poi con me e i miei fratelli Francesco e Stefano, che continuiamo a portare con la stessa passione, la stessa dedizione, quella che è la tradizione di famiglia, quello che in realtà nostro padre e nostro nonno e nostro bisnonno ci hanno tramandato» rivendica con orgoglio Valentino Zito.

Qualche numero

«La superficie aziendale vitata di proprietà oggi è circa 20 ettari, dislocata su tutto il territorio di Cirò, Cirò Marina, Crucoli e Melissa, che sono i quattro comuni dove si può vinificare il Doc Cirò. Però abbiamo ormai fidelizzato da anni rapporti con piccoli produttori locali, ai quali noi diamo indicazioni durante tutto il periodo di preparazione del vigneto, potatura, trattamenti e tutto quello che necessita per portare il prodotto finito, su altri 50 ettari. Quindi abbiamo circa un centinaio di piccoli produttori locali che ormai sono fidelizzati, lavorano a fianco al nostro agronomo e ci consentono di ottenere un prodotto che poi l’azienda vinifica, quello che l’azienda si prefigge di ottenere in vendemmia. Attualmente la nostra azienda riesce a commercializzare circa 800.000  bottiglie l’anno, divise su diverse tipologie, quindi non solo i classici, i pregiati, ma una linea abbastanza vasta di prodotti. È chiaro che in base alla tipologia di consumatore noi cerchiamo di dare un prodotto idoneo alla sua esigenza, per cui facciamo prodotto di alta gamma, ovvero i vini pregiati che sono rivolti per lo più a una clientela specifica – enoteche, ristoranti, negozi specializzati – e poi abbiamo un prodotto un po’ più commerciale che è quello destinato alla grande distribuzione, dove ovviamente si fanno numeri più interessanti, senza nulla togliere però alla qualità perché comunque lo standard qualitativo deve essere sempre alto: d’altra parte noi vendiamo un doc, non vendiamo un classico vino generico, quindi diamo sempre uno standard qualitativo abbastanza alto, che ci consente di soddisfare i palati meno esigenti però comunque palati che sono attenti al prodotto».
Quali sono invece i mercati nei quali riusciamo a trovare le bottiglie, i mercati europei ma anche oltreoceano? «I mercati prevalenti ovviamente sono quelli nazionali, quindi Calabria in primis, d’altra parte il Cirò rimane ancora un vino molto apprezzato dai calabresi. Nel resto d’Italia abbiamo una distribuzione abbastanza vasta, mentre a livello europeo ed extraeuropeo i mercati più interessanti o più importanti per la nostra produzione attualmente sono Germania, Olanda, Danimarca, Lussemburgo, anche se il Lussemburgo è una nazione piccola pertanto non fa grandi numeri, però è importante anche quello. E poi Svezia, Norvegia: lì c’è il monopolio ma riusciamo a partecipare a dei bandi e a vincere, eppure lì non è facile perché bisogna avere uno standard qualità-prezzo molto interessante, diversamente non si riesce a proporre il vino. Abbiamo clienti importanti anche in Giappone e negli Stati Uniti».  

Quali sono le azioni che ha intrapreso l’azienda vinicola Zito per rispondere alla transizione ecologica, per rispondere ai problemi di cambiamento climatico? Cosa sta facendo e quali sono le sfide che sta lanciando per il futuro?
«La nostra azienda è una delle prime che a Cirò ha rivolto il suo sguardo alla sostenibilità. Non a caso nel 2010 abbiamo realizzato il primo impianto fotovoltaico quando ancora gli impianti fotovoltaici erano quasi improponibili o tutti pensavano che non fosse la risoluzione al problema. E noi già da quella data siamo riusciti a impiantare un impianto che rende autonoma l’azienda, cioè noi riusciamo a produrre tutta l’energia che ci serve per la lavorazione in cantina. Ma non ci siamo fermati lì: in questi anni abbiamo continuato ad operare, addirittura siamo arrivati ora, stiamo certificando l’azienda con la Carbon Footprint: in realtà, poiché noi di notte acquistiamo energia e produciamo solo di giorno, il nostro partner ci fornisce energia elettrica esclusivamente prodotta da fonti rinnovabili, quindi abbiamo azzerato totalmente  l’emissione di CO2. Questa sfida la stiamo portando avanti e pensiamo anche nei prossimi anni di continuare a ridurre l’impatto ambientale con la nostra produzione, portando a zero quello che potenzialmente potrebbe essere dannoso.
Quali invece le azioni sull’emergenza climatica, in riferimento soprattutto alla siccità e alla carenza d’acqua che è fondamentale per un normale ciclo biologico della vita che porta poi ad un prodotto di qualità?
«Negli ultimi anni stiamo assistendo a un cambiamento climatico importante, abbiamo sempre più siccità, i vigneti soffrono sempre di più mentre bisogna preservare questo patrimonio: noi stiamo cercando di ricorrere agli impianti di irrigazione, utilizzando però esclusivamente impianti di irrigazione a goccia, soltanto per la gestione della vite, non per incrementare le produzioni ma per garantire alla vite quel ciclo naturale di fotosintesi che le consente poi di far maturare le uve. Però non basta, è chiaro che noi stiamo dosando l’acqua ma dobbiamo anche avere delle pratiche in vigna che ci consentano di non perdere quell’umido, quell’acqua che c’è al di sotto del terreno. Si sono ridotti a minimo i trattamenti nei terreni, tra fresature e arature, il terreno cerchiamo di non toccarlo perché se riusciamo a mantenere un substrato che consente di chiudere le eventuali evaporazioni di acqua, riusciamo a mantenere viva la vite che poi continuerà nel suo processo di produzione e maturazione delle uve».
Dunque lavorazioni meno impattanti con il terreno per preservarne le caratteristiche e il trattenimento di poca acqua. Contromisure che potrebbero non bastare per rispondere al cambiamento climatico: la viticoltura si sta spostando in zone un po’ più collinari, un po’ più fresche dove le escursioni termiche poi consentono anche quella produzione di profumi che il produttore va a ricercare. Eccoci quindi a parlare dei vini: e partiamo dalla linea dei pregiati.
«La linea dei pregiati, come detto prima, è una linea che si rivolge esclusivamente a enoteche, ristoranti o negozi specializzati, quindi si tratta di vino che viene ottenuto da uve selezionate: noi andiamo in vigna, raccogliamo i grappoli migliori, o le zone migliori di quell’annata che verranno poi vinificate e destinate alla linea dei vini pregiati. Quindi si fa una prima selezione in vigna, si verifica lo stato dell’uva, si vanno a selezionare i grappoli, perché nella fase di raccolta non si raccoglie tutto, ma si raccolgono solo i grappoli migliori. Questi grappoli poi vengono pigiati e vinificati con tutte le tecnologie moderne che abbiamo a disposizione, per togliere il meglio che si possa ottenere da un chicco di uva. Otteniamo così dei vini molto strutturati, molto profumati, vini che possono tranquillamente competere con i grandi nomi a livello nazionale. A parte il Lilio che abbiamo menzionato prima, abbiamo Alceo, un rosso, Imerio, un rosato, e Nosside che è invece un bianco ottenuto da uve Greco Bianco in purezza, mentre Imerio e Alceo con l’uva Gaglioppo, ovvero il vitigno principe per la produzione del Doc Cirò».

Il bianco Nosside, dedicato alla poetessa locrese del IV secolo a. C.

Con Nosside ritorna un nome identitario: quello della poetessa della Locride del IV secolo a.C., che dà voce all’universo femminile. Un’altra scelta di ricorrere a etichette identitarie, marcatori identitari e non nomi di fantasia.
«Nosside bianco è un bianco molto strutturato e profumato: è ottenuto con temperatura controllata, fermentando il mosto ad una temperatura di circa 12-13 gradi, al fine proprio di trattenere tutti i profumi che abbiamo conservato già nella vigna nel momento in cui siamo andati a raccogliere l’uva. È un vino abbastanza alcolico, è un 12 gradi, d’altra parte è normale che i grappoli migliori abbiano una gradazione zuccherina un po’ più elevata. Però questa gradazione alcolica non dà fastidio perché ha una buona acidità, di conseguenza non prevale l’alcol ma prevalgono i profumi e la struttura».
E poi l’ Alceo, anche in questo caso nome di un poeta greco del IV secolo a.C., quello del verso-manifesto “ma perché attendere per sorseggiare?” per porre rimedio alle disillusioni della vita e per dimenticare gli inganni politici di cui siamo vittime. Attualissimo… «Alceo è un vino strutturato, robusto, con 13 gradi e mezzo di alcol: essendo uve selezionate hanno una gradazione zuccherina abbastanza alta. È un vino molto morbido, vellutato, è un vino che a differenza del classico Gaglioppo che si produceva fino a un po’ di anni fa, si avvicina a quello che è un po’ il gusto moderno. Siamo riusciti a ottenere questo facendo una selezione sia in vigna sia dei vitigni perché forse non tutti sanno che di Gaglioppo, che è il vitigno per la produzione del Cirò, esistono diversi cloni. Negli anni i contadini andavano ad innestare sempre dai cloni che producevano di più, perché cercavano di produrre di più, a scapito ovviamente della qualità. Di conseguenza fino a circa 15 anni fa avevamo una selezione del Gaglioppo naturale che però non esprimeva il massimo della sua qualità e si erano quasi persi questi cloni del Gaglioppo che invece davano morbidezza, struttura, colore. Noi abbiamo recuperato questi vecchi cloni, li abbiamo reinnestati in zone collinari – come si diceva prima – perché abbiamo l’esigenza di avere un’escursione termica abbastanza elevata per avere comunque una buona acidità: siamo riusciti così ad ottenere un vino che fosse molto vicino al gusto moderno quindi un vino alcolico, strutturato ma nello stesso tempo morbido e vellutato, quindi diverso rispetto al classico Cirò che si beveva vent’anni fa».
«Imerio è un altro personaggio della mitologia greca. Noi abbiamo dedicato un po’ tutta la nostra produzione alla storia del Cirò. Imerio nasce sempre da uve Gaglioppo vinificate in bianco, quindi viene solo fatta una prima spremitura soffice. È un rosato molto profumato. D’altra parte negli ultimi anni ci siamo accorti che il Gaglioppo si esprime molto molto bene nella vinificazione al rosato. È un vino molto profumato, molto strutturato, anche questo abbastanza alcolico (13 gradi), è un vino che comunque si avvicina, come dicevamo prima, al gusto moderno perché abbiamo recuperato sempre questi vecchi cloni con meno spigolosità, quindi meno tannino e astringenza. Questi tannini molto più dolci, molto più morbidi ci hanno consentito di fare questi vini che fossero idonei al gusto moderno, quindi al giovane che oggi si accinge a bere un bicchiere di vino e non deve avere quella paura di trovare un prodotto che potrebbe in qualche modo non essere gradito al palato del consumatore».

La linea dei frizzanti e l’ultimo nato

«La nostra azienda produce anche due frizzanti: un bianco e un rosato, con le stesse uve che utilizziamo per la produzione del Nosside bianco e dell’Imerio rosato. Ovviamente queste uve vengono raccolte un po’ prima, quindi sono un po’ più acerbe perché devono essere poi rifermentate: devo dire che questi vini stanno riscuotendo un ottimo successo. In virtù di questo abbiamo quest’anno intrapreso invece la produzione di un nuovo spumante. Sarà un monospumante vinificato in autoclave, quindi con metodo Charmat, ottenuto da uve sempre greco-bianco, ovviamente raccolte quando la gradazione zuccherina è abbastanza bassa, in modo da avere un’ottima acidità: abbiamo messo da parte questa base spumante, stiamo rifermentando quindi in questo momento è nella fase di preparazione, sarà un extra dry e sarà presentato per il prossimo Natale, quando brinderemo al nuovo anno». Nome dell’etichetta ancora top secret, «ci stiamo ragionando perché vorremmo legare anche questo a territorio però dobbiamo trovare un nome che sia idoneo alla tipologia del vino e a quello che vogliamo comunque che esso rappresenta, che identifichi quindi l’azienda e che identifichi il vino e non un nome, ripeto, generico di fantasia» dice Zito.
Chiudiamo con Orfeo, un passito a sigillo di tutta la gamma produttiva dell’azienda. «Orfeo è un passito che noi facciamo già da un po’ di anni. Non facciamo grandissime produzioni, anche perché comunque è un passito che viene ottenuto da uve greco-bianco, fatte appassire sui graticci, quindi nelle cassettine. È un vino abbastanza impegnativo, che però completa la gamma della nostra produzione. È un vino da fine pasto che si accompagna ai dolci, ma noi lo consigliamo soprattutto con il gelato, il gelato alla vaniglia con cui si esprime magnificamente.È il suo abbinamento ideale, anche perché è un vino abbastanza dolce, mandorlato, quindi è un vino che ha molte potenzialità e siamo sicuri che anche questo avrà il suo successo».
Un motivo per cui i wine lover dovrebbero arrivare nell’azienda Zito? «Noi abbiamo come obiettivo principale l’accoglienza, siamo disposti a stare in azienda anche nei giorni di festa, non abbiamo difficoltà, quindi se un amatore del nostro vino vuole venire in azienda anche nei giorni festivi noi saremo ben lieti e disposti ad accoglierlo, gli faremo assaggiare ovviamente tutta la nostra gamma e faremo una presentazione della nostra azienda, delle nostre politiche commerciali, faremo vedere e toccare con mano i vini anche nella fase di preparazione, perché in realtà noi conosciamo il vino in bottiglia, quando ormai ha finito il suo processo evolutivo, però è anche molto importante conoscere il vino nella fase propedeutica, quindi prima che arrivi in bottiglia: assaggiarlo in quella fase e capire qual è la potenzialità di quel vino e dove può essere proposto, a quali mercati…».

Le botti per l’invecchiamento del vino

La narrazione del vino deve cominciare in azienda, non solo nel calice o a tavola o nella ristorazione. La conoscenza con l’imprenditore, sentendo dalla voce dell’imprenditore l’azienda, i vigneti, i vitigni, la cantina, la linea di imbottigliamento, sono tutte quelle espressioni che consentono al consumatore appassionato o curioso che sia di andare a conoscere l’azienda, ad immergervisi per avere un’altra narrazione della cantina e della fatica che fanno gli imprenditori per condurre i vigneti prima di tutto con tutte le difficoltà ma anche con la passione che nutre la soddisfazione di arrivare al calice finale.

Valentino Zito
Valentino Zito


«Conoscere tutto il ciclo produttivo e partecipare attivamente ha il suo fascino e io devo dire la verità: Zito è un’azienda che noi abbiamo ereditato dai nostri genitori, però quando cominci a lavorare, quando vedi che da un grappolo d’uva ottieni un prodotto finito e lo segui durante tutto il processo, dalla fermentazione al travaso, capisci che è come un bimbo che è nato e lo porti poi alla sua età adulta fino ad essere maggiorenne, nel nostro caso quando arriva in bottiglia».
E allora non resta che chiudere con un altro verso di Alceo: “beviamo / perché aspettare le lucerne? / breve è il tempo”.

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