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Usurai, debiti e bugie: così si nasconde la dipendenza dal gioco. Professionisti e imprenditori costretti a chiudere le attività

«La mia vita alle slot machine, non vedevo più il cielo». Oltre 100 hanno chiesto aiuto al Serd di Cosenza: i casi più gravi in comunità

Pubblicato il: 24/03/2024 – 17:00
di Benedetta Caira
Usurai, debiti e bugie: così si nasconde la dipendenza dal gioco. Professionisti e imprenditori costretti a chiudere le attività

COSENZA Fa in mille pezzi un paio di grattaevinci e si accende un’altra sigaretta prima di grattare l’ultimo per oggi, forse. Lei non è una ludopatica, no, lei è semplicemente una a cui piace giocare, «è un passatempo, un’abitudine, mi rilassa».
E se vinci che fai? «Ne compro ancora».
E se perdi? «Ne compro ancora».
Ogni giorno alla fine del turno di lavoro passa dal bar, «vinco e perdo ma non è una fissazione. Compro quelli da cinque e da dieci. Quelli da pochi euro? No – ride – quelli sono un bluff. Certe volte ci rimetto parecchio, ovvio, ma è capitato anche di fare delle vincite consistenti, una volta con quei soldi ci ho anche pagato l’assicurazione della macchina». Quelli come lei non ammettono di avere un problema e infatti dopo poche domande si infastidisce, prende la borsa e se ne va.
A terra, davanti all’ingresso del bar, ci sono pezzi di biglietti strappati dappertutto, vincite mancate che in molti casi hanno alimentato altri acquisti compulsivi e altri ancora. Le salette con le slot machine sono spesso anfratti bui con un pessimo odore di fumo e caffè dove ci si parla poco, immersi nel gioco, ipnotizzati dalla rotazione dei rulli. Da dentro proviene, costante, il rumore delle dita sul tasto che fa ripartire il giro, il tintinnio delle monete che escono ed entrano, le invocazioni e le bestemmie dei più furiosi che non si rassegnano mai alla volubilità della loro fortuna. Come accade agli scommettitori che però non si nascondono, con la schedina in mano, spesso tra loro ci sono giovanissimi. Quello della “bolletta” – le scommesse sulle partite di calcio – è quasi un rito sociale. Nel caso delle comitive di giovani il giro di vite a livello normativo e repressivo scattato nel dicembre 2022 ha prodotto maggiori controlli ma si sa che anche in questo ambito può valere il motto “fatta la legge trovato l’inganno”. 
Il popolo dei ludopatici ha riti e liturgie che solo alcuni conoscono. I gestori di bar e tabacchi, per esempio. Loro sono testimoni dei via vai quotidiani, individuano una per una le ossessioni, le tensioni, l’accanimento e la disperazione, ma sono parte di un ingranaggio che crea profitti e non c’è spazio per l’empatia. Eppure dietro ogni giocatore c’è una storia di vuoti da colmare che nei casi più estremi si evolve e diventa dipendenza. Prima è un’evasione, poi un’abitudine. L’abitudine diventa ossessione, si spendono prima pochi spicci poi decine, poi centinaia e migliaia di euro e la vita scorre mentre ci si consuma dietro il gioco. Fino a quando i soldi finiscono, si svuotano i conti, si ricorre a finanziarie che non fanno altre che ingigantire i debiti. I segnali sono inquietanti: il frigo di casa sempre vuoto, gli avvisi di pagamento che si accumulano nella cassetta della posta. Quasi sempre sono i familiari a sospettare, a indagare, fin quando poi la torre di bugie e dissimulazioni crolla e rompe gli argini di una realtà fatta di denaro buttato nel gioco e dell’impossibilità di farne a meno.
«Mi sono reso conto che per mesi non ho fatto più caso al cielo azzurro o forse non l’ho proprio visto» è l’ammissione di un giovane padre che ha accettato di farsi curare al Serd di Cosenza. Il servizio per le dipendenze dell’Azienda ospedaliera è di fatto osservatorio e terminale di un fenomeno che – come dice il direttore Roberto Calabria – è diventato una piaga sociale. Per capirne la portata basta farsi un giro in bar e tabacchi e agenzie di scommesse, a qualsiasi ora.
«C’è chi arriva a vendere la casa per pagare i debiti» chiarisce Anna Maria Coscarello. «Purtroppo nel tentativo di avere altro denaro da giocare finisce nella rete degli usurai». Sono 113 le persone che nel 2023 hanno chiesto aiuto e hanno intrapreso un percorso per liberarsi dalla ludopatia, «e ovviamente si tratta solo della punta di un iceberg» precisa Calabria. «Abbiamo visto davanti a noi uomini e donne piangere e singhiozzare raccontando situazioni estreme in cui hanno convissuto con enormi sensi di colpa e nonostante tutto non sono riusciti a smettere di giocare e perdere soldi».  
Difficile tracciare un profilo unico del ludopatico, ma alcuni tratti ricorrono: se è lontana l’iconografia classica che prevede il travisamento con cappelli e occhiali da sole (contromisura dettata magari dalla recente legge regionale che impone la chiusura delle sale da gioco dalle ore 12,30 alle 14,30 e da mezzanotte alle 9), ecco che l’utente tipo può essere il classico giocatore dipendente che non gode nemmeno di eventuali vincite e dilapida fortune davanti alle “macchinette”. Entra nella sala scommesse, spesso un’ala dedicata all’interno di un bar tabacchi, cambia le banconote in monete nell’apposito totem e inizia a compulsare i tasti delle slot con movimenti robotici e alienati, anche per ore.  
Delle 113 persone che hanno chiesto aiuto al Serd, ben 108 sono gli uomini e solo 5 le donne, la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni, sono il 40%. Il 34% ha tra i 40 e il 44 anni, il 33% tra i 50 e i 54 anni, il 22% tra i 20 e i 24 anni e gli over 60 sono l’11%. Un dato abbastanza stabile riguarda il grado di istruzione, a finire nel tunnel della ludopatia sono sempre persone con un livello culturale medio-alto, la metà delle persone prese in carico dal Serd possiede una laurea, il 46% sono professionisti e il 26% imprenditori. La maggioranza di loro, circa il 78%, ha un’occupazione stabile, solo l’11 è disoccupato. A cadere nella trappola della ludopatia è spesso chi ha una vita apparentemente appagante, lavora, ha uno stipendio e l’82% è sposato.
«Le persone che chiedono aiuto spesso sono accompagnate dai coniugi o dai genitori, si rivolgono a noi perché sono arrivate al limite» spiega Coscarello e il direttore Calabria chiarisce lo scenario: «Persone disperate, con l’acqua alla gola perché hanno perso tutto e accumulato debiti, in alcuni casi hanno dovuto vendere tutto e non sanno come uscire da questo incubo. Intere famiglie che subiscono le conseguenze di tutto ciò. Offriamo il nostro supporto – spiega Calabria – attraverso un percorso che prevede anche un supporto legale. Nei casi più gravi i pazienti vengono affidati a strutture riabilitative con cui facciamo rete e per loro sarà necessario un periodo di isolamento per “disintossicarsi” dalla dipendenza dal gioco».
Accanto alle tipologie più classiche di ludopatici, sempre più spesso ad essere ossessionati dal gioco sono giovanissimi di 15-16 anni attratti dalle scommesse e anziani che arrivano a dilapidare la pensione tra gratta-e-vinci e slot machine. Tra le tante storie consumate nei corridoi del Serd spicca quello di un commerciante cosentino arrivato al punto di dover vendere la sua storica attività perché a causa del gioco aveva perso prima tutti i risparmi, poi gli incassi e infine era arrivato al punto di non riuscire più a pagare i fornitori avendo accumulato debiti su debiti. Si è salvato grazie alla famiglia e al supporto ricevuto dai professionisti che hanno preso in carico la sua disperazione. «Noi siamo qui per aiutarti, questo è il messaggio più importante che deve arrivare ai nostri utenti» spiega l’assistente sociale. «Non ti giudicheremo, in noi troverai la strada per liberarti dall’incubo che stai vivendo». Un incubo fatto di notti insonni, bugie, segreti inconfessabili. «Purtroppo c’è chi è arriva a togliersi la vita perché non intravedere vie d’uscita, noi gli dimostriamo che invece può tornare ad essere la persona, il genitore, il figlio che era». Chi intraprende il percorso di riabilitazione per prima cosa rinuncia al bancomat, all’accesso al conto in banca, a tutto ciò che gli fornisce denaro. «Sarà un familiare di riferimento, un “tutor”, a occuparsene e a fare in modo che in tasca lui possa avere solo lo stretto necessario». Poi si eliminano dalla quotidianità tutte le persone «non significative», ovvero quei conoscenti con cui si condivideva la passione per il gioco o quelle che addirittura, magari prestando denaro hanno alimentato la ludopatia. «È a questo punto che ci si rende conto di quanto tempo prezioso sia stato sprecato. C’è chi ammette di aver trascurato i propri figli, di essersi perso momenti importanti perché incupito e distratto dall’ossessione del gioco» spiega Coscarello. 
«Questo è un territorio su cui c’è grande necessità di fare prevenzione, di spiegare soprattutto ai giovani il pericolo nascosto dietro attività apparentemente innocue – afferma Calabria –. Vediamo quotidianamente gente e famiglie disperate e siamo consapevoli di combattere una battaglia con armi poco adeguate: lo Stato investe 50 milioni di euro per recuperare chi è messo in ginocchio dalla ludopatia – conclude – e nello stesso tempo da quegli stessi giochi guadagna 500 milioni di euro. Chi vince? Qui non vince nessuno».

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